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Non si ferma la sperimentazione sulle Tea in viticoltura. Adesso, però, l'Italia rischia l'auto-sabotaggio

Dopo la distruzione del campo di San Floriano, parla Sara Zenoni, referente del progetto dell'Università di Verona: "Nel nostro Paese il clima non è favorevole"

  • 24 Aprile, 2025

Un passo avanti per l’Europa ma, per ora, un passo indietro per l’Italia. Se, infatti, il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera alcune settimane fa all’avvio del negoziato che consentirà alla presidenza polacca di affrontare in sede di trilogo (con Commissione e Parlamento Ue) il delicato tema delle Ngt (Nuove tecniche genomiche), note anche come Tea (Tecnologie di evoluzione assistita), l’Italia del biotech in viticoltura, all’avanguardia nel mondo, ha rimediato una figuraccia globale dopo la clamorosa distruzione del campo sperimentale – il primo in Europa – a San Floriano in Valpolicella, a febbraio scorso. Il lavoro del team del Dipartimento di biotecnologie dell’Università di Verona, diretto da David Bolzonella, è andato in fumo in pochi minuti, dopo che le piantine di chardonnay resistenti sono state sradicate e spezzate. Un duro colpo da assorbire, un grande rammarico sul lato professionale dopo anni di lavoro, come spiega al settimanale Tre Bicchieri del Gambero Rosso la referente del progetto Sara Zenoni, docente di Genetica agraria e componente del team di EdiVite, spin-off dell’ateneo scaligero. Ma anche tanta voglia di ripartire e, soprattutto, qualche speranza che alla fine i «nemici delle Tea» non l’abbiano avuta vinta del tutto. Resta però una considerazione di fondo: «Senza un ambiente favorevole alla sperimentazione rischiamo di restare indietro, rispetto a nazioni che stanno investendo con determinazione sul biotech vitivinicolo».

Sara Zenoni – docente di Genetica agraria presso l’Università di Verona

Partiamo dai fatti. Avete capito chi è stato?

Al momento, l’identità non è ancora nota. La questione è nelle mani degli inquirenti e le indagini sono in corso.

Il sistema di sorveglianza è stato eluso?

La presenza di persone non autorizzate è stata rilevata intorno alle 7 del mattino del 13 febbraio. L’allarme è stato ricevuto da un dipendente dello spin-off EdiVite, responsabile della gestione del sistema di sorveglianza. Il campo è sorvegliato da telecamera 24 ore su 24. Il sistema rileva i movimenti e invia un messaggio di allerta.

Che tipo di danno hanno subito le piante?

Le dieci piante coinvolte, 5 Tea e 5 di controllo, erano protette dal freddo con un tessuto non-tessuto. La protezione è stata rimossa e sono state completamente sradicate, alcune spezzate. Essendo giovani e poco robuste, avendo vissuto fino al 30 settembre 2024 in un ambiente a temperatura controllata, hanno subito un forte stress da freddo.

Ci sono speranze di recuperare qualcosa?

Al momento è difficile sbilanciarsi. Le piante sono state prontamente reimpiantate e proprio in queste settimane si capirà l’entità del danno. Stiamo, infatti, valutando la ripresa vegetativa.

In laboratorio, ne avete altre?

Sì. Nelle nostre serre ci sono copie delle piante di vite chardonnay Tea editate.

vigneto Tea a San Floriano – l’inaugurazione a settembre 2024

Quanto tempo è stato necessario per realizzare l’impianto a San Floriano? E quanti anni per sperimentare in campo?

La produzione delle piante Tea ha richiesto circa 5-6 anni, includendo l’ottimizzazione dei protocolli di rigenerazione e la messa a punto della produzione del materiale su cui è stato applicato l’editing. Per la messa in campo, sono stati necessari almeno 6 mesi dalla produzione delle piante. L’iter per l’autorizzazione del Mase (Ministero ambiente e sicurezza energetica; ndr) è stato lungo e complesso, e il campo ha dovuto soddisfare specifici requisiti imposti dal ministero: fattore che ha ulteriormente prolungato i tempi.

Quanto è stato speso per il vostro progetto di ricerca?

La spesa complessiva può essere stimata in circa 8 anni di lavoro di un gruppo di ricerca, composto da circa 10 persone, con diversi livelli di esperienza e competenza. Le aree scientifiche includono la genetica agraria, la genomica, la biologia molecolare, la bioinformatica, le biotecnologie, patologia vegetale e la viticoltura.

