Tutto sulle farine. I protagonisti dell’arte bianca e il nuovo mondo del grano

9 Giu 2022, 12:58 | a cura di
Sembra facile: farine integre e lunghe lievitazioni e il gioco è fatto. Ma non è così, per nulla. C’è un mondo da scoprire e da conoscere per fare scelte appropriate e su misura, a seconda di cosa si voglia fare e come

Il mondo delle farine è un universo talmente immenso che è praticamente impossibile da sviscerare in un solo articolo. Facile così, direte voi. No, non è stato facile per niente, nemmeno concentrandosi solo su coloro che le farine le utilizzano, ovvero panificatori, pizzaioli e pasticceri. Non è stato affatto facile perché oggi i settori si intrecciano, le mansioni non sono più a compartimenti stagni e i confini fortunatamente si perdono. È il bello di questi tempi, dove sempre più panificatori si riscoprono contadini e dove i pizzaioli si dedicano alla panificazione con attitudine scientifica.

Le farine in commercio e le più utilizzate

“Esiste la grande gamma di quei cereali da cui poi si ricavano le farine che rientrano nell'ambito del frumento, in linea teorica dovrebbero essere grano tenero, grano duro e farro; anche se come categoria merceologica vengono prese in considerazione solo le prime due mentre le tre varianti del farro (monococco, dicocco e spelta) rimangono fuori dagli scaffali, così come anche la segale, forse per un fatto culturale, e l'orzo e l'avena, che sono poco lavorabili se non in determinate categorie di prodotti o all'interno di miscele di farine”, ci spiega Carlo Di Cristo, biologo e panificatore di Foorn a Mariglianella, in provincia di Napoli. “Per ogni tipologia di cereale, in particolare per il grano tenero e il grano duro esistono dei decreti legge che stabiliscono che cosa sia la farina integrale, di tipo 2, 1, 0 e 00, o cosa sia la semola integrale e la semola rimacinata”. Entrando nello specifico del grano tenero, che è quello più utilizzato in panificazione, la differenza tra le varie farine è legata alla quantità di ceneri presenti, il cosiddetto residuo: a seconda del tasso di ceneri viene denominata come integrale, tipo 1, 2, 0 e 00 a quantità decrescente di ceneri. Esiste anche la tripla zero che è ulteriormente setacciata per eliminare le ultime particelle cruscali.

Come scegliere la farina tra tipo 1, 2, 0 e 00

“Premesso che tutte le farine presentano delle problematiche, sicuramente con le farine setacciate si ha una maggiore facilità di lavorazione perché non esistono tante parti cruscali che possano rovinare la struttura. La presenza della crusca all'interno della farina, infatti, rappresenta un ostacolo perché le particelle cruscali possono disturbare la formazione della maglia glutinica. Poi, queste, sono anche le più attive dal punto di vista fermentativo; quindi, quando si utilizza una farina integrale bisogna avere un'attenzione diversa, delle tempistiche diverse e una spinta fermentativa diversa per ottenere un prodotto che sia all'altezza di un altro realizzato con la farina bianca. In genere quando lavoro con farine integrali aumento la quantità di agente di fermentazione, che può essere lievito compresso o lievito madre (nel mio caso il secondo), per accelerare la fermentazione perché, se allungo i tempi, subentrano altri fenomeni di acidificazione e il prodotto tende a diventare più pesante e ad andare oltre lievitazione”. Ci sono diversi segnali che indicano un prodotto andato oltre fermentazione: “Prima di infornarlo ti accorgi che la massa del tuo prodotto è come svuotata, il che significa che il tessuto interno si sta deteriorando e in genere più si deteriora, più le camere vuote (che contengono anidride carbonica) tendono a spostarsi verso l'alto. Dunque, un pane andato fuori lievitazione solitamente ha un impasto addensato nella parte bassa del pane e sopra presenta delle enormi caverne che qualcuno in maniera erronea confonde per alveoli, ma non è così. Poi te ne accorgi anche perché questo tipo di pane non tocca perfettamente il piano d'appoggio ma ha una concavità con la parte centrale sollevata (l'effetto contrario, ovvero quando si sollevano le due estremità, avviene quando il pane doveva ancora maturare e dunque è sotto fermentato, ndr). A livello organolettico la sovra fermentazione restituisce un pane con una mollica tutta ammassata nella parte centrale, fastidiosa da masticare perché è una specie di poltiglia. E in genere, sia che sia fatto con biga che con lievito madre, c'è un eccesso di acidità, un'acidità sgradevole. È un problema di tempistiche, non di lievito”. Nel pane solitamente le problematiche legate al lievito si percepiscono al gusto con l'amaro: se si percepisce l'amaro nel pane, il più delle volte è sintomo di uno scompenso del lievito madre che tende troppo al lattico, e solitamente avviene quando non c'è stato accorgimento nel curarlo.

a cura di Annalisa Zordan

scatti di Lido Vannucchi

QUESTO È NULLA…

Nel mensile di giugno del Gambero Rosso Simone Padoan, pizzaiolo de I Tigli a San Bonifacio, ci racconta dell’importanza di saper scegliere le farine adeguate al tipo di lavorazione, che sia per i biscotti o per il panettone; ci spiega cos’è un grano a tenore più o meno proteico, parametro imprescindibile e oggettivo. Tre esperti panificatori, Pasquale Polito (Forno Brisa a Bologna), Davide Longoni (Panificio Davide Longoni a Milano) e Matteo Piffer (Panificio Moderno) parlano della loro iniziativa di autoprodursi il grano in accordo con l’azienda agricola De Fermo in Abruzzo, che seppur meno conveniente è “l'unico modo per avere una filiera nostra su un territorio in cura nostra e con la varietà di grani che vogliamo noi. È un progetto agricolo”, spiega Longoni. Ma anche chi non ha i propri campi orienta la scelta verso farine di filiera, come Corrado Assenza o Francesca Casci Ceccacci. Attenzione però, perché essere piccoli mugnai non vuol dire sempre produrre farine di qualità. Nel nuovo numero di giugno del Gambero Rosso parliamo di lunghe lievitazioni e di digeribilità, e vi regaliamo una mappa delle pizzerie da non perdere in Italia!

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