La dittatura del tramezzino: così il sandwich inglese ha monopolizzato il mondo (Italia inclusa)

23 Mar 2025, 11:52 | a cura di
Il tramezzino è stato inventato... in Inghilterra. E da lì ha conquistato il mondo. Solo che nel Ventennio, in Italia, ha dovuto cambiare nome e si è chiamato tramezzino. La sua fortuna!

Più o meno tutto l’universo commestibile è stato racchiuso tra due fette di pane. L’associazione più comune è quella con i salumi, ma non mancano le cotolette, le farinate di ceci, la frittata, il petto di pollo, fino ad arrivare al leggendario hamburger. Una trovata semplice, quasi banale: in fondo che ci vuole a tagliare in due un panino e infilarci qualcosa dentro? Addirittura in Italia città come Venezia e Torino si fanno la guetta per chi abbia inventato il tramezzino... Eppure la sua invenzione sembra avere nome e cognome, quello di John Montagu, IV conte di Sandwich (1718 -1792). E prima? 

Tramezzini dolci giapponesi: successo planetario per il panino "rinominato" in Italia nel Ventennio e nato in Inghilterra come Sandwich

Quando il panino non esisteva

Oggi sembra normale girare per Roma e trovare decine, centinaia di tramezzini, tanto da farne una sorta di simbolo della città. Prima della metà del Secolo dei Lumi, però nessuno parla neppure di panini imbottiti, né tantomeno di sandwich (ovviamente) e tantomeno di tramezzini... In precedenza il pane poteva essere usato come supporto per il cibo, anzi esistevano alcune forme piatte e larghe progettate apposta per questa funzione, ma rimanevano aperte. Anche le semplici fette di pane potevano assumere quel ruolo, diventando crostini o, al limite, tartine.
Il testimone più illustre di questo uso è Domenico Romoli che nel suo ricettario del 1560 descrive alcune ricette di “Pane unto” farcite con mozzarella fusa o sottili fette di guanciale grigliato. Non a caso era proprio “Panunto” il soprannome del celebre cuoco rinascimentale. Esistevano poi piccole e grandi forme di pasta di pane ripiene e cotte al forno o fritte, simili a torte salate o “empanadas”, molto comode per essere trasportate: niente a che vedere, però, con i panini. O almeno così sembra.
Forse nel passato l’idea di racchiudere il cibo tra due fette di pane è venuta anche ad altri, ma non ha lasciato alcuna traccia. Nessuna descrizione di “oggetti culinari” di questo tipo appare nei libri di cucina o nelle cronache. Anche se ci fossero stati esperimenti del genere, non hanno avuto la forza di influenzare la gastronomia in maniera permanente. Oggi, invece, metteremmo proprio di tutto in un tramezzino!

Il conte di Sandwich e l'invenzione del panino

La prima fonte che cita il Conte di Sandwich (militare, politico e diplomatico britannico) come inventore dell’omonimo panino è una guida alla città di Londra del 1772, quando John Montagu era ancora in piena attività, ma evidentemente aveva già lasciato un’impronta indelebile nella moda culinaria dell’epoca. L’autore attribuisce al politico britannico l’invenzione del panino, pur senza farne il nome: "Un ministro di stato trascorse ventiquattro ore a un tavolo da gioco pubblico, talmente assorbito dal gioco che, durante tutto quel tempo, non si nutrì altro che di un pezzo di carne, tra due fette di pane tostato, che mangiò senza mai lasciare il gioco. Questo nuovo piatto divenne molto di moda durante la mia permanenza a Londra: fu chiamato con il nome del ministro che lo inventò".
Oltre a essere ricordato come un accanito frequentatore del tavolo verde, John Montagu è passato alla storia anche come politico corrotto e per avere perso la guerra navale contro gli Stati Uniti. Una carriera non invidiabile, anche se recentemente alcuni storici hanno cercato di riabilitarne il nome. A lui però si deve l’invenzione del sandwich e non è cosa da poco. Come sosteneva Anthelme Brillat-Savarin: "La scoperta di un manicaretto nuovo fa per la felicità del genere umano più che la scoperta di una stella".

