L'Italia sta vivendo un paradosso economico: mentre l'industria è in recessione da 16 mesi e il settore delle costruzioni è in difficoltà, e pure quello dell'agricoltura rallenta, il turismo, in particolare quello proveniente dall'estero, è in forte espansione. Le presenze dei visitatori internazionali sono aumentate del 14% rispetto al 2023, e la spesa dei turisti stranieri nei primi due mesi dell'anno è cresciuta del 20% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Un incremento che potrebbe contribuire fino al 15% del Prodotto interno lordo italiano (Pil), un risultato che fa gola soprattutto nel contesto europeo dove l'Italia cresce poco, ma cresce, dietro a Irlanda, Lituania, Spagna e Francia. E comunque sempre meglio della Germania che, stando ai dati Istat ed Eurostat, gli istituti statistici dell’Italia e dell’Unione europea, rallenta segnando un meno 0,1% del Pil.
Più turisti, più disagi
Eppure, l'aumento del turismo ha anche degli aspetti negativi, come il fenomeno dell'overtourism, che sta diventando sempre più evidente in molte città italiane. A Roma, scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera, l'esplosione degli affitti brevi ha creato «un nuovo ceto diffuso di piccoli redditieri» che traggono profitto dalla domanda turistica, affittando appartamenti e seconde case a prezzi sempre più alti. Questo ha portato a una riduzione della disponibilità di abitazioni per i residenti, ha causato un aumento dei prezzi degli affitti e un peggioramento della qualità della vita per chi vive in città. Stessa cosa vale per gli studenti che da mesi - con la "protesta delle tende", iniziata già nel 2023 - chiedono interventi al governo per contrastare il caro affitti molto legato all'overtourism. Oltre a Roma, le classiche vittime dell'overtourism, in particolare secondo l'Indice Complessivo di Sovraffollamento Turistico (Icst) ideato da Demoskopika, sono Venezia, Milano e Firenze, ma anche Rimini e mete più inattese come Bolzano, Livorno, Trento e Verona.
Il caso Venezia
Emblema dell'invasione turistica è sicuramente la città di Venezia. Ormai mesi fa il sindaco Luigi Brugnaro e la sua giunta hanno imposto un ticket giornaliero per accedere alla città, con l'obiettivo di ridurre il cosiddetto "turismo mordi e fuggi", ovvero quei visitatori che girano la laguna in giornata e che non usufruiscono dei servizi di ospitalità per cui è obbligatoria pagare la tassa di soggiorno. La sperimentazione del biglietto si è conclusa a maggio: dopo 15 giornate (sulle 29 previste per il 2024 fino a luglio) i visitatori che si sono registrati in anticipo e hanno pagato 5 euro sono stati complessivamente quasi 248mila con un incasso di 1,24 milioni di euro. Se la media giornaliera degli ingressi a pagamento (16.527) è rimasta costante nelle 14 giornate che ci sono state da maggio fino a luglio, nelle casse della Serenissima sono arrivati 2,4 milioni di euro.
Eppure, il consigliere comunale Giovanni Andrea Martini, capogruppo della lista “Tutta la città insieme”, parla di «fallimento clamoroso». Il contributo d’ingresso infatti non sembrerebbe un freno all’iperturismo: gli arrivi registrati «sono numericamente superiori rispetto ad anni precedenti». Il 19 maggio, afferma Martini, Venezia ha visto «70mila ingressi» (somma a cui si giunge sommando i 18.191 paganti e 55.800 codici emessi per gli esenti ospiti in strutture ricettive), mentre «il 23 aprile dello scorso anno erano 66mila» e «il 2 giugno 2023, giornata di festa nazionale, erano 65mila». Anche Jan van der Borg, economista e docente dell'università Ca' Foscari di Venezia e a Lovanio, sostiene che il modello Venezia non funziona. In un'intervista a Repubblica, parlando del ticket giornaliero (qui per sapere come si compra), ha detto: «Far contribuire alle spese chi visita non è un'idea sbagliata, ma è stata implementata male, con un sistema pieno di esenzioni e dagli alti costi di gestione. Inoltre, non ha ridotto i flussi».
