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Un Vinitaly a prova di dazi. La fiera italiana del vino vince la sfida con ProWein e Wine Paris

L'edizione 2025 è diventata anche una vetrina di nuovi trend: dai vini no alcol ai Piwi passando per i naturali. Giudizio quasi unanime: "Una fiera in gran forma: orientata al business, ma senza rinunciare allo stile italiano"

  • 10 Aprile, 2025

Questo Vinitaly n.57 passerà alla storia come quello dazi: iniziato sotto il peso schiacciante di quel 20% annunciato da Trump si è concluso con la sospensione delle tariffe per 90 giorni. In mezzo c’è stato un po’ di tutto: passerelle politiche of course (anche europee), task force di Governo, tentativi di negoziazione, uscite da gradasso dell’uomo più potente del mondo («Tutti mi chiamano per baciarmi il culo») scaricabarile degli importatori Usa (sempre sui dazi), grandi ritorni in fiera ed esordi assoluti. E ancora polemiche sui vini dealcolati, polemiche sui vini naturali, polemiche su chi fa polemiche. Insomma, è stato un Vinitaly pregno di notizie.

Un Vinitaly a prova di business

Ma che edizione è stata dal punto di vista del business? I feedback che abbiamo raccolto sono stati più che positivi: mentre fuori dal perimetro fieristico si facevano e disfacevano guerre commerciali, dentro ci si stringeva mani e firmavano contratti.

«Siamo molto soddisfatti. All’inizio eravamo un po’ preoccupati riguardo all’esito della fiera per quello che sta succedendo nel mondo del vino, ma, per fortuna, ci siamo dovuti ricredere», dice Fabio Marrazzi, proprietario dell’azienda dell’Oltrepò Pavese Scuropasso. «A livello di presenze abbiamo notato meno wine lovers e molti più operatori. Questa è stata un’edizione che si è focalizzata molto sul business e quindi il risultato non può essere stato che positivo» gli fa eco la figli Flavia.

«Tutto molto bene: contatti interessati, buyer provenienti da tutto il mondo e grande attenzione per il vino di qualità – è il punto di Marina Cvetic, amministratore unico di Masciarelli Tenute Agricole – Un bilancio positivo, se non fosse stato per lo spavento dei dazi di Trump, poi per fortuna rientrato».

«Nonostante le difficoltà del mercato del vino, possiamo ritenerci molto soddisfatti di come sia andato il nostro Vinitaly” – racconta Ezio Dallagiacoma, direttore tecnico di Cantina La-Vis – Abbiamo registrato una notevole affluenza di pubblico, tra cui molti appassionati, ma la maggior parte degli ospiti erano professionisti del settore, secondo noi anche di più rispetto alle edizioni precedenti. Un dato che ci fa ben sperare, soprattutto perché in un periodo storico così complesso l’entusiasmo e la voglia di fare non mancano, spingendoci a guardare al futuro con ottimismo».

«È stato un grande successo! Le presenze trade sono state notevoli, sia in termini qualitativi che quantitativi. La qualità degli operatori presenti è stata importante, con una presenza massiccia di buyer di settore sia italiani che stranieri. Anche la stampa ha partecipato in modo massiccio, con una copertura mediatica di alto livello», è il punto di vista di Francesco Allegrini, ceo di Allegrini Wines, che se proprio deve trovare un neo si focalizza sulla durata: «La domenica è stata molto ben gestita, con un flusso costante di visitatori. Lunedì e martedì sono stati un po’ più caotici, con un afflusso maggiore di persone. Il mercoledì, invece, non ha più senso come giornata di fiera, poiché la maggior parte degli operatori ha già concluso i suoi affari nei giorni precedenti».

Il confronto con ProWein e Wine Paris

«Noi italiani di solito abbiamo la tendenza a lamentarci, ma posso affermare che Vinitaly, al momento, è il miglior posto dove esserci – è la sentenza di Valentina Di Camillo di Tenuta i Fauri – Al contrario, nonostante i tanti pareri positivi, ritengo che WineParis rimanga una fiera dedicata ai vini francesi, mentre ProWein rimane troppo tecnica e ingessata. Non a caso entrambe hanno fatto da volano a Vinitaly: sia a Parigi sia a Düsseldorf si guardava all’appuntamento italiano, come a dire “Ci vediamo a Verona per parlare seriamente di affari”. Piccolo neo? Quest’anno ho visto pochi rappresentanti della ristorazione. In compenso ho incontrato tanti buyer internazionali».

L’appunto sulla latitanza dei ristoratori viene anche da altre parti. Più di un’azienda ci ha confidato che sono mancati gli incontri con chef, maître e imprenditori del settore. Una possibile lettura? Forse le sanzioni del codice della strada spaventano più degli umori di Trump.
«A mancare erano i vecchi ristoratori, ma di quelli nuovi ce n’erano abbastanza», interviene Leopardo Felici dell’azienda marchigiana Andrea Felici, al suo ventesimo Vinitaly. «Ho sempre creduto in questa fiera e credo che non bisognerebbe disperdere troppe energie in altri appuntamenti. Per esempio, a Düsseldorf trovo che manchi la parte empatica e frizzante, il life style che piace anche ai buyer che, infatti, vengono qua a Verona per passare una giornata insieme ai produttori. Bene anche il ritorno di produttori naturali, come Arianna Occhipinti. Sono convinto che da soli si va più veloci, ma insieme si arriva più lontano».

