
Il nostro tour tra i vini vulcanici, che ha già fatto tappa presso i Campi Flegrei, in Campania, e la zona del Soave, in Veneto, stavolta ci porta sulle pendici di quello che è uno dei vulcani più attivi del mondo, l’Etna. La zona – tra le mete preferite dai turisti americani e inglesi -, ormai da diversi decenni ha catalizzato l’attenzione di appassionati ed esperti – molto recente la notizia che Lamberto Frescobaldi e Marco De Grazia di Tenuta delle Terre Nere faranno vino insieme – per via di una crescita qualitativa esponenziale e di un dinamismo che ha trainato poi tutta la vitivinicoltura regionale.
E ad essa abbiamo dedicato diversi approfondimenti, come quello sui giovani produttori che vorrebbero allargare i confini della denominazione o incontrando produttori coraggiosi, che osano, inseguendo sogni che spesso riescono a realizzare, come il vignaiolo Stef Yim, che può vantare una piccola produzione di grande livello a 1.500 metri di altezza.
Alcuni giovani produttori considerano i confini della denominazione troppo restrittiviAnno dopo anno, questo affascinante territorio, disegnato da terrazze che poggiano su suoli formatisi dalle colate laviche che si sono stratificate nei secoli, conferma il carattere e la personalità dei suoi vini, un distretto caduto per anni nell’oblio, etichette che brillano per eleganza, profondità, sfaccettature, identità: ricche, insomma, di quelle qualità che ne hanno fatto un autentico mito sui mercati di tutto il mondo.
I vini rossi e i rosati dell’Etna nascono da nerello mascalese (spesso con aggiunte di nerello capuccio), un vitigno di cui non si conosce bene l’origine ma che sembra essere coltivato sul territorio fin da tempi antichissimi: il nome infatti si riferisce alla Contea di Mascali, in provincia di Catania, una zona agricola stretta tra il mare e il Vulcano, dove questa varietà è stata coltivata, soprattutto in passato, con successo.
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Sul versante dei bianchi il protagonista è sicuramente il carricante (a volte in compagnia del catarratto); anche in questo caso abbiamo a che fare con un vitigno antichissimo il cui nome farebbe riferimento alla sua elevata produttività: non si capisce bene se perché la pianta si “carica” dei grappoli, o se questi sono così abbondanti da riempire i “carri”. È coltivato soprattutto sul versante est del Vulcano, ad altitudini molto elevate, precluse spesso al nerello mascalese.
Dei 28 vini premiati quest’anno con i Tre Bicchieri quasi la metà sono proprio dell’Etna, etichette memorabili, a conferma della vocazione vitivinicola di questo terroir. Giocano la parte del leone soprattutto i rossi con ben 9 vini che hanno ottenuto il massimo riconoscimento (tra questi il Munjebel Rosso MC di Frank Cornelissen), ma anche il livello dei 3 bianchi premiati è impressionante e uno di questi viene prodotto da Maugeri, la Cantina Emergente 2025
Alcuni vini dell’Etna sono presenti anche nella Carta dei Vini Rari, una sezione totalmente nuova di appena 50 etichette che troverete nella guida Vini d’Italia del Gambero Rosso 2025, protagonista anche della storia di copertina del mensile Gambero Rosso di novembre.
Trovare vini dell’Etna nella fascia di prezzo sotto i 20 euro non è facile, vuoi perché il prestigio del territorio ha portato a un inevitabile innalzamento dei prezzi, ma vuoi anche perché la vitivinicoltura sulle pendici di questa montagna fumante non è proprio facile.
Eppure qualche ottima etichetta che potete trovare a prezzi amichevoli c’è: ecco, quindi, la lista dei nostri migliori assaggi dei vini dell’Etna, in vendita in enoteca e negli shop on-line a meno di 20 euro, recensiti nelle guide Berebene e Vini d’Italia 2025 del Gambero Rosso.
Conquista il massimo alloro la versione ’21 del Lenza di Munti 720 slm di Cantine Nicosia, vino esemplare per rispondenza alla tipologia e al terroir etneo, raffinato, profondo e dal bellissimo fruttato di gelso, mora, ribes nero, solcato da nuance di ardesia, violetta e spezie nere; autorevole al palato, ha una trama fitta, sottolineata da tannini morbidi e vibranti.
Di rilievo questa maison sempre nelle mani della stessa famiglia dal 1898, oggi guidata con lungimiranza da Carmelo Nicosia e dai figli Francesco e Graziano. Il successo di mercato, per vini di sfaccettata personalità e marcatamente identitari, ha incentivato importanti ulteriori acquisizioni sul vulcano e pure in aree vocate come Noto e Vittoria, nel segno della sostenibilità. Degno di nota l’apporto di Maria Carella, enologa sensibile e di valore.
Convincente la prova dell’Etna Rosso Mofete ’21 di Palmento Costanzo, che conquista il gradino più alto del podio in virtù di un naso intenso e definito nei sentori di pesca, rosa rossa e viola, con un carattere minerale assai elegante e un frutto rotondo e succoso, ben teso e persistente.
Il nome della cantina si riferisce a un grande, antico palmento a Santo Spirito recuperato e restaurato da Mimmo e Valeria Costanzo, che ne hanno mantenuto l’originale razionalità operativa, a partire dallo sfruttamento della gravità per il movimento della materia prima senza interventi meccanici. Le uve, coltivate interamente in biologico, provengono da cru eminenti per lignaggio ed età delle piante nelle contrade Santo Spirito, Feudi di Mezzo, Zottorinoto e Bragaseggi nel versante nord, Cavaliere nel versante sud-ovest.
