Con i dazi imposti da Trump in pausa per 90 giorni il mondo del vino può tirare un sospiro di sollievo? Non proprio: secondo Eric Asimov, critico del New York Times, la tariffa universale del 10% farà comunque alzare i prezzi a scapito dei consumi, colpirà i vini meno costosi e le piccole aziende che esportano vini. Non ne trarrà beneficio nemmeno la produzione locale perché sarà sempre più difficile trovare vini buoni in una fascia di prezzo bassa e alla portata di tutti. «A parte il danno che causerà alla rete di piccoli importatori e distributori, rivenditori e ristoranti responsabili di portare vino ai consumatori americani, le tariffe ridurranno le scelte per i consumatori che non hanno molta disponibilità economica».
Per l’autore della rubrica “20 vini sotto i 20 dollari” la tempesta non è passata. «Per anni, non ho avuto problemi a trovare vini espressivi tra i 15 e i 20 dollari. Una forbice di prezzo che trovo ideale» scrive Asimov. «Tuttavia questa possibilità è destinata a scomparire». Più che i vini costosi, saranno quelli con un prezzo più basso a risentire dell’impatto dei dazi, un effetto che si ripercuoterà sui consumi. «Le persone disposte 200 dollari per un Napa Valley cabernet sauvignon non si preoccuperanno se salirà a 250 dollari» scrive Asimov. «Mentre i bevitori di vino attenti al prezzo, esiteranno a ordinare un cava da 18 dollari che aumenta a 23 dollari. La domanda diminuirà e il vino potrebbe scomparire dagli scaffali».
Le sanzioni sulle importazioni, poi, minaccerebbe la rete globale di piccole imprese «responsabili della diversità del vino». Aziende a conduzione famigliare, ma anche distributori, importatori che «hanno resistito dall’essere comprate da grandi gruppi» dice Asimov. «Quello che temo è che le le piccole imprese verranno messe all’angolo e ci troveremo con un mercato del vino dominato da pochi grandi gruppi».
Le tariffe, in teoria, potrebbero avvantaggiare il mercato della produzione statunitense, ma c’è un problema alla base di questa assunto: «i vini buoni parlano del luogo in cui vengono coltivate le uve. Non puoi semplicemente sostituire, un riesling fatto nella Valle della Mosella con uno dello Stato di Washington. Non avranno mai lo stesso carattere».
A questo si aggiunge che, come sottolinea Asimov, in Europa i governi tendono a sostenere economicamente le aziende vinicole, cosa che negli Stati Uniti, questo non avviene. «Questo rende difficile per i vini americani competere con quelli europei di qualità simile, soprattutto nelle fasce di prezzo più contenute, considerando anche i costi fissi di produzione più alti negli Stati Uniti».
L’aumento dei prezzi dovuti ai dazi determineranno una diminuzione nella disponibilità di trovare dei buoni vini a meno che i consumatori non siano disposti e in grado di spendere più soldi creando un effetto domino che riguarderà l’intero settore del vino.
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