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Ecco dieci Vini Rari che devi assolutamente provare

A Verona abbiamo fatto un giro tra le etichette selezionate nella speciale sezione di Vini d'Italia 2025. Di seguito le note di degustazione di alcuni dei vini che più ci hanno colpito

  • 09 Aprile, 2025

Uno degli aspetti sui quali spesso ci mettiamo alla prova è il riassaggio delle etichette che abbiamo degustato per le edizioni delle Guide sulle quali man mano lavoriamo. Perché assaggiare un vino durante le sessioni di degustazioni estive ci serve per cercare di catturarne l’essenza ma soprattutto per intuirne la prospettiva. A Verona, all’interno del nostro evento Tre Bicchieri, abbiamo avuto modo di riproporre anche la degustazione di alcuni Vini Rari, la nuova sezione introdotta in Vini d’Italia, un’appendice dedicata a vini in tiratura limitata che vogliono proiettare nel calice una vigna, un progetto particolare, la voglia di distaccarsi dal resto della gamma o quella di alzare l’asticella. E così, a diversi mesi dall’uscita della Guida siamo andati a controllare il livello di forma di alcune etichette selezionate nel progetto Vini Rari.

Vda Pinot Noir Pierre ’21 – Gargantua

Laurent e André Cunéaz continuano il lavoro di famiglia, quello di perpetuare una vitivinicultura fatta di tradizioni, usi e costumi della comunità valdostana, e lo fanno in chiave moderna. I loro vini sono tutti di struttura ed eleganza ma mantengono la freschezza e il piglio che solo la montagna sa dare al vino. Pierre è un Pinot Nero che nasce tra i 550 e i 750 metri di altitudine. Si concede lentamente: all’inizio è un po’ introverso su sensazioni balsamiche e di erbe fresche; poi prende il sopravvento una polposa componente fruttata che ricorda la fragola. Uno sbuffo floreale apre la strada a un sorso fragrante che riverbera nitidamente le sensazioni olfattive. Il tannino è elegante e fine, il finale piacevole e succoso.

Trento Brut Madame Martis Ris. ’13 – Maso Martis

L’azienda è stata fondata negli anni Novanta da Antonio e Roberta Stelzer, cui oggi si sono affiancate le figlie Alessandra e Maddalena. Il segreto del successo aziendale sta nell’affiatamento del gruppo di lavoro che pone massima attenzione al dettaglio, alla salubrità della vigna e alla tutela ambientale. Produzione davvero microscopica per questa cuvée dedicata a Roberta, la madame della casa. Assemblaggio classico con pinot nero, chardonnay e pinot meunier e nove lunghi anni di sosta sui lieviti per un risultato davvero incredibile. A volte le cose complesse creano distanza: qui invece facciamo ben volentieri uno sforzo per concentrarci su un naso dalle mille facce. Burro di montagna, erbe aromatiche, tocco vagamente fumé e tostato, polpa di limone si rincorrono su una bocca verticale, tridimensionale, sapida e profonda.

A. A. Santa Maddalena Cl. V. Rondell R ’22 – Glogglhof

Franz Gojer gestisce la sua azienda di Santa Maddalena, affiancato dalla moglie Maria Luise e dal figlio Florian. Il suo Vigna Rondell R ’22 era al debutto quando lo abbiamo assaggiato la scorsa estate, un Santa Maddalena che sposta i confini della tipologia esplorando la complessità e la stratificazione aromatica senza perdere di vista l’immediatezza della beva. Ribes e mirtilli sposano sensazioni più complesse che parlano di erbe officinali e spezie. Molto elegante, il sorso conserva la classica scorrevolezza della tipologia, con un tocco leggermente ammandorlato nel finale.

Greco di Tufo Le Arcaie di San Pio ’22 – Passo delle Tortore

Passo delle Tortore si conferma come progetto votato alla qualità. Siamo a Pietradefusi, dove l’Irpinia quasi cede il passo al Beneventano. In Contrada Vertecchia, quattro giovani imprenditrici, con la collaborazione di un giovane enologo, hanno deciso di avviare l’attività vitivinicola sfruttando un vigneto di poco più di cinque ettari. Le Arcaie di San Pio ’22 è cresciuto rispetto alla scorsa estate. Alcuni spigoli sono rientrati e il vino ci è sembrato perfettamente amalgamato in tutte le sue componenti. Scorza di limone, un filo di fumo, ricordi iodati, fiori bianchi compongono un mix che si riverbera in una bocca che sta trovando mese dopo mese la sua dimensione in una prospettiva fatta di tensione e verticalità.

Habemus Cabernet Et. Rossa ’21 – San Giovenale

È stato amore a prima vista quello di un appena ventenne Emanuele Pangrazi per questi terreni della Tuscia intorno a Blera. Poi sono arrivati la visione, lo studio, ispirandosi sempre ai grandi del vino internazionale, ma sperimentando a modo suo. Da qui le sue scelte: impiantare vitigni come grenache, carignano, syrah, cabernet franc. Le uve per l’Etichetta Rossa provengono da un vigneto di poco meno di un ettaro, impiantato ad altissima densità (13mila piante). Il naso è ancora impostato su sensazioni di erbe officinali, rabarbaro e genziana, ammorbidite da un carnoso frutto nero e da note tostate. La bocca è puntellata da un tannino fitto ma arrotondato, perfettamente estratto; è ricco, di grande avvolgenza e dotato di una materia che ha bisogno di ancora qualche tempo per distendersi.