E per realizzare l’impianto a San Floriano?

Alcune decine di migliaia di euro, per conformarsi alle prescrizioni per l’autorizzazione al rilascio deliberato delle Tea.

Dopo l’atto vandalico, l’Università di Verona ha già previsto un nuovo campo sperimentale?

L’allestimento di altri campi era già previsto, indipendentemente dall’episodio.

In che tempi possiamo sperare si riparta?

La ricerca e la produzione di prototipi migliorati, in realtà, non si è mai fermata. Per quanto riguarda la sperimentazione in campo, come già detto, questa primavera ci consentirà di capire se sia possibile valutare la resistenza delle piante di chardonnay. Certamente, altre richieste di autorizzazione saranno inviate al Mase nel breve periodo su altre varietà e altre mutazioni.

Ci sono altri fattori a sfavore?

La ripartenza della valutazione della resistenza delle piante in campo dipenderà dal danno creato dall’atto vandalico. Per quanto riguarda la produzione e la messa in campo di altri prototipi, un grosso limite è la tempistica necessaria all’ottenimento dell’autorizzazione da parte del Mase.

Le Tea sono un’avanguardia della ricerca italiana in vitivinicoltura. Ma chi sono, a vostro avviso, i nemici delle Tecniche di evoluzione assistita?

Le Tea sono un’innovazione di grande valore per la vitivinicoltura italiana, offrendo nuove opportunità per migliorare la resistenza delle piante e la sostenibilità delle coltivazioni. Tuttavia, esistono diverse posizioni critiche nei confronti di queste tecnologie.

Ad esempio?

Tra i principali oppositori, si trovano alcune associazioni ambientaliste e parte del mondo dell’agricoltura biologica, che temono possibili impatti su ecosistema e biodiversità. Anche alcuni settori della società, per motivi etici o ideologici, guardano con sospetto alle Tea, ritenendole una forma di ingegneria genetica troppo vicina agli Ogm tradizionali. Infine, una parte dell’opinione pubblica è influenzata da una percezione negativa legata alla disinformazione e alla scarsa conoscenza scientifica del tema.

Cosa pensate dell’eliminazione dell’obbligo di geolocalizzazione dei campi sperimentali?

Il tema ha implicazioni sia positive che critiche. Da un lato, potrebbe favorire maggiore protezione delle sperimentazioni, riducendo il rischio di sabotaggi. Inoltre, potrebbe semplificare alcune procedure burocratiche, incentivando la ricerca e lo sviluppo nel settore agricolo e biotecnologico.

Quali gli svantaggi?

Dall’altro lato, la trasparenza è un valore importante nella ricerca scientifica. E la possibilità di conoscere dove si svolgono sperimentazioni sul territorio potrebbe favorire un dialogo più aperto con cittadini e istituzioni. Tuttavia, per garantire un equilibrio tra sicurezza e informazione, sarebbe utile trovare soluzioni che tutelino i ricercatori e le sperimentazioni, senza rinunciare completamente alla trasparenza del processo.

Che vantaggi, invece, erano attesi dalla ricerca del vostro gruppo di genetica? E quali quelli ottenuti in laboratorio?

Le piante di chardonnay, a San Floriano, erano il risultato di una ricerca mirata a migliorare la resistenza alla peronospora, dal momento che la Vitis vinifera non possiede naturalmente nel proprio genoma dei geni di resistenza a questa fitopatia. In laboratorio, attraverso l’induzione di una mutazione mirata in un gene di suscettibilità, era stata ottenuta la disattivazione di questa funzione, con un conseguente aumento della resistenza al patogeno. I test in laboratorio avevano già dimostrato l’efficacia della mutazione tramite inoculi controllati del patogeno sulle foglie. Tuttavia, la sperimentazione in campo era la fase cruciale per confermare la resistenza in condizioni naturali di crescita. Se le piante confermassero questa resistenza, il principale vantaggio sarebbe la riduzione dell’uso di fungicidi, con un impatto positivo sia ambientale che economico. Purtroppo, la distruzione delle piante ha compromesso questa fase di verifica fondamentale.

Perché avete scelto proprio la varietà chardonnay?

