Mentre il cibo costa sempre di più e il "patto anti inflazione" farà risparmiare appena una fetta di prosciutto all'interno di un carrello della spesa a prezzi calmierati o scontati (come scrive in un servizio sul campo, scontrini alla mano, Filippo Santelli sul quotidiano la Repubblica), il food sta diventando sempre più un terreno di confronto politico: non tanto in concreto, quanto sulla metafora del confronto tra schieramenti e ideologie.
Il riflusso nel privato degli Anni '80
Una volta - erano gli Anni '80, nascevano il Gambero Rosso e Slow Food - il mangiare, la tavola, la cucina e il vino entravano con forza nella dimensione politica degli italiani e si facevano terreni di passione nel quadro di un ritorno al privato che - dopo le sbornie degli anni '60 e '70 - hanno impresso il segno e definito quella stagione politica e sociale. Erano gli anni di Ciarla a Roma dove si brindava ai fasti craxiani. Era l'inizio di Vissani che di lì a breve passerà poi alla storia con il cuoco del risotto per D'Alema. Di lì a poco emergerà anche Antonello Colonna, che sarà invece "lo chef della Destra".
Se la politica si affida alla pesca di Esselunga
Oggi invece "fa politica" la pesca di Esselunga: se ne discute animatamente (e animosamente) sui social; interviene anche la premier Meloni che scrive su X (ec twitter): "Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante". E le fa eco Michela Brambilla (Forza Italia): "È un’ottima cosa che l’attenzione sul tema sia richiamata dalla catena di supermercati ben radicata nel centro e nord del paese, dove tradizionalmente i matrimoni 'tengono' di meno». La pesca, il frutto, dunque. Che subito però diventa arma di contesa politica. Tanto che Matteo Salvini, in una dimostrazione anti-sinistra (giudicata troppo buonista e melensa) si fa fotografare con un carrello della spesa e dichiara: "Niente pesche, ma tanta roba!". Mentre riempie a manate il carrello di marroni (castagne!). Ma gli risponde Carlo Calenda tranciante: "Caro Matteo, non ci rompere le palle e vai a lavorare". E poi, a Paestum, c'è Licia Ronzulli, Presidente dl gruppo forzista a Palazzo Madama, che dalla kermesse di Forza Italia si lancia in un intervento tutto recitato con una pesca in mano: "Da giorni la sinistra si accanisce su una pesca e su un riuscitissimo spot pubblicitario, peraltro facendo dei parallelismi improbabili con il governo dimostrando di non avere ricette credibili per gli italiani - dice - Sono talmente ubriachi di ideologia da aver scambiato l'inclusione con l'imposizione di un solo modello di famiglia e di società, ma noi siamo per i diritti sì ma anche per i doveri, perché un mondo di soli diritti sarebbe ingovernabile".
Il cibo torna campo di battaglia ideologica
Insomma, dai cinghiali ai granchi blu, dal pesto genovese - vi ricordate la polemica tra il leader delle Sardine e i leghisti? - allo scivolone del ministro Lollobrigida sui poveri che mangiano meglio dei ricchi, ormai il food, la tavola, sono diventati nuovi campi di battaglia politica, usciti dal privato e ributtati nell'agone di un Paese che fa polemiche invece di pensare seriamente a come rilanciare, tutelare e far fruttare un vero tesoro di tradizioni e di biodiversità che dovrebbe essere patrimonio di tutti e non tirato di qua o di là.