Il successo di un finger food aristocratico

Pochi anni più tardi appaiono le prime descrizioni, come quella inserita nel Classical Dictionary of the Vulgar Tongue del 1788, dove viene registrato il nuovo termine lessicale: "Sandwich. Prosciutto, lingua stagionata o altra carne salata, tagliata sottile e messa tra due fette di pane imburrato: dicono che sia il boccone preferito del Conte di Sandwich".
Per diversi anni i panini inglesi non si discostarono molto da questo standard e i salumi preferiti per la loro realizzazione rimasero il prosciutto, oppure la carne di manzo salata (tipicamente la lingua). Negli anni ‘20 dell’Ottocento iniziarono a comparire soluzioni più raffinate, come il petto di pollo o di fagiano spalmati di besciamella insaporita con il fondo di cottura della carne, oppure i sandwich con farciture a base di sogliole cotte al burro o gamberetti.
La maionese, che avrebbe invaso il campo dei sandwich di lì a poco, stava muovendo ancora i primi passi in Francia grazie a Marie-Antoine Carême, ma nel frattempo i ricettari inglesi sperimentavano salse a base di tuorli d’uovo sodo, senape, aceto e olio, oppure realizzate mescolando il burro con tuorli freschi e pasta d’acciughe.

Semplice, comodo, pulito: il panino vince

Alla base della diffusione del sandwich ci sono le stesse ragioni che lo fanno apprezzare ancora oggi. Semplice e comodo, permetteva di mangiare con le mani senza timore di sporcarsi e non richiedeva l’uso di posate. Queste caratteristiche lo posero in cima alle preferenze, insieme alla frutta e ai pasticcini, quando si trattava di organizzare ricevimenti e feste da ballo, come ci ricorda Louis Eustache Ude, il cuoco francese che cucinava per la nobiltà britannica. 

Pellegrino Artusi e il sandwich italiano

L’autore che contribuisce più di tutti a rendere popolare questa preparazione è Pellegrino Artusi, grazie alla sua spiegazione semplice e lineare, inserita già nella prima edizione de La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene: “Sandwichs. Possono servir di principio alla colazione o di accompagnamento a una tazza di thè. Prendete pane finissimo di un giorno, o pane di segale, levategli la corteccia e tagliatelo a fettine grosse mezzo centimetro e all’incirca lunghe 6 e larghe 4. Spalmatele di burro fresco da una sola parte e appiccicatele insieme mettendovi frammezzo una fetta sottile, o di prosciutto cotto grasso e magro, o di lingua salata”.
Mentre le cucine eleganti rimangono fedeli al sandwich inglese, in Italia si assiste alla nascita del panino, una sorta di fratello povero dai tratti popolareschi. Praticamente assente in tutti ricettari ottocenteschi, la sua presenza si può rintracciare solo nelle cronache e nei racconti a partire dalla metà del XIX secolo. Lo troviamo nei resoconti della guerra garibaldina in Tirolo, oppure nelle escursioni degli alpinisti sui monti laziali – accompagnato da uova sode e vino – fino a comparire nel Giornalino di Gian Burrasca di Luigi Bertelli ai primi del Novecento.

Dal panino gravido al Club Sandwich

In questi casi la dizione è ancora quella toscana di “panino gravido”. Un vocabolo destinato a scomparire, sostituito dal più rassicurante “panino imbottito” di origine romana.
I piccoli panini venivano tagliati a metà e imbottiti, oppure svuotati della mollica tramite una piccola apertura e riempiti con caviale, spuma di pollo, prosciutto o selvaggina. Una svolta raffinata che lo metteva sullo stesso piano gastronomico del più celebre antenato.
Pur rimanendo legato ai suoi natali aristocratici e alla matrice anglosassone, anche il sandwich si avvicina al panino nell’uso quotidiano, soprattutto quando sbarca negli Stati Uniti. 
Nei ricettari dell’epoca, sotto il nome di “Club sandwich” si trovano diverse preparazioni come il “Mutton club sandwich” datato 1894 che, come si può intuire dal nome, racchiude qualche fetta di carne di pecora fredda, pomodoro e paprika tra due dischi di pane scuro. Qualche anno più tardi, nel 1901, il ricettario How to cook for the sick and convalescent indica con lo stesso nome una farcitura di pollo freddo, lingua di manzo, lattuga e maionese tra due fette di pane scuro imburrato.

