Il consorzio ViniVeri mette in archivio la sua diciottesima edizione, tenutasi come di consueto nel comodo sito post-industriale perfettamente recuperato dellโArea Expo di Cerea, diventato destinazione sempre piรน ambita a corollario di Vinitaly, che ha aperto i battenti domenica 2 aprile con la consueta passerella istituzionale. Se per lโuomo questa misura rappresenta un traguardo importante, altrettanto lo รจ per unโassociazione che โ come indicato dal manifesto La forma e la sostanza, le luci e le ombre firmato dal presidente del Consorzio ViniVeri Paolo Vodopivec, e dal giornalista Sandro Sangiorgi โ trasuda orgoglio e appartenenza sin dal messaggio di benvenuto del presidente Paolo Vodopivec โquasi ventโanni che con passione e tenacia portiamo avanti la nostra filosofia produttiva e, lasciatemelo dire, di vitaโ.
Ma qual รจ la filosofia produttiva che unisce 126 vignaioli con vite, storie e geografie allโapparenza enormemente diverse? ร facilmente spiegata dalle loro stesse parole โQuanto stabilito non tratta metodi bio o non-bio, ma indica semplicemente le azioni che permettono a una produzione di esprimersi pienamente e raggiungere lโobbiettivo di ottenere un vino in assenza di accelerazioni e stabilizzazioni, recuperando il miglior equilibrio tra lโazione dellโuomo ed i cicli della naturaโ. ?Ad attrarre i visitatori, per lo piรน un pubblico di appassionati laici pronti a lasciarsi sorprendere dalle traiettorie a zero tasso di banalitร dei vini proposti, cโรจ il consolidato mix fatto di buona organizzazione, ampi spazi disegnati nei due ariosi padiglioni in grado di non far evaporare la sensazione conviviale dellโappuntamento, e lโassenza di ogni frenesia grazie alla disponibilitร degli operatori. I banchi di assaggio possono contare sulla presenza costante di alcuni dei piรน grandi interpreti dellโenologia italiana, su significativi pionieri del movimento che raggruppa i temi del โnatural/biologico/biodinamicoโ, molti bravi artigiani della vigna che con la loro opera hanno rivoluzionato gli ultimi anni dellโofferta enologica, cadenzate novitร dove cercare i primi raggi di qualche futura stella e, infine, eccellenti vigneron sparsi tra Spagna, Francia e Mitteleuropa. Tra le tante proposte abbiamo estrapolato otto etichette che non vogliono esser le migliori in assoluto, bensรฌ un sunto tra espressivitร territoriale e capacitร di generare unโemozione sempre nuova e diversa.
Il nome di Bertrand Gautherot, pur debuttante a Cerea, รจ giร ben noto alla platea dei cultori delle bolle: i suoi vini da qualche anno incarnano il meglio della produzione โindieโ dei RM (che sta per Rรฉcoltant Manipulant ossia i produttori che producono solo mediante uve dei propri vigneti, in questo caso condotti in bio) della Cรดte des Bar e le 30.000 bottiglie di produzione complessiva spariscono in un battibaleno. Due i vini nella glacette: il piรน titolato Blanc dโArgile raccolto 2019 (da uve chardonnay 100%) si fa soffiare la scena dal Fidรจle sempre millesimo 2019, un blanc de noirs da pinot nero in purezza che offre rigore salino e giocosa presenza palatale, richiami fruttati senza sacrificare la stratificazione di un ventaglio olfattivo che sa andare in ampiezza ma anche in profonditร , al pari di un finale accattivante.
Un altro debutto di lusso per ViniVeri รจ quello dellโazienda di Kenjiro Kagami e dei suoi introvabili vini del Jura (Grusse di Val-Sonnette, per la precisione) che i collezionisti di tutto il mondo si contendono a colpi di assegni a tre โ ma spesso anche quattro โ cifre per ogni singola bottiglia. A noi รจ capitata la fortuna di assaggiare questa etichetta a base di uve savagnin in purezza gestite โouillรฉโ, vale a dire con maturazione in botti colme per impedire la formazione della flor e preservare il carattere originario della varietร . Nonostante i 6 anni abbondanti dalla vendemmia il vino disegna fuochi dโartificio fatti brillare da unโaciditร inaudita ma non cruda o vuota di sapore. Anzi, sul palato si imprimono interminabili intrecci di fiocchi di sale Maldon, polpa dโagrumi, sensazioni piriche e affascinanti nuance affumicate gestite con unโeco ossidativa di perfetta quanto giudiziosa presenza e una dinamica gustativa impressionante.
Il bevitore avveduto non vive di sola aciditร . Anzi, รจ incline a lasciarsi sedurre da sensazioni solari, sorsi polposi e avvolgenti, sensazioni che uniscono immediatezza fruttata, sapido rumore di sottofondo e velature gessose pronte a svelarsi nei lunghi riverberi del finale. In Romangia, quadrante nord ovest della Sardegna incastrato tra Porto Torres e Castelsardo, i terreni ricchi di marne, calcare, arenaria e fossili della famiglia Manca ospitano le radici quasi cinquantenni di vermentino e girรฒ bianco, raro autoctono dalla timbrica leggermente aromatica che pesa per circa il 10% nel blend finale. Se ne ricava un bianco dorato affinato in botti di cemento che fa della pienezza del sorso e di una consistente tessitura palatale i propri punti di forza, alleati di una lunghezza aromatica rimarchevole. Un vino dal piglio confortevole, consolatorio, mediterraneo in ogni singola goccia. E il loro Li Sureddi Rosso, a base di un antico clone di cannonau, non รจ da meno.