Principalmente, per esigenze del territorio veneto e, certamente, per l’interesse economico di questa varietà a livello nazionale e internazionale. Oltre a chardonnay, stiamo lavorando su molte altre tra cui sangiovese, merlot, pinot nero, corvina, per le quali non ci sono motivi per pensare che l’effetto della mutazione su geni di suscettibilità non possa avere lo stesso risultato ottenuto con lo chardonnay.

Su quali altre caratteristiche dei vitigni si muove la ricerca con le Tea?

Molto importante è la resilienza a stress ambientali: idrico e termico. Caratteristiche complesse ma che rappresentato un obiettivo concreto delle applicazioni delle Tea in viticoltura. Di notevole interesse anche aspetti qualitativi: composizione aromatica delle uve, acidità e dimensione dell’acino.

Se guardiamo all’estero, quali sono i Paesi più avanzati sul biotech in vitivinicoltura?

Oltre all’Italia, ci sono Stati Uniti, Sud America, Francia, Germania, Spagna, Australia e Cina. In Europa, la ricerca biotecnologica è altamente sviluppata, ma l’applicazione pratica è ancora limitata a causa di restrizioni normative e di un dibattito pubblico spesso critico su queste tecnologie. Al contrario, fuori dall’Europa, in Usa, Australia e Sud America, l’adozione delle biotecnologie è vista con maggiore entusiasmo, con un approccio più aperto all’innovazione e alla sua applicazione concreta nel settore agricolo. Per quanto riguarda la Cina, è evidente un forte fermento scientifico e un costante investimento nella ricerca.

Il vigneto Tea di San Floriano dopo l’atto vandalico

Dopo il fatto di San Floriano, cosa perdiamo come Italia nel campo degli studi scientifici?

L’episodio di San Floriano è stato senza dubbio un duro colpo, professionale e personale, per tutto il nostro gruppo di ricerca. Dietro ogni sperimentazione ci sono anni di lavoro, impegno e risorse, e vedere tutto questo vanificato è profondamente frustrante. Ma il danno non riguarda solo noi. L’Italia, con episodi come questo, rischia di perdere competitività nel campo della ricerca scientifica e dell’innovazione agricola. La distruzione di un esperimento non rappresenta solo la perdita di dati preziosi, ma scoraggia anche gli investimenti.

Cos’altro rischiamo?

Il nostro Paese vanta eccellenze nella ricerca genetica agraria, ma senza un ambiente favorevole alla sperimentazione rischiamo di restare indietro, rispetto a nazioni che stanno investendo con determinazione. Se vogliamo un futuro sostenibile per la viticoltura, e per l’agricoltura in generale, dobbiamo proteggere la scienza e garantire le condizioni per portare avanti studi fondamentali per l’innovazione.

Poniamoci, infine, dal lato del consumatore: che lavoro bisognerà fare per far capire che non si tratta di Ogm? In Ue qualcosa si è mosso e si andrà verso un nuovo regolamento in materia.

Il lavoro da fare per far capire ai consumatori che le Tea non sono la stessa cosa degli Ogm è fondamentale. Innanzitutto, è importante fornire informazioni chiare e precise sui differenti approcci scientifici: le Tea, a differenza degli Ogm, non comportano l’introduzione di geni estranei ma modificano i geni esistenti, spesso per migliorare caratteristiche come la resistenza a malattie. L’educazione e l’informazione sono la chiave per sfatare i miti e i pregiudizi. I consumatori devono essere messi nelle condizioni di comprendere la scienza dietro queste innovazioni, e non solo ascoltare opinioni o voci distorte.

Ma a chi spetta fare la giusta comunicazione?

L’Ue sta sicuramente giocando un ruolo importante nel chiarire la regolamentazione delle Tea, ma la responsabilità della comunicazione riguarda diversi attori. In primis, spetta alla comunità scientifica e alle istituzioni accademiche fornire dati rigorosi e trasparenti. Anche le autorità governative e i produttori devono contribuire a diffondere correttamente il messaggio, con una comunicazione efficace e orientata al consumatore. Inoltre, è essenziale coinvolgere i media. Una comunicazione trasparente, supportata da evidenze scientifiche, contribuirà a ridurre le preoccupazioni infondate e a costruire fiducia nelle nuove tecnologie. Il compito è collettivo. Solo con un impegno comune si potrà superare la diffidenza che ancora circonda queste innovazioni.

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