Siamo stati da Uliassi proprio il giorno della premiazione a Las Vegas dei 50 Best, la classifica dei migliori (o con i migliori pr?) ristoranti del mondo dove il locale di Senigallia quest'anno si è piazzato alla 50esima posizione. Ci aspettavamo di non trovarlo, Mauro Uliassi, tenendo conto che moltissimi suoi colleghi chef erano presenti agli Oscar della ristorazione, invece eccolo lì, a salutare tutti i commensali presenti, tanti. Il locale era pieno. E chiedendo il motivo della sua presenza la risposta è stata naturale: «In Nevada c'è la “figliolanza”, io sto qui perché sarà una settimana bella tosta». Una risposta che ci ha spiazzato. Non avrebbe dovuto spiazzarci, lo sappiamo, così come non avrebbe dovuto modificare la nostra percezione del pranzo la sua ipotetica assenza, eppure non siamo così certi non lo avrebbe fatto. Ma questo è un altro discorso.
Uliassi. Lab 2024
Come è il nuovo Lab? Coraggioso, centrato, concettuale e al tempo stesso concreto, dove le temperature giocano un ruolo fondamentale, dove si dà nuova vita e nuova luce alla cosiddetta “cucina mare e monti”. Un degustazione di 10 portate (più l'immancabile wafer di nocciole e fegato grasso e la piccola pasticceria) a 260 euro sempre attento alla “musicalità” di piatti che si completano l'uno con l'altro in un percorso, il Lab per l'appunto, frutto di un'attività di ricerca distaccata dalla quotidianità del ristorante e che avviene durante la chiusura stagionale. Un'esperienza che consigliamo di fare, così come consigliamo a chi non è mai stato qui di optare per il menu classico, sempre a 260 euro.
Dice Uliassi: «Costruiamo i piatti concentrandoci su come i nostri sensi reagiscono a tavola. La vista è la prima cosa che ci colpisce quando arriva il piatto, riguarda il tipo di impiattamento, se è a strati o se aperto, la forma del cibo, le sue armonie cromatiche. L’olfatto è molto importante perché rende una pietanza non solo buona, ma anche emozionate. L’udito è il suono che il cibo fa quando lo mastichiamo, la sua musicalità. Il gusto è l’equilibrio dei 4 sapori di base: il dolce e il salato sono quelli su cui si basa la struttura più facile del gusto, sono i più semplici da percepire e amare, l’acido ha la funzione di pulizia, mentre l’amaro quella di far salivare e cioè di continuare ad avere voglia di mangiare». Infine, il tatto: «Non è solo ciò che si tocca, ma è anche la percezione che si ha del cibo attraverso la bocca, i denti, la lingua, la masticazione. La percezione delle consistenze, delle tessiture e delle temperature».
Concetto, quest'ultimo, espresso alla perfezione nella ventresca di tonno e olio di timiz, un pepe dalle note affumicate e che ricordano la resina. Un piatto freddo e al tempo stesso caldo al palato, grazie alla generosa quantità di grasso tra ventresca e olio, scioglievole ma che necessita di masticazione. Prima di approcciarsi al pesce consigliano di iniziare con il sorbetto al mandarino (nel cucchiaino adagiato sopra la ventresca) per preparare e resettare il palato. Consiglio prezioso.
Minestra di limoni
A seguire una minestra fredda di limoni, in sottili lamine tenaci, e fragole. Dove freddo e acido fanno da contraltare al piatto successivo: lumache, crispigni (erba selvatica) e terroso di muschio sotto forma di ariosa spuma su foglie di begonia. Una sola parola: terra. Tre parole per esprime la sensazione provata: qui e ora. Un piatto che stupisce, nonostante le lumache siano un ingrediente spesso utilizzato da Uliassi, nonostante questo piatto rispecchi appieno la cucina di Uliassi.
Dopo l'amaro è il momento della dolcezza con Peperoni, mandorle e vaniglia. Un abbinamento che abbiamo già sperimentato, qui enfatizzato dai peperoni cruschi, i cucunci essiccati e dal taglio delle mandorle (a lamelle) che “costringe” alla masticazione. Da qui la musicalità. Da qui la netta sensazione che il commensale sia parte attiva del pasto.
Una sensazione che abbiamo ben chiara pure nei due piatti successivi: Rane fritte, estragon, pompelmo e spuma di arancia e Saltimbocca di quaglia alla Senigalliese. Due piatti che attingono a tradizioni marchigiane, entrambi “componibili” e fruibili a piacimento del commensale. Il primo spinto nelle note citriche, il secondo (portato a tavola in una pentola Staub) più umami, con il tocco di senape wasabina che richiama un secondo boccone.
E poi un piatto (l'unico presente anche nel Lab 2023) che all'orecchio potrebbe incutere timore ai poco avvezzi - Rognone di pecora, gambero freddissimo e noce moscata – ma che al palato risulta equilibrato grazie agli eccessi: la temperatura ghiacciata dei gamberi stempera le note di ammoniaca del rognone (note che al tempo stesso si sposano alla perfezione con i frutti di mare) e la noce moscata a enfatizzare il tutto.
Conclude la sequenza salata la Tagliatella con ragù di pernice e tartufo nero. Il piatto meno “concettuale” e di puro godimento. Bene così. Sul fatto che sempre più chef concludano il pasto con la pasta (secca) ritorneremo.
Quest'anno ci hanno conquistato anche i dolci, opera del talentuoso Mattia Casabianca. Non che negli anni passati non fossero buoni, al contrario, ma nel Lab 2024 sono in perfetta coerenza con tutto il resto. Ode dunque alla Granita di albicocche con albicocche e zafferano e il Gelato di mandorla, mandorle, caffè e ciliegie. Tra l'altro bellissimo da vedere.