La Masseria Pisari รจ posta nel comune di Ugento, a pochi chilometri dalla linea blu pinta dal Mar Ionio. Terra di uve negramaro, e anche di primitivo. Da entrambe le varietร il vigneron Francesco Marra ricava due rosati dal carattere affine eppur complementare che hanno origine da prassi enologiche identiche: vendemmia in cassette, torchiatura manuale soffice del grappolo intero, fermentazione spontanea e affinamento sulle fecce fini nelle capase, i caratteristici otri locali di terracotta dalla capienza di 250 litri. A colpire รจ il carattere estroverso e fruttato del Negramaro ripetuto in una bocca polposa, coinvolgente nella beva, segnata da unโindole gastronomica resa ancor piรน efficace da un aggraziato soffio astringente che si materializza nel finale. Un vino che sa dar tattile soddisfazione bevuto ben fresco ma che sa esprimersi in modo ancor piรน compiuto sulla tavola, con qualche grado di temperatura in piรน, senza che la scorrevolezza abbia a soffrirne.
Caprese Michelangelo รจ un piccolo comune dellโaretino noto per aver dato i natali al celeberrimo Buonarroti. E magari un giorno sarร conosciuto anche i vini della famiglia Aliotti. Per adesso, ai giovani vignaioli impegnati in questo progetto dal 2016, va dato un premio per il notevole coraggio con cui hanno conteso al bosco dellโAppennino Tosco-Emiliano porzioni di terreno su cui impiantare le vigne di pinot nero. Vinificato e affinato in vasche di cemento, lโomonimo rosso 2021 ha una timbrica olfattiva che ai tipici fruttini rossi varietali aggiunge un tocco di grafite e ombreggiature di erbe aromatiche piรน mediterranee che borgognone; la bocca si muove con coerenza e ritmi rilassati; la gioventรน delle vigne si evidenzia nella sottile vena amarostica finale che richiama la visciola fresca e il sottobosco. Un vino adolescenziale e puro dโintenti. Se manterrร le promesse ne sentiremo parlare diffusamente in futuro.
Hoss Hauksson tradisce nel cognome la sua origine islandese: trapiantato in Svizzera per lavoro, finisce per innamorarsi del vino, della biodinamica e della natura integra dellโArgovia, un lembo elvetico quasi al confine con la Germania. Tutti i suoi vini sono fermentati sulle bucce, anche le varietร a bacca bianca. Oltre alle due affascinanti versioni di Pinot Nero 2020 (Sรณlskin, immediata e fruttata; Alpberg raffinata e complessa) e Im Lee 2020, un ramato Pinot Grigio dallโimpronta fruttata e materica, colpisce per Horn 2020, un Kerner in grado di rovesciare tutto quello che sappiamo sulla varietร : anchโesso vinificato in rosso, offre un esplosivo naso di aghi di pino, spezie e balsami, accenni di polpa di mango fusi con freschissime note di cedro; in bocca รจ consistente, salino e lunghissimo, dalla dinamica incessante.
Giร li sentiamo i vostri โvabbรจโ, o โacqua caldaโ. Certo, non li scopriamo certo oggi. Nรฉ Marta e Carlotta hanno bisogno di queste poche righe per rinfocolare una fama che non รจ mai venuta meno neanche quando il loro padre Beppe โCitricoโ รจ venuto a mancare nel 2018. Se ne parliamo รจ perchรฉ questa versione di Brunate, figlia di unโannata felice di stampo classico gestita in totale autonomia dalle sorelle, resterร a lungo nella memoria di chi avrร la fortuna di assaggiare una delle contese bottiglie, tutte giร vendute ancor prima che la riconoscibilissima etichetta fosse apposta sul vetro. Non servono poi troppe parole per descriverlo: a un naso intimo, dettagliatissimo e stratificato nel suo afflato nebbiolesco, segue una bocca monumentale per trama alcolica, tessitura tannica, energia e profonditร di sfumature. Cosรฌ da oggi e per qualche decennio a seguire.
Servirebbero interi trattati e testi specializzati per trattare con il dovuto rispetto questi totem della viticoltura dellโareale mediterraneo. La Malvasia di Bosa Riserva 2016 di Columbu รจ una pietra miliare della vinificazione ossidativa di cui la Sardegna รจ maestra: al naso arriva unโinebriante girandola di mallo di noce, pasta di mandorle, nocciola tostata che con lโossigeno vira con sterzate da ottovolante per mettere in subbuglio il naso prima con richiami di brandy per poi girare su tonalitร salmastre di acqua di ostriche; la bocca un velluto salato che sa di capperi, di macchia mediterranea, e anche di brezza marina. O almeno ci รจ sembrato.
a cura di Pierpaolo Rastelli
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