«Ho provato diverse dozzine di vini analcolici. La maggior parte l’ho trovata sgradevole. Molti erano stucchevolmente dolci. Altri erano squilibrati o incompleti, come se mancassero di qualcosa». Il giudizio di Eric Asimov fa eco alla degustazione che abbiamo fatto tempo fa e le conclusioni sono molto simili: l’assenza di alcol è il problema principale per questa tipologia di bevande.
Nonostante il mercato dei vini dealcolati sia in crescita con un’offerta sempre maggiore, sono poche le etichette che, a livello qualitativo, risultano sufficientemente convincenti. Asimov, sul New York Times, consiglia appena 10 produttori, tra cui French Bloom, uno spumante non alcolico «floreale, equilibrato, che rappresenta un piacevole facsimile di blanc de blancs» nato da un’idea di Constance Jablonski and Maggie Frerejean-Taittinger .
Tuttavia, il critico statunitense mette in guardia da facili entusiasmi a riguardo del livello qualitativo. «Sia chiaro: tutti questi sono tentativi alla ricerca di una soluzione – creare vini analcolici perfettamente simili al vino – che non è ancora stata trovata. Siamo ancora all’inizio del processo di apprendimento».
«Fare un buon vino analcolico è difficile» scrive Asimov, sottolineando che non è tanto estrarre l’alcol dal vino il problema, quanto sottoporre il vino a una «manipolazione tecnologica» come la distillazione sottovuoto che snaturo la bevande come conseguenza. «Il vino viene decostruito nelle sue componenti. A quel punto, tenendo fuori l’alcol, riassembli il tutto in un insieme coerente. Sfortunatamente quello che ottieni manca di qualcosa di più della componente alcolica».
Nel vino, l’alcol gioca un ruolo importante che va aldilà delle sue proprietà «inebrianti». É una parte che «aggiunge ricchezza e corpo, trasporta sapori e aromi ed è essenziale per l’equilibrio e la struttura di un vino». Rimuovendolo deve essere necessariamente sostituito con qualche altra sostanza.
Una questione più facile a dirsi che a farsi: il vino ha generalmente una quantità di alcol e un’acidità più elevate rispetto ad altre bevande come la birra che hanno il loro corrispettivo analcolico, e l’alcol svolge un ruolo più significativo nella sua struttura. «L’alcol è un elemento che dà una sensazione dolcezza e di densità, e molte persone ricorrono allo zucchero per sostituirlo» ha detto Aaron Pott, della Pott Wine in Napa Valley che produce vini analcolici.
Molti “addizionano” il vino con anidride carbonica, acqua, aromi naturali, zucchero, succhi di frutta (soprattutto mela e pera), ma molto spesso gli aromi risultano appiattiti. Il proprietario dell’azienda californiana evidenzia come scegliere l’uva giusta per i vini analcolici sia essenziale. «Deve avere un sacco di carattere varietale», ha detto Pott. «Bisogna usare varietà che siano molto aromatiche perché molti dei profumi li perdi».
Un discorso parallelo va fatto per quelle alternative che cercano di assomigliare al vino a livello di sensazioni, ma che partono da presupposti di produzione differenti dal vino dealcolato. Ad esempio i Proxies sono bevande botaniche fermentante pensate per raggiungere una complessità gustativa spiccata. «Queste alternative al vino non richiedono la manipolazione tecnologica usata per i vini alcolici, sembra più facile creare bevande complete e soddisfacenti».
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