Collio Friulano Miklus Francesco ’19 – Miklus

Nel 1982 Milan Miklus assunse l’onere della gestione dell’azienda di famiglia, che possedeva un solo un ettaro vitato. Provvide alla riconversione dei rimanenti terreni impiantando vigneti e, dieci anni dopo, iniziò ad imbottigliare i suoi vini. Il testimone ora è stato raccolto dal figlio Mitja: in cantina padre e figlio adottano metodi in parte moderni e in parte ancestrali. Il Francesco nasce da vigneti ultrasessantenni di friulano messi a dimora a San Floriano del Collio. Dopo una macerazione di circa 30 giorni e un lungo affinamento in bottiglia, il vino sfoggia un intenso bouquet che richiama nettamente la pesca, sfumando su fiori bianchi e spezie. In bocca spiazza invece per il ritmo incalzante della beva, dotata comunque di un suo peso, ma trascinata da acidità e rinculi sapidi.

Barolo Bussia Briccotto ’20 – Domenico Clerico

La storia di questa cantina di Monforte d’Alba coincide con la storia di un uomo, Domenico Clerico, che ha rivoluzionato la viticoltura nelle Langhe, guardando a nuovi principi, fin dal 1976, quando prese in mano l’azienda di famiglia. Domenico Clerico è scomparso nel 2017 e la sua eredità è stata raccolta dalla moglie Giuliana Viberti e portata avanti insieme a un team aziendale determinato. Solo nove filari per un grande rosso che arriva dalla parcella Briccotto del cru Bussia Soprana. La prima annata è la 1978 e da allora è stato prodotto solo nei migliori millesimi. Quando il Barolo riesce a coniugare complessità e golosità fruttata nascono piccoli capolavori. Come in questo caso dove fiori rossi fragranti, ciliegie fresche, liquirizia e una speziatura appena accennata anticipano una bocca succosa in cui il sorso è scandito da un tannino di grande precisione.

Roero Arneis Giuan Da Pas ’15 – Pace

Da quattro generazioni la famiglia Negro coltiva delle vigne su una collina che domina Canale, in una zona denominata Pace, una delle più boscose e fresche di tutto il comune, su dei suoli di medio impasto a dominante sabbiosa. Il Roero Arneis Giuan da Pas è un vino vinificato e maturato per alcuni mesi sulle fecce fini in acciaio, ma che esce dalla cantina solo dopo dieci anni di affinamento in bottiglia. Il riassaggio conferma le impressioni avute durante l’estate scorsa: il profilo aromatico è ricco, ricorda il cedro e il pepe bianco, ma si è arricchito di una bella sensazione di mandorla dolce ed erbe aromatiche. Si conferma anche la grande tenuta: il sorso è nitido, ancora vibrante, di grande sapore e profondità.

Eleuteria Special Edition in Anfora ’20 – Tenuta del Travale

È probabile che quando ha acquistato e poi messo su la Tenuta del Travale, Raffaella Ciardullo, donna di raffinata cultura, si sia ispirata alle teorie di microeconomia ecologista enunciate da Ernst Schumacher nella sua opera più famosa: “Piccolo è Bello”. La sua è infatti una minuscola cantina, gestita in famiglia col marito e le due figlie, con solo un paio di ettari di vigna coltivata. Raffaella produce poche migliaia di bottiglie, contraddistinte da raffinate etichette che riprendono le miniature di un antico codice medievale. Solo 600 bottiglie per questo Eleuteria, da nerello mascalese coltivato oltre i 500 metri di quota in località Rovito, nella Sila: le uve di nerello mascalese sono fermentate a grappolo intero e poi il vino matura oltre 20 mesi nel cocciopesto. Una spremuta di mediterraneo, macchia, arbusti, erbe aromatiche al sole; e poi mirtilli e ricordi di scorza d’arancia essiccata. C’è sostanza senza pesantezza, un tocco appena scapigliato e un tannino ben saporito.

Vernaccia di Oristano Antico Gregori Ris. ’79 – Contini

La narrazione del territorio vitivinicolo oristanese passa attraverso la storia di questa realtà fondata nel 1898 da Salvatore Contini. L’azienda nel tempo è cresciuta sotto la direzione del figlio di Salvatore, Attilio, e oggi vede la quarta generazione di famiglia, rappresentata dai cugini Alessandro e Mauro, mantenere vivo un marchio di eccellenza del panorama sardo. Spicca nella produzione della cantina la Vernaccia di Oristano, gioiello enologico dell’isola. Di cui questo Antico Gregori Riserva ’79 rappresenta un po’ la punta di diamante. Un vino emozionante, senza dubbio che impasta magistralmente la sensazione di frutta secca con quegli sbuffi iodati che salgono dalla spiaggia col mare in burrasca. Si porta dietro ricordi flebili e lontani di frutti gialli su un sorso di puro fascino.

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