«Occhipinti e Barraco hanno ragione: a Vinitaly bisogna essere presenti. E le fiere del vino naturale sono diventate troppe». Ne è convinto Gabriele Da Prato, vignaiolo artigianale alla guida di Podere Concori, nel cuore della Garfagnana, che ritorna sulle polemiche nel mondo dei vini naturali nate all’ultimo Vinitaly e raccontate dal Gambero Rosso. Da Prato lavora sino al 1999 nell’antica osteria di famiglia (Al Ritrovo del Platano a Ponte di Campia), fin quando riprende in mano le vigne di suo padre. Senza una formazione specifica alle spalle, intraprende un percorso che lo condurrà a confrontarsi con la viticoltura francese e all’incontro con Nicolas Joly, pioniere dell’agricoltura biodinamica nella valle della Loira.
«Nel 2012 sono stato tra i fondatori dell’associazione “Vi.Te. – Vignaioli e Territori” che si propone di promuovere e proteggere le pratiche del vino naturale, valorizzando il legame tra vignaioli e territorio. Un bel gruppo di cui facevano parte Silvio Messana, Elisabetta Foradori, Stanislao Radikon, Stefano Bellotti, Alessandro Dettori e altri», racconta Gabriele, presidente dell’associazione per più di dieci anni (il direttivo è stato rinnovato l’anno scorso). Tutti vignaioli accomunati dal fatto di coltivare le proprie vigne, vinificare le proprie uve e imbottigliare il proprio vino, rispettando rigorosamente i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica.
Ma l’associazione aveva anche un obiettivo specifico…
Sì. Entrare nel mondo del Vinitaly per noi era importante. Parlammo con Veronafiere che ci offrì grande disponibilità. Così realizzammo ViViT – viti, vignaioli e territori, un’area di Vinitaly dedicata ai vini biologici e biodinamici che raccolse un successo oltre le aspettative: per la prima volta il vino naturale era entrato in grande stile nelle fiera di Verona. Ma per noi era importante parlare soprattutto del vignaiolo. Vino naturale è una bella parola, ma se ne può discutere.
Di recente sul Gambero Rosso se ne è discusso parecchio, con gli interventi di Arianna Occhipinti, Nino Barraco e Angiolino Maule…
Strano l’intervento di Maule. All’edizione 2022 di ViViT partecipò anche lui. Trovammo l’intesa per uno scambio tra le associazioni. VinNatur entrò in Vignaioli e territori e così partecipò alla nostra manifestazione all’interno dei padiglioni della fiera di Verona. Maule è già stato già ospite del Vinitaly in passato: pertanto non ho capito il senso delle sue dichiarazioni al Gambero Rosso.
Come se le spiega?
Non so il motivo per cui ha deciso di non venire. Lui ha già partecipato al Vinitaly: è un momento di visibilità e non ti puoi tirare indietro. È un po’ scorretto oggi dire: non vado e non andrò mai. Si può discutere di tutto, delle fiere e delle identità, ma è poco onesto dire che non c’è mai stato, anche nel rispetto dei propri associati.
Come andò nel 2022?
Quell’anno, in collaborazione con i dirigenti di Veronafiere, abbiamo pensato anche alla Organic Hall, dove furono ospitati i Micromega wines di Ian D’Agata, il Vinitaly bio e ViTe. Con VinNatur ci fu un reciproco scambio con un percorso che ci portò nell’anno successivo a Milano con la manifestazione Vinari. Nella Organic Hall c’era più visibilità, arrivavano importatori e giornalisti, e per noi era importante allargare e includere.
E Maule che ne pensò?
Fu una delle rare volte in cui Angiolino ci fece i complimenti per l’organizzazione. Maule ci tiene a mostrare quanto spende nella parte scientifica: credo sia ancora necessario un luogo del genere per creare condivisione, ma ci sono fin troppe associazioni e fiere. Tanti e troppi arrivano e mettono la loro bandierina.
Un percorso che, ad esclusione di un anno per via del Covid, è durato fino al 2024. Perché quest’anno ViViT non si è svolto?