Ha raggiunto le nostre finali l‘Etna Rosso 2021 di Francesco Tornatore, dinamico imprenditore, che ha investito molto sul versante nord dell’Etna, dove oltre a due cantine conta su più di 70 ettari di vigna, è un ritorno alle origini. Infatti, proprio da Castiglione di Sicilia ha cominciato la sua carriera di successo, affiancando il padre nella conduzione dell’azienda agricola di famiglia. Non è un caso, quindi, che il vino prodotto a contrada Trimarchisa, nel vigneto attorno al palmento del padre, sia adesso il suo vino top di gamma.
L’azienda di Peter Wiegner, della moglie Laura e del figlio Marco si trova a Passopisciaro: sei ettari di vigneti tra le contrade Rampante e Marchesa. Bella espressività per l’Etna Rosso Tre Terre ’22, che sfiora le finali con il suo frutto vivido e definito, morbido e succoso.
L’Etna Rosso ’22 di Cottanera offre al naso aromi di frutti di rovo, pesca nettarina, cenni minerali ferrosi e sottobosco. In bocca si offre sapido e maturo, ricco di tannini sottili ed eleganti e con un bel finale speziato. Nata per iniziativa di Guglielmo ed Enzo Cambria, Cottanera è divenuta in pochi anni una delle protagoniste della rinascita dell’Etna: le fasi iniziali vedono un orientamento internazionale, con vitigni come syrah, merlot o mondeuse, capaci di integrarsi qui con esiti assai felici. Gradualmente l’attenzione si è concentrata sui vitigni autoctoni e sulle potenzialità espresse dai singoli vigneti dell’azienda, forte di una presenza importante nelle contrade di maggiore prestigio.
Elegante e ben fatto l’Etna Rosso Caruso ’22 di Terrazze dell’Etna, dai profumi di frutta rossa fresca, pesca, prugna, fiori di campo e spezie, oltre ai classici toni minerali e affumicati. Fresco e sapido il calice, dalla performante acidità che esalta la solida freschezza del frutto; lungo il finale.
Un delizioso paradiso di vigne, una cantina nata grazie all’attenzione prestata dall’ingegnere Nino Bevilacqua al recupero del contesto ambientale e al ripristino dei terrazzi rurali e dei palmenti. L’anfiteatro di terrazze raccoglie come in un abbraccio i vitigni autoctoni dell’Etna, il nerello mascalese, il nerello cappuccio e il carricante; presenti anche varietà internazionali quali lo chardonnay e il pinot nero. Oggi questa interessante realtà è condotta con dedizione dalla figlia Alessia.
Molto buono l’Etna Bianco Contrada Monte San Nicolò ’23 di Cantine Nicosia, sottile e fascinoso, che sa di agrumi, anice stellato, pesca ed erbe aromatiche.
L’Etna Bianco Ante ’21 di I Custodi delle Vigne dell’Etna, dal colore paglierino brillante, si distingue per i sentori di frutta, dalla pesca agli agrumi; al palato è elegante e dinamico.
Questa cantina rappresenta una storia d’amore tra un romano, Mario Paoluzi, e il vulcano più alto d’Europa, l’Etna. Un innamoramento, contrada per contrada, alberello dopo alberello, che ha dato i suoi frutti nei vini che qui vengono prodotti. Le caratteristiche pedoclimatiche, l’altitudine, che varia dai 650 ai 900 metri, e l’escursione termica regalano caratteri diversi nei vini. Il tutto è il risultato di un lavoro che segue la natura e il suo corso, a partire dall’utilizzo di lieviti indigeni.
Molto buono, a dispetto di un’annata non facile, l’Etna Rosato de Aetna ’23, che si apre su nitidi aromi di fiori e frutti rossi, pesca ed erbe mediterranee. La bocca è di rara freschezza, sapida e dal puntuale ritorno del frutto.
Quella di Fabio Costantino è una delle cantine più antiche di tutta l’Etna: la sua presenza è documentata infatti dal 1699; oggi conta su dieci ettari di vigna in Contrada Blandano e due in Contrada Praino, a Milo. Attento alla sostenibilità, Fabio, è stato il primo nel 2000 a ottenere la certificazione biologica sull’Etna, mentre, per rispettare la biodiversità, i vigneti, dove si pratica il sovescio, sono circondati da 20 diverse tipologie di alberi da frutto, e, per inquinare meno, gran parte delle lavorazioni, vendemmia compresa, vengono fatte manualmente.
Dall’ottimo rapporto qualità-prezzo l’Etna Rosato ’23 di Graci, dove ritroviamo quell’eleganza e finezza che caratterizzano i vini di Alberto Aiello Graci. Etichette che raccontano il terroir vulcanico in modo impareggiabile attraverso etichette di differenti contrade, in cui le cultivar locali rispondono in modo peculiare a seconda di esposizioni, suoli, età dei vigneti. A questa singolare ricerca della diversità risponde appieno l’utilizzo di vasche di cemento e botti grandi troncoconiche. Lo stile inconfondibile della maison ne ha fatto una realtà di riferimento per critica di settore e winelover.
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