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Export. Con guerra tra Russia e Ucraina a rischio business da 400 milioni di euroexpoprt

I vini italiani son più esposti rispetto ai competitor di Francia e Spagna a causa del conflitto in corso. L’Asti, le Dop della Sicilia e quelle bianche del Veneto compreso il Prosecco sono le tipologie maggiormente coinvolte in questa crisi. L’analisi di Wine Monitor-Nomisma

  • 12 Marzo, 2022

Le conseguenze della guerra sull’export vini

La guerra in corso tra Russia e Ucraina mette a rischio un giro d’affari vitivinicolo che per l’Italia vale 400 milioni di euro. Lo ha affermato Wine Monitor-Nomisma sottolineando come l’Italia, come primo fornitore di entrambi i Paesi coinvolti nel conflitto, sia fortemente esposta verso questi due mercati rispetto ad altri competitor come Francia e Spagna. Nel 2021, la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% sul 2020) mentre in Ucraina i numeri sono inferiori ma in crescita (+200% in 5 anni) a 56 milioni di euro, per un aggregato di circa 400 milioni di euro. Per Francia e Spagna, il “danno emergente” derivante dal conflitto è più ridotto: 217 milioni di euro per i francesi, 146 milioni per gli spagnoli, vale a dire rispettivamente il 2% e 5% dell’export totale di vino, rispetto al 6% degli italiani.

L’impatto della guerra sulle singole categorie di vini

Se si guarda alle singole categorie dei vini made in Italy, come sottolinea Denis Pantini, responsabile agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma, i danni più consistenti sono per l’Asti Spumante: “Parliamo della potenziale perdita di un quarto del proprio export, così come del 20% delle vendite oltre frontiera di spumanti generici italiani o del 13% di vini frizzanti”. Considerando, poi gli impatti, sulle altre denominazioni o tipologie di vini francesi e spagnoli non si riscontrano analogie simili a quelle italiane: “Cava spagnolo, Cremant francesi o spumanti generici di entrambi i Paesi vendono in questi due mercati meno del 2% del relativo export di categoria e lo stesso si evince” prosegue Pantini “per i vini fermi Dop come Bordeaux, Borgogna, Rioja dove l’incidenza è inferiore all’1%”.

Sui fermi Dop italiani, sia la Russia sia l’Ucraina incidono fortunatamente poco alla voce esportazioni. Le più alte percentuali, fa notare Wine Monitor, sono quelle dei siciliani Dop (8%) e dei bianchi Dop veneti (4%). Tornando alle bollicine, sul Prosecco, prima Dop italiana esportata al mondo, il peso di Russia e Ucraina è inferiore al 5% “anche se” conclude Pantini “va detto che negli ultimi tre anni (in piena pandemia) le vendite della nostra più famosa bollicina in questi due mercati erano raddoppiate”.

a cura di Gianluca Atzeni

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