Ombrelloni e lettini pugliesi
Pure la Puglia è il simbolo (vittima?) dell'overtourism e dei risvolti negativi che può portare, come l'aumento enorme dei prezzi. Per un gazebo nelle spiagge "di lusso" della regione – che comprende un tavolino, quattro lettini, teli da mare e aperitivo – si possono spendere pure mille euro al giorno (ad agosto, si intende). Nei lidi "normali", quelli per famiglie per capirci, i prezzi sono comunque altissimi. Una giornata al mare in Salento può costare fino a 90 euro (qui la rilevazione di Altroconsumo). Questa è una delle ragioni per cui i pugliesi non vanno più in vacanza in Puglia. Decine di città di mare con acque fantastiche si sono trasformate in villaggi turistici, affollatissime, con spiagge invase di ombrelloni, lettini, sdraio (a prezzi da capogiro) e spiagge libere dove non c'è posto neppure per sedersi.
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Qualcuno aiuti Santorini
Molti paesi esteri hanno il nostro stesso problema. A Santorini, è notizia degli ultimi giorni, sono arrivati tantissimi turisti. «Se vi dovesse mai servire una definizione pronta, sintetica ed efficace di overtourism, potete usare questa: overtourism è quando su un’isola che normalmente ha 15mila residenti arrivano, in un giorno solo, 11mila turisti», si legge in un articolo di Rivista Studio. Non è un iperbole ma quello è successo nell'isola lo scorso 23 luglio.
Un sistema di prenotazione "democratico"
Secondo l'economista Jan van der Borg, non è semplice contrastare overtourism nelle città italiane invase durante i mesi estivi. Serve «un sistema di prenotazione con dei limiti che tengano conto della capacità di carico, e incentivino i visitatori a spostarsi dai periodi più frequentati a quelli più scarichi». Ci sono alcuni siti, come la Città proibita di Pechino o l'Alhambra di Granada, che «già lo applicano». Al momento, però, la misura non riguarda intere città o centri storici, «ma credo che in alcuni ci si arriverà inesorabilmente». Quanto al pagamento: «Nei musei si paga, penso che un contributo si possa chiedere anche a chi visita un centro storico», aggiunge.
Il sistema di prenotazione, dunque, permetterebbe alle città più frequentate durante le vacanze di tirare il fiato. «Qualsiasi destinazione - spiega - ha una soglia massima che si chiama capacità di carico, data dalle sintesi dei sistemi che offre ad abitanti, pendolari e turisti: trasporti, parcheggi, ristoranti, monumenti, spazi pubblici. Quando la domanda cresce troppo e uno di questi sistemi va in crisi nasce una conflittualità tra i locali e chi visita».
L'Italia a due velocità
Tornando ai numeri sul Pil, è indubbio che l'Italia viaggi a due velocità diverse: l'agricoltura mostra segni di calo strutturale, l'industria e la manifattura sono in declino, il turismo e i servizi professionali in crescita. Insomma, nonostante le difficoltà, la sintesi di queste due anime dell'economia produce una crescita modesta ma positiva. Secondo l'Istat e l'Eurostat, infatti, nel secondo trimestre dell'anno l'attività economica ha rallentato ma non si è fermata. L'Italia cresce meno della Spagna e leggermente meno della Francia e della media dell'area euro, ma continua comunque a crescere, a differenza della Germania. Il Pil è aumentato dello 0,2% rispetto al primo trimestre, che aveva già visto un progresso dello 0,3%. Il risultato, in ogni caso, è un bicchiere mezzo pieno. Per il futuro, sarà cruciale individuare nuovi motori di crescita, perché affidarsi esclusivamente al turismo comporta il rischio di creare posti di lavoro precari e mal pagati.