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"La mia odissea per riuscire a produrre vini Piwi in Italia". La testimonianza di un produttore resistente

Pierguido Ceste racconta il suo incontro con i vitigni resistenti e le tante difficoltà per impiantare il primo vitigno sperimentale in in Piemonte. Quest'anno a Vinitaly porterà finalmente i suoi vini etichettati Piwi International

  • 08 Aprile, 2025

Mi chiamo Pierguido Ceste e sono un produttore piemontese di vini Piwi. Oggi la superficie della mia azienda, a Govone a due passi da Alba, raggiunge i 36 ettari di vigneti di cui il 10% coltivata a vitigni resistenti. Dalla mia famiglia ho appreso che un vino è una cosa buona solo se c’è anche una buona agricoltura. Per noi la terra è sempre stata alla base di tutto ed abbiamo sempre cercato di rispettarla. In tanti anni di impegno ho seguito la tradizione vinicola locale.
Ho fatto corsi per la coltivazione biologica della vite, studiato teorie ed elementi di biodinamica e mi sono diplomato sommelier. Tutto bello ed utile, ma non ho trovato ciò che volevo.

L’incontro con i vini Piwi

Nel 2008 ho sperimentato la viticoltura biologica su due vigneti ma non ho avuto successo a causa del maltempo (vedi annata 2024). Io sono per una viticoltura ragionata che mi porti in cantina uva sana e pulita da trasformare in vino con cure attente ma semplici e possibilmente con il minimo intervento.
Attorno al 2010 mi sono arrivate le prime informazioni sui vitigni resistenti (Piwi). Ho conosciuto il prof. Jürgen Volker dell’istituto di viticoltura di Friburgo che mi ha aperto un mondo nuovo. Finalmente una viticoltura pulita, a bassissimo impatto ambientale, praticamente senza chimica, con limitatissimo uso di trattori e soprattutto senza più la paura della pioggia, del vento e della nebbia. Una rivoluzione incredibile! Il ritorno alla viticoltura delle origini, quella persa da metà ‘800 e solo più vagamente raccontata sui libri di enologia.
Con i vitigni Piwi chi vive di natura non la deve più temere ma diventarne parte integrante.

Gli ostacoli italiani

Spinto da mio padre Franco, ho portato le prime viti resistenti in Piemonte ed iniziato piccole sperimentazioni e contemporaneamente un lungo calvario.
Mi sono appoggiato ad un noto sindacato agricolo per presentare il mio progetto e dopo poco tempo ho scoperto che questi mi remavano palesemente contro. Nei palazzi della Regione è andata pure peggio: hanno troncato tutte le mie iniziative. Ma almeno sono stati onesti a dirmelo in faccia. Non volevano nemmeno che diffondessi la notizia dell’esistenza dei vitigni resistenti. «Non si può fare perché non si può fare», mi dicevano. Come le risposte che si danno ai bambini piccoli.
Solo col passare del tempo (molto) le cose sono a poco a poco cambiate. E finalmente, grazie al dott. Gualtiero Freiburger, unico funzionario che mi ha ampiamente appoggiato e seguito in tutto l’iter, ho ottenuto l’autorizzazione all’impianto sperimentale nel 2012. Il primo in Piemonte.

Gli anni della sperimentazione

Non ricordo con quanti tecnici, politici e burocrati ho dovuto combattere.
Sono seguiti anni di sperimentazioni, microvinificazioni, prove in campo ed in cantina. Soddisfazioni e delusioni, costi e perdite. Ho aderito a Piwi international e l’allora presidente Josef Engelhart, nel 2018 mi ha incaricato di formare il gruppo Piwi Piemonte. Tutto sempre in sordina.
Nel 2023 sono stato tra i 5 fondatori di Piwi Italia e finalmente, ma con notevole ritardo rispetto alle altre Regioni, anche in Piemonte si sono iscritte a registro quattro varietà resistenti.
I vecchi funzionari della Regione sono andati quasi tutti in pensione ed i sindacati agricoli hanno cambiato vela. Si respira finalmente aria nuova.
Molti soci del Consorzio dei vini di Alba, di cui sono membro, hanno parecchie remore nei confronti dei vitigni resistenti e del sottoscritto, ma spinto dall’odore del business probabilmente anche qualche grande nome impianterà Piwi. È solo questione di tempo…ma questo è un altro discorso.

A Vinitaly la presentazione dei vini Piwi

Il Vinitaly 2025 per me, mio figlio Nicolò ed i miei collaboratori, sarà il momento più atteso, dove finalmente presenterò i miei vini Piwi. Dapprima partecipavo in postazioni condivise, ma da qualche anno affronto la salatissima spesa da solo in uno stand tutto sommato capiente e funzionale. La giusta cornice per i miei vini Piwi (accanto a quelli tradizionali), di cui ho inventato i nomi e disegnato personalmente le etichette.

A proposito di etichette, però, nessun ente o consulente mi ha ancora dato istruzioni scritte su cosa inserire. Questo perché esiste un vuoto legislativo in Piemonte dovuto alla mancanza di Igt (ad oggi non è possibile utilizzare Piwi per Doc o Docg). Nelle altre regioni si può indicare vitigno, annata e scrivere “Prodotto ed imbottigliato da”. Qui mi sono limitato a scrivere Piwi sul fronte delle etichette ed applicare le regole dei vini da tavola sulle retroetichette oltre che al marchio “Piwi International”, che è l’unica possibilità di contraddistinguere il vino. Vedremo in futuro.
Intanto collaboro con la scuola enologica di Alba, enoteche regionali, associazioni di viticoltori ed altri istituti scolastici per formare i giovani enologi, sommelier e produttori portando l’esperienza di chi non deve mai demordere. Chi infrange le regole cambia il mondo.

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<<<< Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri, il settimanale economico di Gambero Rosso.

Questo articolo è stato pubblicato su Trebicchieri,
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