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La Valpolicella ritrova uno dei suoi vini più iconici: ribelle ma fedele, la Grola torna nella DOC

Con la vendemmia 2022 Grola torna Valpolicella: un gesto d’amore per il territorio, firmato dalla nuova generazione Allegrini

  • 19 Aprile, 2025

Gli ultimi decenni del secolo scorso vedono la nascita di numerosi vini, spesso destinati a divenire iconici, che rifuggono dalle maglie dei disciplinari di produzione affrontando il tema della qualità e del legame con il territorio da un punto di vista diverso da quello tradizionale. In gran parte sono gli odierni Supertuscan, vini che vedono la luce proprio in quegli anni ma, parallelamente, ci sono produttori che decidono di rinunciare alle denominazione anche per vini storici e dal successo consolidato, come fa Angelo Gaia con i suoi cru di Barbaresco dell’epoca o Roberto Anselmi che alla soglia del nuovo millennio rinuncia alla denominazione di Soave per tutta la sua produzione.
Pochi anni prima, in occasione della vendemmia 1997, è Franco Allegrini a fare questa scelta rinunciando alla denominazione di Valpolicella Classico Superiore per La Grola, all’epoca una delle interpretazioni più interessanti del territorio. Vista dal vicino borgo di San Giorgio Ingannapoltron la collina La Grola si staglia come uno scoglio calcareo emerso dal mare 17 milioni di anni fa, modellato per migliaia di anni dai venti, dal sole e dai ghiacci e solo negli ultimi “istanti” preso in cura dall’uomo che ne ha accompagnato l’evoluzione adattando il luogo alla viticoltura, affrontando i cambiamento climatici degli ultimi decenni e riducendo sempre più il peso della sua presenza.

La vicinanza del lago di Garda, delle montagne a nord e del dirimpettaio corso dell’Adige ne governano il clima e, in procinto di rinnovare l’impianto delle balze dedicate al Valpolicella, Franco Allegrini si rifiuta di rispettare un disciplinare di produzione che obbliga all’utilizzo anche di varietà ritenute poco qualitative e declassa il vino a igt veronese, esattamente come era successo nel Chianti Classico con i primi vini ottenuti da Sangiovese in purezza e non più rispondenti ai parametri della storica denominazione toscana.
Sono anni di grande fermento volti alla ricerca della massima qualità organolettica ma sempre più spesso il pensiero va alla valorizzazione delle uve di queste solatie balze con la consapevolezza che non esiste una qualità assoluta e quando il territorio ha forza, talento e personalità è giusto che il vino ne metta in luce il profilo, magari a scapito di un punto di colore più intenso o di una presenza fruttata più compiuta.

Un ritorno atteso

Con la vendemmia 2022 e il rinnovato disciplinare di produzione i tempi sono stati finalmente maturi per un ritorno al passato, una sorta di intenso abbraccio che scatta all’incontro con un caro amico che non vedevamo da tempo, e che vede Grola tornare a recitare da protagonista sul palcoscenico della Valpolicella. Francesco Allegrini, oggi alla guida dell’azienda di famiglia assieme ai fratelli Giovanni e Matteo e alla cugina Silvia, l’ha definito un atto di amore nei confronti della denominazione e di questa collina, una sorta di viaggio circolare in cui si torna al punto di partenza arricchiti di tutto ciò che il viaggio stesso ha donato.
Oggi il blend è composto per il 70% da corvina, per il 25% da corvinone cui si aggiunge uno spruzzo di rondinella. Syrah e oseleta che entravano in gioco nell’interpretazione igt sono scomparse in momenti differenti mentre per la maturazione in cantina si utilizzano botti di varia dimensione, dalla barrique alla botte da 85 hl.
Abbiamo assaggiato i giorni scorsi in anteprima Grola ’22 (in questo viaggio di ritorno il vino ha perso quell’articolo determinativo “La” che oggi viene riservato solo alla collina) e il primo impatto ci ha portato immediatamente in Valpolicella. La veste rubino vivace offre riflessi di trasparenza che riconducono alle corvine di collina, i profumi debuttano con una ciliegia matura che trova improvvise sferzate di freschezza nella presenza del pepe nero e di tenui sfumature floreali. In bocca rivela ancora tutta la sua gioventù, è solido e appoggiato perfettamente alla spina dorsale acida, lasciando ai tannini il compito di donare vigore al sorso senza farsi notare. Il finale, lungo e piacevolmente nervoso, esalta la caratteristica sapidità delle uve de La Grola.
Tiratura di 45.000 bottiglie che sono già in assaggio in una ristretta cerchia di trattorie e osterie gourmet di Verona e che nei prossimi giorni sarà distribuito in tutto il mondo.

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