"Una mattina Gregorio, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutato in un insetto mostruoso. Era disteso sul dorso, duro come una corazza, e alzando un poco il capo poteva vedere il suo ventre bruno convesso, solcato da nervature arcuate, sul quale si manteneva a stento la coperta, prossima a scivolare a terra". Ricordate questo incipit, si? Comincia cosi uno dei più significativi testi del Novecento, Le Metamorfosi di Franz Kafka
Il cibo e l'incipit de La Vegetariana
"Prima che mia moglie diventasse vegetariana, l’avevo sempre considerata del tutto insignificante. Per essere franco, la prima volta che la vidi non mi piacque nemmeno. Né alta né bassa, capelli a caschetto né lunghi né corti, colorito itterico e malaticcio, zigomi un po’ sporgenti: quella sua aria timida e giallognola mi disse tutto quello che mi occorreva sapere di lei". Cambiamo millennio, qui siamo alle prime righe de La Vegetariana di Han Kang, scrittrice coreana appena insignita del Nobel per la Letteratura.
Il cibo: l'arma per riaffermare il proprio corpo (e la mente)
Se Kafka raccontava lo spaesamento, la incapacità di interazione tra esseri umani, lo straniamento dell'individuo rispetto a una società che non accetta e da cui non è accettato, Kang graffia il tessuto delle più attuali e dilanianti querelle dell'essere umano. Oltre l'incomunicabilità, squarcia il velo della possibilità di scelta individuale brandendo a mo' di manifesto un incipit che ha la stessa forza dirompente di quello kafkiano. È un pugno, non allo stomaco ma diretto in piena faccia, l'inizio di questo racconto (che peraltro conta già 18 primavere sulle sue pagine) in cui la scrittrice parla in prima persona con la voce di un uomo: in pochissime righe pone già tutti i temi che dilaniano la modernità. Il rapporto uomo-donna, il matrimonio, i residui del patriarcato, il rapporto con il cibo e quello col proprio corpo (in primis la possibilità di deciderne), l'etica. La scelta su cosa e come mangiare diventa da una parte un gesto che rende una donna "interessante", che la fa uscire dall'ordinario e dalla sua opaca condizione di moglie. La decisione di non mangiare più né carne né pesce - che alla fine sarà scelta di non mangiare nulla e di assimilarsi agli alberi e alle piante - è un granello di sabbia che improvvisamente fa deragliare il treno delle convenzioni sociali, che mette in crisi rapporti definiti da sempre e che permette a una persona - una donna - di affermare la sua volontà su se stessa.
Trasformazioni, metamorfosi, essere
Kafka, che non ha mai pubblicato un libro in vita, non ha mai avuto il Nobel, neppure postumo. Kang è invece riuscita a fare breccia nel parterre dell'Accademia svedese. I tempi cambiano a velocità esponenziale, ormai, e ora potrebbero essere maturi per ripensare un po' tutta la nostra storia e la nostra esistenza.
Ora, nel romanzo che ha imposto la scrittrice coreana al mondo, il cibo e il suo significato per il corpo (corpo e mente sono la stessa cosa) diventa un'arma dirompente di cambiamento. Un'arma in un romanzo violento in cui la violenza non è esposta alla "maniera coreana" cui ci ha abituati la "haillyu" orientale (che pure di premi internazionali ne ha vinti e ne vince di continuo), ma una violenza che tocca lo stomaco in silenzio... Un fiore che sboccia (piccolo spoiler alla seconda parte del romanzo) e lascia intravedere interessanti tralci per una nuova visione del mondo.
Alla fine sia l'incipit di Kafka che quello di Kang parlano di trasformazioni, di metamorfosi, di dissoluzione... Di insostenibilità dell'essere...