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Meno bottiglie, più mescita: ecco come costruire la carta dei vini del futuro

Sono lontani i tempi in cui una grande carta dei vini doveva essere solo… lunga. Le cantine dei ristoranti cambiano: meno bottiglie e più mescita (e intelligenza artificiale)

  • 10 Aprile, 2025

Non abbiamo nulla contro le carte dei vini corpose, quelle che troviamo soprattutto nei ristoranti storici che hanno saputo costruire nel tempo cantine formidabili e con una profondità di annate da far impallidire anche i più esperti. Costruire oggi una grande carta dei vini è però un’impresa difficile e complessa. Bisogna senza dubbio affidarsi a professionisti che sappiano non solo scegliere le etichette giuste – con un pensiero che sia in linea con la cucina proposta – ma anche fare un vero e proprio conto economico: perché quelle bottiglie molto spesso sono un vero e proprio capitale immobilizzato. Con le competenze giuste si può costruire una grande carta dei vini stimolante (snella o corposa che sia) ideale per gli appassionati, ma stimolante anche per chi sia più addentro al mondo del vino.

Nuova carta dei vini: pensiero & cucina

Prima cosa, la cantina deve essere figlia di un pensiero forte: che sia in linea con la cucina, ovviamente; che punti a proporre diversi vini in mescita che girano di continuo al calice (e che siano in linea con la carta madre); un pensiero che faccia emergere belle scoperte, frutto di ricerca e curiosità. Infine, cosa non da poco, un pensiero che tenga conto di tutto ciò che ruota dietro il servizio del vino. In poche parole, è inutile servire il miglior Barolo di un’annata straordinaria se il bicchiere non è quello giusto e non è ben pulito; se la temperatura di servizio è sbagliata e se chi versa non mostra neppure l’etichetta.

I nuovi supporti: carta, digitale o…

Poi c’è il supporto: su carta o in formato digitale? Qui le preferenze sono molto soggettive. I più conservatori ritengono che sfogliare una bella carta rilegata a dovere faccia parte di una bella esperienza. Però è anche vero che le modalità di ricerca sul tablet sono infinite: si può filtrare per prezzo, per vitigno, per territorio, per denominazione… L’intelligenza artificiale è sempre più utilizzata e i moderni mezzi audio-visivi ci potrebbero proiettare direttamente in cantina o nei vigneti. Bello no? Anche qui però, tutto deve esser fatto a regola d’arte, con competenza: in caso contrario meglio il formato tradizionale. E ancora, di fronte a una moltitudine di etichette che rischia di mettere in imbarazzo i commensali, potrebbe essere interessante avere una piccola selezione mensile di etichette: farebbe girare meglio la cantina e aiuterebbe tanti appassionati.

Territorio & ricerca… e nuove bevande per i pairing

«Più territorio e più ricerca». Massimo Raugi, direttore del Villa Crespi di Orta San Giulio non ha dubbi: «La carta del vino di domani dovrà partire necessariamente dalla competenza del sommelier, in un incrocio tra la conoscenza delle realtà locali vicine alla cucina e la curiosità verso nicchie artigianali». E poi c’è la spinta verso il no alcol e il low alcol: «In tempi non sospetti, era il 2018, avevo creato qui una degustazione a bassa gradazione alcolica: un Riesling, un Moscato piemontese, una birra, un fermentato. Oggi è una cosa che non mi interessa più fare, ma sicuramente in futuro ci sarà una parte della carta dedicata a questo segmento, così come prevedo un consolidamento ancora più forte, oltre che dei vini bianchi, anche di vini biologici e biodinamici, in quanto più propensi a pratiche agricole sostenibili».

Il problema del prezzo: bottiglie o mescita?

Poi c’è il tema prezzi. Raugi lamenta ancora in Italia una scarsa conoscenza del mondo del vino, dovuta anche ai costi che negli ultimi anni sono aumentati in modo sempre più verticale. Ma come si beve oggi a Villa Crespi? Il 33% dei clienti sceglie di accompagnare il pasto con una bottiglia – spiega Raugi – il 30% chiede di bere qualche calice e il restante si affida al pairing proposto insieme al menu degustazione. «Io – afferma il manager – sono un grande sostenitore dell’abbinamento con i piatti, ma bisogna conoscere perfettamente la cucina altrimenti si rischia di essere banali e di fare semplicemente una degustazione di vino». La nuova carta del vino passa quindi da qui, dalla figura del sommelier e dalla sua preparazione. Non spariranno i grandi libri da sfogliare, ma le carte saranno più selezionate e spinte non solo dai grandi nomi, ma da una costante ricerca territoriale anche in regioni emergenti, capaci di incuriosire soprattutto i neofiti. «La mescita sarà fondamentale. Almeno tre bolle, di cui una rosata, almeno cinque bianchi, cinque rossi e un paio un paio di vini dolci: una grande cantina e una grande carta dovrebbero partire da qui».

