Pernigotti. Dalla crisi alla ripresa
Riaprirà il 1 ottobre per iniziare un altro capitolo della sua lunga storia, ma già in queste settimane, allo stabilimento di Novi Ligure, c’è chi lavora per la produzione di gianduiotti e dolciumi per le prossime feste natalizie. E ora che il pericolo di delocalizzazione - con conseguente chiusura del quartier generale piemontese - sembra scongiurato, quasi un centinaio di dipendenti della Pernigotti tirano un sospiro di sollievo. La crisi era deflagrata con tutte le evidenze del caso l’autunno scorso, con l’annuncio drammatico della famiglia Toksov, attuale proprietà turca dell’azienda fondata da Stefano Pernigotti nel 1860: dopo più di 150 anni d’attività, lo stabilimento di Novi sembrava destinato a chiudere per ridimensionare i bilanci in perdita, nonostante l’intenzione di mantenere in vita il marchio (uno dei più celebri e longevi dell’industria del cioccolato italiano). Ma in Turchia. E invece, in extremis, il salvataggio auspicato allora dal sindaco della città, dai sindacati e dai lavoratori a rischio sembra essere riuscito.
Due imprese italiane per salvare Pernigotti
Il merito è di due imprese italiane, che escono fiduciose dalla trattativa intavolata negli ultimi mesi al ministero dello Sviluppo Economico (dopo l’istanza di cassa integrazione per reindustrializzazione): Spes e Giordano Emendatori si dividono così i rami dell’azienda, assumendo rispettivamente la guida del comparto di produzione di cioccolato e torrone, e di quello dei preparati per gelati. Nel caso di Spes, ci troviamo davanti a una cooperativa sociale torinese specializzata nella produzione di cioccolato, che dà lavoro a una trentina di persone con disabilità o ex detenuti, seguiti da chef e barman professionisti: oggi conta 6 cioccolaterie a Torino, dopo aver rilevato nel 2011, un altro marchio storico del cioccolato, Spes, per rilanciarlo nel segno di un progetto sociale. Mentre con Emendatori, fondatore romagnolo della Mec3 conosciuto come “il re dei gelati” (ora anche produttore di vino sangiovese biodinamico), il ramo Ice&Pastry di Pernigotti finisce idealmente a Rimini. Le due realtà, peraltro, sono intenzionate a procedere insieme, per valorizzare l’azienda con un piano unitario, rivela Antonio Di Donna (presidente e ceo di Spes) al Corriere della Sera, interpellato circa le prossime mosse per la ripresa delle attività allo stabilimento di Novi Ligure.
L’ipotesi della newco per il futuro di Pernigotti
Così, dopo aver firmato il contratto preliminare, i due imprenditori, che da Pernigotti (che resta in mano ai turchi) hanno ottenuto un’esclusiva di 10 anni per la produzione (Emendatori, nello specifico, rileva anche la proprietà delle strutture commerciali e produttive del distaccamento “Maestri gelatieri”), avvieranno una newco. Alla metà di settembre è prevista la firma del contratto definitivo, per presentarsi all’appuntamento con la ripresa a pieno regime delle attività il 1 di ottobre. Dunque Pernigotti continuerà a produrre i suoi storici gianduiotti, e tutte le altre specialità note del marchio, ma insieme, perché i conti possano tornare, inizierà a realizzare prodotti per altri soggetti, con l’ipotesi, persino, “di immaginare nuove assunzioni”, spiega Di Donna, deciso non solo a salvare l’azienda, ma anche a rilanciarla con forza sul mercato. La società turca, da par suo, continuerà a occuparsi di distribuire e commercializzare i prodotti in catalogo. E, per una volta, sembra possibile che tutte le parti in causa remino nella stessa direzione, in nome degli interessi dell’azienda. E di chi ci lavora. Un risultato importante, rubricato dal ministro Luigi Di Maio, circondato da cioccolatini Pernigotti distribuiti durante la conferenza stampa, come “accordo storico”. Fondamentale, però, l'aiuto dei fondi pubblici, previsti nel Decreto Crescita e promessi dall'attuale governo, che al momento, però, è impegnato a scacciare lo spauracchio della crisi.
a cura di Livia Montagnoli