Nella stessa estate del 1968 in cui a Roma Giacinto Facchetti sollevava verso il cielo la coppa dellโEuropeo di clcio, facendo festeggiare una nazione intera, a Oristano si progettava la vendemmia di una Vernaccia cosรฌ perfetta da poter essere stappata e goduta con piacere anche dopo piรน di 50 anni, in questo 2021 fitto di grandi successi sportivi, a partire proprio dallโEuropeo, quando quella stessa coppa รจ stata sollevata sotto il cielo di Londra. Un fil rouge, questo, teso per raccontare come la famiglia Carta di Oristano si sia, anno dopo anno e generazione dopo generazione, dimostrata capace di gettare lo sguardo in avanti, sul futuro, a interpretarlo e a scommetterci sopra. Il vino รจ โ oggi come allora โ parte della cultura e della tradizione sarda (come di tutta quella italiana del resto), ma Silvio Carta ha capito per tempo che se voleva diventare unโazienda del XXI secolo serviva anche altro: la capacitร di innovare e di diversificare. Cosa che ha fatto percorrendo la strada della distillazione. Ma attenzione: non รจ uno dei molti (troppi) tentativi di reinventarsi fini a se stessi: Silvio Carta รจ unโazienda che da anni tiene orgogliosamente i propri alambicchi accesi, ed รจ anche una realtร capace di creare i prodotti oggi maggiormente richiesti dal mercato come gin e vermouth basandosi su proprie ricette storiche e identitarie, create a partire da ciรฒ che era a disposizione sullโisola.
Come abilmente dimostrato da uno dei bartender piรน significativi dellโisola, Emilio Rocchino (a sua volta produttore di una linea di vermouth chiamata Macchia) il legame tra il vermouth piemontese e la storia sarda ha radici antiche. Risale quel Regno di Sardegna che definiva i possedimenti dei Savoia sullโisola ed รจ quindi dimostrabile che non solo grazie a scambi interni il vermouth sia arrivato da queste parti prima che nel resto dโItalia, ma che addirittura il Moscato Sardo fosse utilizzato per la realizzazione dei vermouth, visto che questo vino che si prestava perfettamente data lโalta concentrazione zuccherina (dettaglio non secondario in unโepoca in cui lo zucchero era costoso).
La storia del vermouth di Silvio Carta perรฒ ha unโaltra origine. Lโantenato piรน prossimo di quello che beviamo oggi risale alla Seconda guerra mondiale, quando la produzione di Vernaccia era ai minimi storici: con la forza lavoro al fronte e i vigneti seguiti da giovani e anziani la produzione era scarsa, e si cercava di salvarla dalle requisizioni governative delle derrate alimentari, tra cui anche il vino, nascondendola come si poteva. Nel paesino di Baratili San Pietro, in provincia di Oristano, cosรฌ come in tanti altri paesi dโItalia, si sfruttava la parte piรน remota dei cortili, coprendo i contenitori pieni di vino con fascine di legna.
Durante lโestate del 1945 il nonno di Elio Carta (attuale titolare della cantina) e fondatore dellโazienda, si dimenticรฒ alcuni di questi recipienti, ritrovati nellโinverno successivo. Con grande sorpresa ci si accorse che nonostante lโimpossibilitร di chiudere gli orci, il vino non si era rovinato, anzi: aveva assunto un profumo e un bouquet carico di note floreali, e si era arricchito di sentori e aromi provenienti dal tappo, per la presenza di piante spontanee tra cui il senecio serpens. La decisione di zuccherarlo aveva gettato le basi per il prodotto che oggi conosciamo.
Pochi anni dopo โ in pieno dopoguerra โ si sviluppรฒ in Sardegna unโintensa attivitร distillatoria di contrabbando. Ancora si racconta che nelle notti dโinverno si vedesse levarsi dai cortili il fumo degli alambicchi rudimentali. Ogni cosa poteva diventare distillato: dal vino alle vinacce fino agli agrumi. Nella zona di Oristano si metteva nei calderoni anche la Vernaccia, arricchita con i galbuli di ginepro.
