Che vitalità nella pizza italiana. Aperture su aperture, tanti giovani con voglia di emergere e di far emergere i propri territori. Forse non c’è campo della ristorazione (insieme ai cugini panificatori) che, in questi anni, stia facendo - collettivamente - tanti sforzi in direzione della valorizzazione agricola, del recupero della biodiversità e dei ricettari dimenticati. I maestri visionari, come Gabriele Bonci e Franco Pepe (non a caso entrambi al vertice di Pizzerie d'Italia 2025), hanno trascinato il settore con il loro esempio, anche quando quasi nessuno li capiva (e ci credeva).
Il caso Calabria
Oggi ci troviamo di fronte a interi areali che sgomitano: la Calabria è un esempio tra i più virtuosi. Una regione che, grazie ai suoi pizzaioli, sta facendo passi da gigante nel settore, portando alla ribalta un patrimonio straordinario di prodotti. Abbiamo fulgidi esempi tra i premiati, come Daniele Campana, instancabile ricercatore di calabresità, che in questa edizione porta a casa oltre le Tre Rotelle per il suo primo locale, Campana Pizza in teglia, anche i Tre Spicchi per il nuovo Campana 12. Altro premio in regione a Bob Alchimia a Spicchi, di Roberto Davanzo e Anna Rotella, che scala la classifica e guadagna il Premio Speciale Miglior Servizio di Sala. Riconoscimenti anche per Da Filomena a Castrovillari: Filomena Palmieri e suo figlio Giuseppe Di Gaetani in questa edizione ottengono il Premio Speciale Le Pizze dell’Anno per la loro schicculiata, specialità che fa rivivere l’antica pizza locale cotta nel ruoto.
Il mantra del territorio
Lo sguardo approfondito alle tradizioni antiche e al paniere locale ci appare come il filone più contemporaneo e foriero di creatività rintracciabile nella pizza oggi. Messi da parte barocchismi che hanno fatto il loro tempo, la semplicità e la nettezza dei sapori e delle idee vincono. Non è un caso che si rifacciano a questo percorso anche le altre specialità che in questa edizione della guida Pizzerie d'Italia abbiamo premiato come Pizze dell’Anno: la Pizza Piacentina di quel fenomeno di Stefano Chieregato, che nel menu di Chiere, a Piacenza, propone la sua ottima rivisitazione del tortello piacentino; il profumato Sfincione Fenicio di Dario Genova, alla pizzeria Ozio Gastronomico di Palermo, ispirato allo sfincione bianco bagherese; la Marinara Cotta Cilentana di Baita al Cotruzzo, tra le alture di Roccadaspide, che sulla tonda concentra grandi sapori di un tempo, dal pomodoro cotto lentamente in terracotta alle alici ammollicate, passando per l’origano selvatico sbriciolato al tavolo. Precisione e territorialità anche in avanguardie come quella di Alessandro Santilli da Frumentario a Roma, che sulla pizza al taglio fa un lavoro di alta cucina – premiata la sua teglia Cardoncelli, pomodori, prezzemolo e yogurt di bufala – o di Luppolo&Farina a Latiano: nella pizza dolce Come Un Caffè Leccese Cristiano Taurisano si cimenta in una rivisitazione riuscitissima della nota bevanda salentina. Sempre in Puglia, altra regione che sulla valorizzazione della sua biodiversità territoriale sta facendo passi da gigante, va il premio speciale Pizza e Territorio: è Vincenzo D’Apote a portare avanti un lavoro encomiabile sull’areale del Lago di Lesina, nel foggiano, con la sua Cruna del Lago.
Alta ristorazione in pizzeria
Tanto è sfidante e affascinante il terreno pizza che sempre più chef hanno cominciato a cimentarsi con essa – qui, qui e qui trovate alcune delle storie che abbiamo raccontato recentemente - affascinati sia dalla magia degli impasti, che dalla conquistata libertà nei condimenti, in un contesto che raggiunge i grandi numeri, molto più divulgativo rispetto al fine dining. La pizzeria oggi è un sistema complesso nel quale, chi vuole può puntare in alto come e più della grande ristorazione. Date un'occhiata al lavoro di sperimentazione che si fa in alcune insegne (ad esempio da Premiata Fabbrica Pizza di Bassano del Grappa, che ha meritato il premio speciale Ricerca e Innovazione). Pensiamo alle sfide della sala, all’utilizzo dell’extravergine che si fa in insegne top, ma anche agli abbinamenti. Carte del bere come quella de Il Corso, a Bolzano, o di Sant’Isidoro Pizza & Bolle, a Roma – premiati con il premio speciale La Migliore Carta delle Bevande – sono una punta di diamante di un settore che ormai cura tutto al cesello e, anzi, fa da apripista al nuovo, come nel caso del pairing con i cocktail nei quali le pizzerie sono, ancora una volta, molto avanti (il premio per la Migliore Proposta di Bere Miscelato lo vince in questa edizione Elementi Cocktail&Pizza di Barberino del Mugello e Prato).
