Il consumo di alcol nella Generazione Z sta calando, ma non per i motivi supposti finora. A svelarlo è un nuovo report di Rabobank, firmato dall’analista Bourcard Nesin, che analizza le dinamiche dietro il comportamento dei giovani americani nati a partire dalla metà degli anni Novanta. Contrariamente alla narrativa diffusa – che imputa il fenomeno a una maggiore attenzione alla salute o all’influenza dei social media – Rabobank sostiene che la vera causa risieda in fattori economici, strutturali e demografici.
Negli Stati Uniti, molti giovani non hanno ancora raggiunto l’età legale per bere o sono appena entrati nel mondo del lavoro, con stipendi ancora modesti. Secondo il Bureau of Labor Statistics, pur spendendo in valore assoluto meno denaro in alcol rispetto ai millennials di dieci anni fa, la percentuale di reddito destinata all’alcol rimane simile.
«Nel tempo otterranno lauree e titoli di studio avanzati, il che spesso porta a occupazioni meglio remunerate. Con l’incremento del reddito, si potrà assistere anche a un aumento della spesa in beni come gli alcolici» scrive Nesin. Tuttavia, Rabobank osserva una tendenza significativa: tra il 2012 e il 2023, la quota di reddito spesa in alcol da parte degli under 30 è scesa dall’1,1% allo 0,74%, indicando una riduzione reale nei consumi rispetto al passato.
L’uso di smartphone e social network ha modificato radicalmente il modo in cui i giovani si relazionano. «Dal 2012 in poi, periodo in cui l’uso dei dispositivi mobili diventa una parte onnipresente della vita adolescenziale, la socializzazione è progressivamente diminuita». Che tradotto vuol dire meno incontri faccia a faccia e meno occasioni per bere alcolici. Inoltre, il timore di essere tracciati, taggati o ripresi durante le feste rende il consumo di alcol minorile un rischio che molti non sono più disposti a correre.
Questo ha portato molti a iniziare a bere più tardi e in contesti meno esposti. Un cambiamento che potrebbe avere effetti duraturi: sebbene sia previsto un aumento del consumo di alcol con l’avanzare dell’età, «è incerto se la Gen Z raggiungerà mai i livelli delle fasce precedenti».
Altro elemento chiave, almeno per quanto riguarda il panorama statunitense, è l’aumento della diversità etnica all’interno delle nuove generazioni. Oggi circa il 50% di questa fascia demografica è composto da afroamericani, asiatici e latini – gruppi che storicamente consumano meno alcol rispetto ai bianchi non ispanici. Le donne, inoltre, costituiscono la maggioranza tra i giovani consumatori, ma tendono a bere meno degli uomini, contribuendo ulteriormente al calo generale dei consumi.
Questo cambiamento demografico si riflette anche nelle preferenze di consumo: mentre il vino potrebbe affrontare nuove sfide, gli spirits sembrano attirare maggiormente l’interesse dei giovani. Secondo Debra Crew, ceo di Diageo, la penetrazione degli spirits tra la Gen Z è addirittura più rapida rispetto a quanto avvenuto con i Millennials.
La conclusione di Rabobank è chiara: la Generazione Z più che allontanarsi dall’alcol, lo sta approcciando in modo diverso. Se l’industria del vino e degli alcolici vuole crescere nel futuro, deve adattarsi alle esigenze di questa generazione, considerando i suoi comportamenti economici, culturali e digitali. Il futuro del settore dipenderà dalla capacità dei brand di comprendere una generazione più cauta, più diversificata e con abitudini diverse.
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