«Per il vino italiano Verona è Verona» – dice senza giri di parole Silvano Brescianini, presidente di Barone Pizzini e del Consorzio Franciacorta – Andare a ProWein o Wine Paris (non necessariamente ad entrambe) è importante, ma essere a Vinitaly è imprescindibile».

La voce fuori dal coro

Difficile trovare, in questa edizione della fiera, voci deluse da Vinitaly sul lato business. Ma una l’abbiamo trovata: «Edizione un po’ statica – dice Giulia di Cosimo dell’azienda Argillae in Umbria – Ho visto molti meno buyer internazionali e la loro presenza è determinante per l’investimento che comporta partecipare alla manifestazione. Nelle scorse edizioni vedevi molti più operatori dell’Asia, ad esempio, mentre in questi quattro giorni ne ho visti davvero pochi. I contatti con operatori nazionali li riesco a fare anche al di fuori di Vinitaly con i vari appuntamenti che faccio con i miei distributori nelle varie città. Non sono andata al Wine Paris e al Prowein proprio per puntare su Vinitaly, ma non posso spendere in una manifestazione che non mi offre molto di più di quello che riesco a fare al di fuori di essa. Non vuol dire che non participerò più. Sto pensando di andare al Vinitaly ad anni alterni».

Vinitaly Tourism- foto Veronafiere

L’apertura agli operatori del settore turistico

Al di là dei buyer, la 57esima edizione della fiera di Verona ha portato anche tante novità, tra cui il salone Vinitaly Tourism. Soddisfatta la presidente del Movimento turismo del vino Violante Gardini Cinelli Colombini: «È andata benissimo. Questo Vinitaly ha portato tante novità, tra cui l’apertura all’enoturismo con incontri b2b tra operatori turistici e cantine: la svolta che serviva per dare nuova spinta al settore rispetto agli altri Paesi competitor. Anche in un momento delicato come questo bisogna essere ottimisti e vincere assieme. Questa è la nostra fiera, giochiamo in casa e ce la siamo cavata benissimo».

Vinitaly vetrina di nuovi trend

Spazio anche ai nuovi trend dai vini dealcolati ai low e no alcol, passando per lattina, piccoli formati, Piwi e offerta alla spina: «In un contesto complesso, caratterizzato da un mercato in rapida trasformazione e consumi in calo, la fiera si conferma non solo una vetrina commerciale, ma un luogo di confronto concreto dove analizzare trend, intercettare nuove esigenze del mercato e consolidare relazioni commerciali – Alberto Serena, ceo di Montelvini – Il segmento low alcol si posiziona come risposta credibile ai nuovi stili di consumo, e la nostra proposta alla spina ha ottenuto un riscontro positivo, soprattutto da parte degli operatori internazionali, sempre più orientati verso soluzioni innovative e sostenibili. Torniamo da Verona con la convinzione che, proprio nei momenti di cambiamento, il vino sappia ancora parlare con forza e autenticità».

Tutto esaurito per Pierguido Ceste, il produttore che per la prima volta quest’anno ha portato anche i suoi vini Piwi in fiera: «Al secondo giorno avevo già finito le scorte – ci racconta, insieme al figlio – Sono piaciuti soprattutto le tipologie che intercettano i gusti delle nuove generazioni: orange wine e ancestrali. In generale ho visto molto interesse, soprattutto italiano, verso i vini prodotti con i vitigni resistenti. Chi veniva al nostro stand non arrivava per caso: sapeva già di cosa si stava parlando. Di certo, però, per i risultati sul mercato ci vorrà ancora tempo: dovremo essere bravi noi a comunicarli».

Dentro Raw Wine, fuori Vivite

Esordio positivo anche per il salone Raw Wine nella seconda giornata di Vinitaly: la collettiva di “vini naturali” arriva per la prima volta non solo a Verona, ma anche in Italia. Tante le presenze dal Belpaese, ma anche una nutrita rappresentanza dall’estero: dalla Georgia alla Spagna, passando per Francia e Germania e tanti i curiosi accorsi per assaggiare le novità.«Per noi come per la maggior parte dei produttori di Raw Wine è la prima volta a Vinitaly: finalmente abbiamo superato questo tabù – racconta al Gambero Rosso Scilla Mannucci del progetto Sfera, che imbottiglia vino in lattina per piccole cantine artigianali. «Da soli non potremmo permetterci i prezzi di uno stand, ma la collettiva ci dà la possibilità di essere presenti a costi contenuti».

Ma per qualcuno che entra c’è qualcuno che esce. L’altra faccia della medaglia, infatti, vede fuori dalla fiera la collettiva di Vivite, che negli scorsi anni raccoglieva i piccoli produttori biologici, biodinamici e naturali nel Padiglione F. «Quest’anno siamo stati estromessi – dice il produttore Fulvio Cautiero – e ci siamo dovuti attrezzare fuori dalla fiera all’hotel Crowne Plaza». Al contrario questa edizione della fiera ha rivisto due presenze di peso tra i naturalisti: Arianna Occhipinti e Nino Barraco, entrambi nello stand Sicilia.

Uno sguardo ai giovani

Ma c’è un’ultima domanda per cui si cercava risposta proprio da Vinitaly: i giovani il vino lo bevono o no? Dal canto nostro possiamo dire che ne abbiamo visti tanti tra i padiglioni, alle masterclass, agli incontri, e ancora di più per le vie di Verona: è vero che sono stati giorni di festa, ma quello che ci portiamo a casa è una goccia di ottimismo per il futuro. E, in questo momento, non guasta.

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<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.

Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri,
il settimanale economico di Gambero Rosso

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