Più mescita e occhio alle piccole cantine

Cagliaritano, agente di commercio, Claudio Lilliu gestisce una piccola distribuzione basata su produzioni artigiane e una deliziosa enoteca nel cuore di Cagliari. «Credo sinceramente che questo momento storico per il mondo del vino e per i suoi protagonisti sia “l’ora più buia”.  Avere personale formato, o che comunque sappia affiancare i clienti nelle scelte, è fondamentale per poter pensare di sviluppare e costruire una buona carta. In generale ristoranti, pizzerie e wine bar dovranno avere una carta ricca ma accessibile, semplice e versatile, che può essere cambiata e variata facilmente e che – cosa più importante – abbia un’importante proposta di vini al calice: calice, calice e ancora calice. Non so se ho reso l’idea».
Elemento importante, per Lilliu, è poi soddisfare la curiosità degli ospiti che sempre più chiedono calici da piccole realtà produttive e legate a territori particolari. «Infine, anche se non li amo, credo che dovrà necessariamente esserci uno spazio dedicato ai prodotti con zero alcol – sorride l’imprenditore – L’ultimo mio pensiero, ce non è meno importante, è rivolto a tutti i ristoratori: servirebbe più attenzione nella costruzione dei prezzi. Spesso voler ricaricare tanto sul calice o sulla bottiglia causa il blocco delle rotazioni e una riduzione dei consumi».

Storie da raccontare, non solo da bere

Mai dimenticare la parte emozionale, emotiva, passionale. Una carta dei vini può – deve – essere anche questo. Vanno evidenziate e raccontate le storie di chi il vino lo produce, così come di chi il vino lo sceglie. Ne è assolutamente convinto Alessandro Perini, direttore dell’azienda Romagnoli nel Piacentino e titolare di una distribuzione di vini nata di recente: «Credo che il futuro delle carte dei vini nei ristoranti italiani di qualità sarà sempre più orientato verso la presentazione di storie autentiche e passionali, perché la carta dei vini è come un libro: l’emozione deve traspirare da ogni pagina per legare il lettore. Il vino è un viaggio tra persone, territori, culture. I consumatori sono attratti da narrazioni autentiche e riscontrabili, piuttosto che da marchi privi di anima anche se propongono vini corretti e “buoni” ma tuttavia senza personalità. Questo è esattamente ciò che cerco quando seleziono nuove aziende da inserire nel mio catalogo: aziende e prodotti che trasudino emozioni».

Le nuove opportunità dell’intelligenza artificiale

«La carta dei vini sta vivendo una rivoluzione neanche tanto silenziosa. Andrea Gori, degustatore, critico, scrittore, titolare con la famiglia della storica trattoria Da Burde, ma soprattutto molto attento, da sempre, all’innovazione tecnologia tanto da farsi chiamare il sommelier informatico ci parla delle nuove opportunità legate al digitale: «L’intelligenza artificiale entrerà in questo scenario, supportando sia il ristoratore nella creazione della carta sia il cliente nella consultazione. Algoritmi specifici genereranno selezioni personalizzate basate sulle indicazioni del proprietario, ma anche sui trend di consumo e sulle recensioni. L’indicizzazione AI permetterà ricerche sofisticate per emozioni, abbinamenti od occasioni, non solo per vitigno o regione. La carta del futuro sarà principalmente digitale e interattiva, accessibile tramite tablet o dispositivi personali, con interfacce intuitive che faciliteranno esperienze personalizzate. I clienti potranno visualizzare contenuti multimediali su ogni vino, dai video delle cantine alle note di degustazione, fino alla storia del produttore, alla mappa dei suoi vigneti (proiettata magari direttamente sulla tovaglia), rendendo l’esperienza più educativa e coinvolgente».

Nuovi valori e sensibilità: ambiente e sostenibilità

Tendenze che incrociano anche quelle sull’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità e alla “naturalità” dei vini… «Avremo sempre più informazioni sulla carbon footprint di ogni bottiglia, ci sarà sempre più richiesta di vini biologici e biodinamici. Le carte includeranno anche più opzioni: dagli analcolici, ai vini a bassa gradazione e ad altre bevande fermentate artigianali, rispondendo così all’evoluzione dei consumi. La smaterializzazione tramite QR-code consente poi aggiornamenti in tempo reale della carta dei vini stessa, eliminando per esempio la frustrazione provocata negli ospiti dalle etichette esaurite: grazie al collegamento diretto con i database di magazzino, ogni carta sarà costantemente allineata con la disponibilità effettiva. Tecnologie come la realtà aumentata permetteranno di puntare la fotocamera dello smartphone verso un’etichetta per visualizzare informazioni aggiuntive, mentre app e piattaforme social consentiranno di salvare preferenze, condividere scoperte o interagire con community di appassionati.

Questa evoluzione non significa perdere l’elemento umano, ma arricchirlo: il sommelier utilizzerà questi strumenti per offrire un’esperienza più personale, liberato dalle incombenze amministrative per dedicarsi finalmente alla vera consulenza enologica, concentrandosi più sull’aspetto relazionale che su quello logistico dell’esperienza del vino. Tutta la tecnologia del mondo ci dovrebbe permettere di essere ancora più umani e più raffinati nel servizio, non di standardizzare e banalizzare la scelta di un vino».

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