Tutti questi prodotti erano ovviamente illegali, e ne andava mascherata la vera natura perchรฉ non se ne scoprisse lโorigine. Furono inventati nomi in codice per identificare il prodotto ma che non fossero comprensibili dagli organi di vigilanza. Alcuni di quei nomi sono divenuti leggendari, come ad esempio Il distillato di vinaccia (ovvero la Grappa) che fu denominato โfilu โe ferruโ, di altri invece si รจ praticamente persa la memoria, come quello di vino chiamato โabbardentiโ. Il distillato di ginepro allโepoca lo si chiamava Giniu, dal nome della pianta che in sardo si chiama giniperu. Di questo protogin la cui diffusione รจ durata sino ai primi degli anni sessanta, si รจ gradualmente persa la memoria fino a che nel 2013 Elio Carta ha deciso di riportarlo in auge, realizzando un prodotto di altissima qualitร . Non รจ perรฒ lโunico gin di casa Carta.
Un altro gin rinsalda il legame tra Vernaccia e la distillazione. Questo vino infatti riposa fino al giorno dellโimbottigliamento in botti di castagno sardo, tramandate per decenni. Quelle stesse assi possono oggi essere impiegate per lโinvecchiamento di altri prodotti, che vista la differente gradazione e vischiositร possono ancora trarre moltissimo da quel castagno. Il gin Pigskin รจ lโunico prodotto della distilleria โ tra quelli in commercio โ a godere di un passaggio in queste botti centenarie (a onor del vero esiste anche uno straordinario ma limitatissimo brandy), e basta dare unโocchiata allโarea dโinvecchiamento della distilleria per capire che lo sguardo in questa direzione va ben piรน lontano: sono diversi i prodotti che riposano, in attesa che giungano a perfetta maturazione. Il tempo in questi casi รจ lโingrediente principe, e a noi non resta che aspettare.
Intorno alla distilleria, circondato dalle campagne, sorge un enorme orto botanico aziendale, terreno fertile per le piante autoctone. Sono la base per la distillazione dei gin, ma non solo. Piante come santolina, iperico, elicriso, timo e artemisia infatti fanno parte anche dellโironico amaro della distilleria chiamato โBomba Cartaโ, e presentato il un packaging che ricorda le Molotov, le bombe fatte in casa. Un prodotto giovane, che serve anche a mandare un messaggio chiaro: la liquoristica in Sardegna non รจ solo Mirto.
Eppure questโarticolo non sarebbe completo senza rendere merito al mirto che tanta parte ha nella vita della popolazione locale. Finanche a salvarne la vita, come nel terribile inverno del 1939 quando tra gelo e carestia, la popolazione di Baratili potรจ resistere dalla fame grazie a quel frutto preziosissimo e abbondante. E se oggi moltissimi apprezzano questo liquore, il merito รจ anche della famiglia Carta, che รจ uno dei maggiori produttori, e ha una sua versione personalizzata. La ricetta di questo liquore risale ai primi dellโOttocento: ai tempi lo si faceva tramite macerazione delle bacche in una miscela di acquavite e acqua, a cui veniva aggiunto zucchero o miele per renderlo piรน piacevole in bocca. Ma in questo caso cโรจ di piรน: la nonna di Elio infatti, per esaltare la conservazione delle bacche, ebbe lโintuizione di unirle alla Vernaccia, giร produzione di famiglia. Oggi lโazienda ha molti ottimi mirti, ma il piรน interessante รจ il Mirto del Fondatore, bottiglia con cui Elio ha voluto rendere omaggio a suo padre per i suoi 90 anni: un tentativo ben riuscito di rivitalizzare una categoria, tirandola fuori dalle guerre di prezzo e lanciandosi ancora una volta in direzione della qualitร .
foto Michele Tamasco
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