Il senso di appartenenza con il Vinitaly resta per noi molto importante, ma tutti i nostri contatti – ristoratori, giornalisti e buyer – già dall’estate scorsa ci hanno avvertito della crisi. I venti di guerra hanno rallentato tanto: alcuni mercati si sono fermati. E le regole per la guida non hanno aiutato. Molti ci hanno detto: quest’anno non veniamo in Italia, quindi niente Vinitaly. Un novità che ci ha spinto a riflettere e a prendere un anno di pausa.
Ma proprio nei giorni del Vinitaly si è svolta la festa Vignaioli e territori al Crowne Plaza…
Sì, ci sono stato. Un bel convivio, con costi inferiori rispetto al Vinitaly. Il massimo che si potesse fare viste le presenze attese: i buyer dall’Australia e dal Canada non c’erano e l’Asia è sparita totalmente.
Mentre al Vinitaly è arrivata la fiera dei Raw Wine…
Anche Isabelle Legeron, la master of wine che ha organizzato i Raw Wine era già venuta a Verona su nostro invito 5-6 anni fa. Abbiamo condiviso un’esperienza unica per quattro giorni. Abbiamo un grandissimo rapporto: molti produttori vanno a fare i Raw Festival con lei in giro nel mondo.
Insomma, ha colto l’occasione della vostra assenza per svolgere la sua manifestazione…
Ahahah, la battuta è molto azzeccata (sorride, ndr.).
E adesso?
Noi restiamo prima di tutto vignaioli. Il marchio ViViT è rimasto al Vinitaly: volevamo solo entrare e poi lasciare uno spazio aperto. Già nel 2012 avevamo la consapevolezza che bisognava fare meno fiere esterne e andare al Vinitaly.
Quindi Occhipinti e Barraco hanno ragione?
Assolutamente sì. Se Nino e Arianna vanno al Vinitaly non ci vedo nulla di male. I vignaioli hanno bisogno di visibilità, non capisco poi perché Angiolino si sia lamentato. Noi abbiamo cominciato ad andare al Vinitaly nel 2012 con grande gioia. Trovo curioso creare dei teatrini e raccontare cose che non sono vere. Nel settore del vino, il Vinitaly è la manifestazione più importante al mondo e porterà dei benefici a tutti.
Del resto VinNatur si tiene praticamente in contemporanea con il Vinitaly, quindi si può presumere che voglia sfruttare quell’onda di partecipazione…
Lo credo anch’io. Adesso vediamo se Maule confermerà di fare il VinNatur fuori dalle date del Vinitaly. Sarà un banco di prova. È certo che c’è tanta stanchezza in generale. Lo stesso Maule registra un 20% in meno di pubblico a Vinnatur. C’è un calo di presenze diffuso.
Quindi, ancora una volta, hanno ragione Barraco e Occhipinti…
Assolutamente d’accordo con loro. C’è troppa dispersione e troppe fiere. Il pubblico non le capisce più. Bisogna rimettersi a tavolino e ricostruire qualcosa di nuovo. Il vino naturale deve essere comunicato, ma serve una visione collettiva unica.
In concreto che vuol dire?
Serve un contenitore trasparente e credibile. Un unico evento del vino naturale che si potrebbe fare a febbraio durante le fiere francesi. Sento di condividere il pensiero di tanti vignaioli: usciamo dagli schemi e dalle troppe fiere. Serve chiarezza, prima di tutto per gli italiani. Ma dobbiamo riuscire a portare i francesi: anche loro hanno lo stesso problema, anche lì si moltiplicano le fiere. Febbraio potrebbe essere il momento giusto. Ci vorrà qualche anno.
Purtroppo però il mondo dei vignaioli naturali appare molto diviso…
Bisogna unirsi il più possibile. Ci abbiamo provato come ViTe e stiamo cercando di allargare le basi. Serve qualche passo indietro per farne qualcuno avanti.
In troppi, insomma, preferiscono coltivare il proprio orticello?
Questo non l’ho detto io, ma è così. Il problema esiste da 30 anni. È arrivato il momento di dire basta. Il pubblico ce lo chiede. Con VinNatur c’è l’idea di fare qualcosa insieme, ma al momento non siamo ancora riusciti per problematiche individuali. Serve tempo per crescere.
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