La scoperta delle ghost kitchen
Fino a un paio di mesi fa, nonostante il fenomeno fosse in crescita in tutto il mondo e lentamente stesse iniziando a prendere piede anche in Italia, l’idea della dark kitchen suonava ancora esotica alla maggior parte di noi. Attivate dalla riabilitazione del food delivery, che ben prima della crisi in atto è stato capace di recepire nuove esigenze esaudendo le richieste di consumatori più esigenti, le dark kitchen (o ghost kitchen, o dark restaurant) sono cucine operative solo in funzione della consegna a domicilio. Dunque non aperte al pubblico, ma perfettamente attrezzate (e a norma di legge) per far fronte alla preparazione di pasti “da ristorante”, che non risentano però eccessivamente del trasporto. La pandemia che ci ha bruscamente costretti a ripensare le nostre abitudini ha riportato in auge le potenzialità del food delivery, che oggi è considerato dai ristoratori “tradizionali” un’alternativa valida per sopravvivere (non mancano le polemiche, che però ci sembrano sterili: ognuno conosce la qualità che può vendere, e quanto sia economicamente sostenibile questa soluzione). Al contempo molti italiani hanno imparato a fidarsi del cibo a domicilio, scoprendo una soluzione a basso rischio - a patto che tutte le misure di sicurezza siano rispettate - per evadere dalla routine piuttosto monotona delle ultime settimane.
Via Archimede. La nuova ghost kitchen di Milano
E allora sembra perfettamente centrato il tempismo di Luca Guelfi, di fatto l’unico ristoratore milanese (ma diciamo anche italiano) in grado di inaugurare un ristorante durante la quarantena. Chiariamo subito: Via Archimede, come recita l’insegna di questa nuova “gastronomia di quartiere”, è proprio una ghost kitchen, una cucina fantasma dedicata esclusivamente al delivery di piatti cucinati sul momento. Il ristorante ha aperto i battenti (si fa per dire) venerdì 10 aprile, in via Archimede, nel quadrante di Milano che Guelfi ha già colonizzato da qualche anno a questa parte, con quattro diverse insegne, tutte improntate all’importazione di tendenze internazionali nel capoluogo lombardo, dal vietnamita Saigon al messicano Canteen, al fusion giapponese Shimokita, fino all’ultimo nato in casa, l’Oyster Bar inaugurato lo scorso autunno. Anche l’ultimo progetto assimila un format importato dall’estero, valorizzandolo però all’insegna della tradizione gastronomica italiana. Quel che più sta premiando l’idea, a un giorno appena dal debutto, è proprio il timing: il menu di Pasqua è andato a ruba nel giro di poche ore, con oltre 100 ordini ricevuti.
Il menu a domicilio
Ma la gastronomia di quartiere “fantasma” presterà quotidianamente servizio offrendo un menu ben strutturato, con piatti tipici della cucina meneghina (dai mondeghili con salsa verde all’ossobuco in gremolada, al riso al salto con rognoncino trifolato), diverse proposte di pasta fresca (dalle orecchiette con cime di rapa agli gnocchi pomodoro e basilico, alle lasagne, ai tortelli di magro burro e salvia), e poi secondi di carne e pesce (con qualche concessione esotica, come il ceviche di orata con mango, cipolla rossa, peperoncino e leche de tigre. E ancora focacce home made in più varianti, e dolci della casa.
Il menu cambierà mensilmente, in cucina, al momento, ci sono Emanuele Gasperini e Marco Fossati, già alla guida degli altri ristoranti del gruppo, ora chiusi. Per la consegna non ci si affida a vettori esterni, il pagamento può essere evaso via pos o contanti, senza spese aggiuntive per il delivery. A pranzo (12-15.30) e cena (19-22.30). I prezzi, volutamente accessibili, oscillano tra i 6 e gli 8 euro per un primo a base di pasta fresca, i 10 euro delle portate di pesce, i 10-12 euro delle specialità meneghine, i 4 euro dei dessert. Si ordina chiamando il numero fisso, via Whatsapp o per email.
Via Archimede, Gastronomia di quartiere – Milano – i recapiti per ordinare: 02 70101966 /3355823604/ [email protected]