Nel bel mezzo della discussione tra vino dealcolato e vino tradizionale, arriva una terza opzione che potrebbe sparigliare le carte sul tavolo. Stiamo parlando del Komb(w)ine, un prodotto naturalmente analcolico che ha fatto il suo debutto ufficiale a Vinitaly. Prodotto mettendo assieme kombucha (bevanda fermentata a base di the) e mosto d’uva monovarietale, tecnicamente non potrebbe chiamarsi vino. Infatti, rientra in un’altra categoria. Tuttavia, la componente enologica è fondamentale. Non a caso a produrlo sono un enologo, Andrea Moser (ideatore dei Temporary Wine), e un esperto di fermentazioni, Ettore Ravizza (founder di Evoluzioni, conosciuto soprattutto per il marchio Legend Kombucha).
foto di Martina Chirico
«L’idea mi è venuta preparando kombucha a casa per i miei figli – racconta al Gambero Rosso Andrea Moser, che ha poi messo insieme le sue conoscenze enologiche per arrivare al prodotto finale, utilizzando il mosto. La ricetta? Infuso di the, mosto (al posto dello zucchero) e scoby (una coltura di batteri e lieviti che permette la fermentazione ed è alla base della preparazione della kombucha; ndr)». Proprio questa madre di lieviti e batteri è artefice del processo di fermentazione e di eliminazione dell’alcol dal mosto d’uva, grazie all’azione dei batteri che lo consumano trasformandolo in acido organico.
Il risultato lo abbiamo potuto testare a Verona, dentro allo stand del Gambero Rosso nell’incontro dedicato ai nuovi prodotti “Zero Tasting” (qui le note di degustazione). «Abbiamo iniziato con 1500 bottiglie realizzate con mosto di Moscato d’Asti, al momento venduto solo online su thewinegamblersroom.it, ma non ci poniamo limiti. Mi piace osare portare tutto all’estremo. E secondo noi la strada è quella giusta».
Registrato il marchio, Moser e Ravizza guardano già al futuro, a quella che potrebbe diventare una kombucha territoriale: «Dopo il Moscato andremo avanti con altri vitigni. Per farlo, però, ci serve una vendemmia, quindi contiamo dall’autunno di rimetterci all’opera». Nei piani c’è anche il lavoro per conto terzi: «Lanceremo una private label, in modo che chi vorrà potrà produrre la sua komb(w)wine col proprio vitigno. Una volta ottenuto il mosto, in poche settimane siamo in grado di scalare la produzione».
Natural kombucha
L’obiettivo è rispondere alle esigenze di chi è alla ricerca di un prodotto innovativo, meno convenzionale e praticamente no alcol (meno dello 1,5 per cento), come spiega Ravizza: «Forse, dopo questo Vinitaly, il mondo del vino ha cominciato a capire che il consumatore deve tornare centrale. La tradizione deve cominciare a evolversi e aver coraggio di ripensare come soddisfare un mercato in cerca di valori ed esperienze nuove».
Ravizza, però, in questa ricerca di innovazione punta il dito contro un altro prodotto figlio dei nuovi trend di consumo: il vino dealcolato. «L’industria che pensa che la soluzione sia privarsi della propria autenticità con processi non sostenibili (vedi alla voce dealcolare) è davvero miope», chiosa il produttore. E se, invece, ci fosse posto per tutti?
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