Lo spettro dell’omologazione
La vulgata delle tecniche e del prodotto porta con sé, però, dei rischi di banalizzazione su larga scala. I menu traboccano di pomodori e mozzarelle dop, di grani antichi, di gamberi rossi, di burrate e stracciatelle, insieme a granelle di pistacchio che non basterebbe l’intero Mediterraneo a produrre. I nostri ispettori, dopo 12 anni di guida, lo hanno chiaro: una fascia di ingredienti di livello medio ha conquistato i grandi numeri, e questo è un bene, con il risvolto, però, della standardizzazione dei sapori. Per questo, nella nostra piccola selezione (750 pizzerie sulle oltre 183mila esistenti in Italia, secondo gli ultimi dati del CNA) non ci basta che si usino determinati prodotti noti (e magari non tutti insieme sulla stessa pizza!), così come non ci basta che si faccia quella ricetta o si usi la tecnica che va di moda: siamo forse scampati alla mania del lievito madre utilizzato a caso, siamo ancora nel pieno della pandemia di alveoli e crunch. Si fa un gran parlare di social e influencer, di quanto persone di non provata competenza siano entrate nel mondo dell’enogastronomia senza avere gli strumenti culturali per veicolare messaggi giusti. D’accordo. Ma non abbiamo ancora assistito a una presa di coscienza di quanto reel e post abbiano modificato il mondo della ristorazione. Pizze stracariche di ingredienti, fritti cremossimi, basi in doppie, triple, quadruple cotture, padellini gourmet. Certe volte sembra che nei piatti ci stiano servendo direttamente la strategia di marketing di qualche consulente.
Come cambia il lavoro in pizzeria
Il lavoro di pizzaioli e pizzaiole e l’organizzazione dei laboratori sono cambiati. Laboratori, cucine, tecnologie: la conoscenza dei processi, sfruttando precotture e temperature controllate, aiuta a ottimizzare il lavoro, ad abbattere gli sprechi e a potenziare alcune caratteristiche degli impasti. Ma questo approccio non si improvvisa e non è per tutti. Chi vuole intraprendere una strada simile deve andare in pellegrinaggio a San Bonifacio da Simone Padoan per vedere all’opera chi, trent’anni fa, ha rivoluzionato un mondo. A lui va il premio speciale Maestri dell’Impasto – ma I Tigli fanno il pieno, anche con il premio alla Migliore Carta dei Dolci, curata dalla pastry chef giapponese Aki Noine – in questa edizione della guida Pizzerie d’Italia, premio che condivide anche con un altro nome che ha segnato la storia della pizza contemporanea, Giancarlo Casa e la sua Gatta Mangiona di Roma, che quest’anno compie 25 anni.
L'importanza dell'identità
Ma allora chi lavora tradizionalmente tra banco e forno è sorpassato? La risposta è NO, anzi. Una grande pizzeria non dipende da quanti impasti si gestiscono o da quante rarità si mettono nei condimenti. Vorrebbe dire cancellare la storia: secoli di gesti tramandati, di memoria artigiana, pezzi interi di cultura che da una città, Napoli, (a proposito, novità della guida un piccolo spaccato delle pizzerie storiche napoletane) hanno contaminato il mondo. Prova ne sia che tra i nuovi Tre Spicchi della nostra guida ci sono i fratelli Tutino di Bro, a Napoli, che hanno riportato alla ribalta la ruota di carro, gloria della pizzeria tradizionale. Tecniche, materie prime, ricette, tutto va utilizzato con criterio, in relazione alla propria storia e alla propria identità. Ecco l’identità. Noi ricerchiamo, e premiamo, chi fa un lavoro di coerenza, chi mette al centro l’identità, la personalità, le idee, una visione di lungo periodo, anche a costo di non accarezzare il trend del momento e correre qualche rischio in più.