Avanza l’iter per il riconoscimento del Prosek come menzione tradizionale dell’Unione europea. La domanda della Croazia per questo vino passito e fermo prodotto soprattutto nelle aree meridionali della Dalmazia è stata ritenuta ammissibile dalla Commissione europea.
Le tappe di questo iter sono: 1 la Croazia chiede all’Ue il riconoscimento 2 l’Ue accoglie la domanda 3 la pubblica in Gazzetta ufficiale 4 l’Italia comunica la sua opposizione in 60 giorni 5 la Commissione decide se approvare o no
Il parere positivo annunciato dal Commissario all’Agricoltura, Janusz Wojciechowsky (che questa settimana ha risposto a una interrogazione presentata a luglio di un gruppo di eurodeputati), apre alla imminente pubblicazione della domanda nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. A partire da quella data, per chi si vorrà opporre a tale riconoscimento, ci saranno due mesi di tempo per inviare le osservazioni. Secondo l’Ue la domanda croata possiede i requisiti di ammissibilità e validità, anche se questo – come hanno chiarito fonti europee – non significa che si arriverà a una approvazione. Bensì è l’inizio di un confronto in cui la stessa Commissione valuterà in 60 giorni i pro e i contro prima di adottare una decisione finale sulla domanda dei croati.
Il termine Prosek è, in sostanza, un omonimo di Prosecco, spumante italiano Dop prodotto in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia. Probabilmente, il nome del vino croato si deve alla dominazione della Repubblica di Venezia sulle terre della Dalmazia nel Rinascimento. Tuttavia, la sola omonimia non è ritenuta da Bruxelles un sufficiente motivo per respingere la domanda per la menzione tradizionale. Il confronto, quindi, si sposterà negli uffici della Commissione.
Una cosa deve essere chiara: non c’è stato finora nessun via libera alla tutela europea per il Prosek. La discussione, di fatto, deve ancora iniziare. Ma a preoccupare la filiera italiana, a cominciare dai vertici ministeriali, è proprio l’omonimia col Prosecco italiano, riconosciuto come denominazione protetta nel 2009, e la creazione di un precedente che sembra andare in contrasto con i regolamenti europei sulla difesa delle indicazioni geografiche, che – va sottolineato – godono di un alto livello di protezione sia contro l’evocazione sia contro l’uso improprio, come dimostra la recente sentenza della Corte di giustizia Ue sul caso Champanillo. L’Italia, poi, ha dalla sua il caso Tocai e una sentenza sfavorevole del 2008 che la costrinse più di dieci anni fa a rinunciare definitivamente a questa denominazione a favore dell’Ungheria.
Non è la prima volta che la Croazia chiede a Bruxelles una tutela per questo prodotto. Non ci riuscì con la Dop nel 2013, ci prova ora nel 2021 con la Stg. Ma la levata di scudi italiana è stata imponente. Il Ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, garantisce una opposizione compatta. Il sottosegretario Gian Marco Centinaio ha già convocato la prima riunione di un gruppo di lavoro tecnico per fronteggiare quello che ha definito un “chiaro attacco” al Made in Italy. Coro di no unanime anche da parte di Unione italiana vini, Federdoc, Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Uila, Città del vino, Origin Italia, Regioni Veneto e Friuli-Venezia Giulia, Consorzi di tutela del Prosecco Doc e Docg. È solo l’inizio.
a cura di Gianluca Atzeni
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