La tragedia ecologica del tonno rosso, un affare globale tra lusso e profitto

9 Mar 2025, 14:05 | a cura di
Un tempo simbolo di abbondanza e nutrimento per le civiltà rivierasche, il tonno è diventato il fulcro di un commercio insostenibile

Il Mediterraneo, culla millenaria di civiltà e biodiversità, è oggi teatro di una rivoluzione industriale che sta trasformando uno dei suoi simboli più antichi: il tonno rosso. Quello che un tempo era un pesce mitico, nutrimento delle comunità costiere, oggi è diventato un prodotto di lusso, un "oro rosso" conteso dai mercati globali e allevato in enormi gabbie galleggianti che stanno progressivamente sconvolgendo gli equilibri marini.

Un sistema economico spietato

Con un'inchiesta durata mesi realizzata dai giornalisti di Le Temps, importante quotidiano svizzero online in lingua francese, e riportata su Internazionale, i reporter hanno calcolato la totale insostenibilità del sistema, a partire da un dato clamoroso. Dietro ogni chilo di tonno rosso esportato si nasconde un meccanismo economico che potrebbe essere definito predatorio.

Basti pensare che, per produrre una tonnellata di tonno ingrassato, vengono sacrificate circa 15 tonnellate di pesce azzurro - sardine, acciughe, sgombri - in un rapporto di conversione che supera di gran lunga qualsiasi logica di sostenibilità. Nel 2024, dal Mediterraneo sono state esportate tra le 45 e le 50mila tonnellate di tonno, consumando l'equivalente di oltre un terzo dell'intero stock di pesce piccolo pescato nell'area.

Malta: l'epicentro del business

La piccola isola mediterranea è diventata l'hub mondiale dell'allevamento intensivo di tonno. Con sole 26 gabbie di ingrasso, Malta gestisce un'industria che vale centinaia di milioni di euro. Ogni giorno, cinquecento tonnellate di pesce congelato partono dal porto di Marsaxlokk per nutrire questi "allevamenti marini", in un'operazione che ricorda più una fabbrica che un ecosistema naturale.

La catena del lusso globale

Il viaggio del tonno è, insomma, un racconto di disuguaglianze globali. Catturato nel Mediterraneo, ingrassato artificialmente, esportato in Giappone, Corea e Stati Uniti, dove può raggiungere prezzi da capogiro. Sembra che possa arrivare a costare fino novemila euro al chilo all'asta di Tokyo. Una follia per un pesce che compie migliaia di chilometri, consuma risorse e genera un'impronta carbonica devastante, per soddisfare un mercato di nicchia.

Una storia che ha dell'incomprensibile, soprattutto per gli scienziati e i biologi che sollevano allarmi sempre più pressanti: i tonni rossi, infatti, sono creature straordinarie e nell'ecosistema marino svolgono un ruolo cruciale di ricambio nutritivo e ossigenazione. L'attuale sistema di allevamento, però, che li cattura prima che raggiungano la maturità, interrompono cicli biologici millenari.

Emanuela Fanelli, biologa dell’università delle Marche ed esperta di ecologia marina, intervistata dai giornalisti, parla di "acquacoltura di predatori apicali" come un modello totalmente insostenibile. Mentre Marcel Kroese, rinomato biologo sudafricano e consulente per le politiche marittime per governi e ong, paragona questo sistema a "un'aberrazione come allevare leoni per la carne, sacrificando migliaia di gazzelle".

Un problema di giustizia globale

L'intera filiera rappresenta un esempio di sfruttamento coloniale delle risorse marine. La richiesta di sushi e sashimi nei mercati di lusso, come anche il cacao in Africa, ha creato un sistema insostenibile che impoverisce le comunità locali e i pescatori tradizionali che vengono progressivamente espropriati dei loro mari, mentre circa sei aziende, riconducibili a una decina di famiglie, gestiscono un business miliardario.

È necessario un cambiamento, l'industria del tonno rosso si trova a un bivio: gli esperti avvertono che, continuare su questa strada significa condannare un intero ecosistema marino al collasso. Un racconto questo, che va oltre il pesce, ma diventa la triste metafora di un sistema economico globale che sempre di più si allontana dalla sostenibilità ambientale e sociale.

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