Come va il vino marchigiano? È tentazione sin troppo forte abbandonarsi a un laconico e consolatorio “mai andata così bene” ma è intellettualmente onesto individuare qualche spunto critico laddove sia necessario. In Regione vi sono degli innegabili chiaroscuri.
La luce più vivida riguarda il numero crescente di giovani che si mettono in gioco e affrontano il difficile mestiere di vignaiolo. Le dimensioni di questa pubblicazione non permettono una conta esaustiva delle tante novità ma tutti i migliori sono citati e molti, immaginiamo, lo saranno in futuro. Gli assaggi dell’estate 2022 hanno confermato la situazione in atto che vede la grande vitalità dei Castelli di Jesi, l’alto livello qualitativo medio dell’areale di Matelica, la crescente bontà dei Pecorino del Piceno e il buono stato di salute di Morro d’Alba. Registriamo anche una confortante crescita qualitativa dei Ribona, il “verdicchio marino” diffuso in provincia di Macerata. Qualcosa, ma su volumi lillipuziani, si muove anche a Serrapetrona.
La parte della Cenerentola se la cuce addosso il pesarese: agli sforzi comunicativi e organizzativi dei volenterosi interpreti del Sangiovese e del Bianchello non fa seguito un innalzamento dell’asticella che misura la bontà. Quello che preoccupa è l’imbattersi non di rado in vini impersonali, talora sgraziati o apertamente sbagliati, frutto di letture sin troppo originali o sfuocate sperimentazioni. Più a sud i vignaioli legati alle uve montepulciano stanno cercando di recuperare integrità di frutto e bevibilità dopo la ricetta del vino-frutto da masticare dei primi anni 2000. Conero e Piceno stanno invertendo la rotta. Attenzione! Nessuno chiede di trasformare il Montepulciano in Pinot Nero. Semplicemente abbiamo notato che interpretare la generosa uva con una sensibilità contemporanea, più in linea con i gusti attuali, è possibile.
Chiudiamo annotando tra gli elementi positivi anche il dilagante ricorso all’agricoltura biologica e a diversi progetti di sostenibilità e “residui zero” nei vini e nei terreni, con la speranza che tutto questo possa contribuire ad aumentarne il valore economico. Dall’assaggio di 931 vini provenienti da 189 aziende, di cui 120 citate in guida, sono stati assegnati 23 Tre Bicchieri. L’elenco degli artefici vi fornirà la spina dorsale della qualità made in Marche.
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La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.
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