Gli Stati Uniti scoprono la cucina povera italiana: il sugo finto diventa protagonista del New York Times

22 Ott 2024, 13:34 | a cura di
Un ragù vegetariano antichissimo, che per i colleghi statunitensi è il perfetto piatto autunnale, così goloso da mangiare in piedi in cucina appena fatto. Il New York Times omaggia il sugo finto toscano

Un tempo eravamo tutti vegetariani. Okay, non proprio, però la carne era un vero lusso e i nostri nonni lo sanno bene: è così che è nata la cucina povera italiana, quella delle campagne, delle famiglie contadine che con un po’ di pane raffermo, qualche verdura dell’orto e tanto ingegno hanno messo insieme piatti straordinari. Tra questi c’è il mitico sugo finto toscano, ora scoperto e celebrato anche dal New York Times.

La ricetta contadina celebrata dal New York Times

«Si chiama cucina povera, ma in pratica significa cucina frugale, parsimoniosa e senza sprechi» scrive Sam Sifton sul quotidiano statunitense. «Io la considero la cucina di chi ancora una volta si è dimenticato di prendere le salsicce durante la spesa settimanale, chi non ha un chilo di carne di scorta in congelatore, chi arriva la domenica pomeriggio con solo un mucchio di verdure vecchie in frigo». È in questo filone che si inserisce la pasta al sugo finto, una salsa di pomodoro ricca di sedano, carote e cipolle: la classica base del soffritto che però in questo caso è presente in proporzione maggiore, andando a simulare i pezzetti di carne del ragù.

Il perfetto piatto autunnale

Il New York Times consiglia di aggiungere anche un po’ di funghi al sugo e spolverare il tutto con parmigiano grattugiato e pangrattato aromatizzato alle erbe aromatiche. «È il perfetto pasto autunnale, uno di quelli che potresti mangiare direttamente in piedi in cucina mentre parli al telefono con tuo figlio». Si chiama sugo finto ma è una pietanza «piena di sapore vero», una delle ricette più antiche della tradizione, particolarmente legata alla Toscana ma preparata anche altrove. Tipicamente si fa con pomodori pelati e un po’ di concentrato, ma come per tutti i piatti della cultura contadina, non ci sono regole precise: l’unica raccomandazione è di usare quello che si ha in dispensa, così da avere una ricetta antispreco, povera e golosissima.

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