Sandwich inglesi per accompagnare il tè

“L’invenzione” del tramezzino

La svolta più importante del sandwich in Italia sarà invece sotto il profilo linguistico. Già in tempi non sospetti il nome inglese veniva storpiato, portandolo a sonorità più latine, ma con esiti poco entusiasmanti, andando da “sanguiccio” a “sangueviccio”, fino al “sanduiccio” usato da Alberto Cougnet. Con l’avvento del regime fascista e il suo programma di autarchia linguistica le cose si complicano non poco. A partire dagli anni ‘20 nacque un largo fronte che si batteva contro i forestierismi nella lingua italiana e fu supportato da alcune leggi, prima nel 1923 e poi nel 1937, che prevedevano sanzioni per le parole straniere usate nelle insegne o per le denominazioni commerciali.
Verranno banditi così gli “esotismi”, ovvero tutte le parole straniere presenti del linguaggio comune, costretti a trovare un italianissimo sostituto. Sono diversi i termini a seguire la stessa sorte: per rimanere in ambito culinario, il cocktail diventerà “bevanda arlecchino”, lo champagne “sciampagna”, la brioche “brioscia”, il toast “pantosto” e il dessert “fin di pasto” (questi ultimi senza grande successo).
Il sandwich non poteva certo passare indenne, pertanto venne coniato il fortunato termine “tramezzino” che sembra essere scaturito dalla fantasia di Gabriele D’Annunzio. Purtroppo non ci sono certezze nemmeno in campo linguistico e anche il dizionario Panzini che lo registra per la prima volta nel 1935, indica il nome del Vate con un punto interrogativo.

L'inutile disputa tra Venezia e Torino

Una domanda che si sente spesso, è se il tramezzino sia nato a Venezia oppure a Torino. Le due città hanno elevato il tramezzino a simbolo dell’aperitivo e dello spuntino veloce, facendone un prodotto identitario. L’oggetto in sé è un sandwich, anche se si può notare un certo margine d’inventiva, soprattutto a Venezia dove è stato ripensato in una golosa forma panciuta.
L’attuale rivalità delle due città si riflette anche sulla narrazione della specialità che si vorrebbe riportare in Italia a tutti i costi. Alcuni storici bar ne hanno reclamato la primogenitura, come il Caffè Mulassano di Torino che è arrivato a esporre una targa dove si legge: "Nel 1926, la signora Angela Demichelis Nebiolo, inventò il tramezzino". Che sarebbe un po’ come intestarsi l’invenzione del croissant semplicemente chiamandolo cornetto. Ovviamente la supposta invenzione del tramezzino può essere solo linguistica, perché negli anni Venti il sandwich circolava in Italia già da quasi un secolo.
Oggi vediamo l’Inghilterra come un paese che non ha nulla da insegnare sul piano gastronomico. Magari è stato vero per gli scorsi decenni, ma nel Settecento la situazione era completamente diversa. Pur subendo una pesante influenza francese – come d’altronde la maggior parte d’Europa – il pragmatismo britannico ha saputo inventare un modo di mangiare che ha avuto un impatto come poche altre scoperte culinarie, cambiando per sempre le nostre abitudini.
Quando addentiamo un panino, un toast, un hamburger o un tramezzino, dovremmo sempre ricordarci di John Montagu, IV conte di Sandwich e della sua passione per il tavolo da gioco.

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram