Solo visitando lo stato di Oaxaca e calpestando le terre dove crescono le imponenti piante di agave, si può dare pieno senso al significato di sacralità legato al mezcal. È il distillato più in voga del momento, apprezzato per le sue qualità organolettiche ma di cui spesso si ignorano origini e storia. Ed è qualcosa che assolutamente vale la pena scoprire.
Iniziamo col darne una connotazione spazio temporale. Il mezcal (che si pronuncia con una delicata s al posto della z) ha origini antiche e mitiche, la pratica della distillazione era diffusa in Messico già prima della conquista spagnola del 1521: reperti archeologici rinvenuti nelle grotte tra i siti di Yagul e Mitla testimoniano che la coltivazione dell’agave risale a circa 10.000 anni fa. C’era – e c’è ancora, la troverete raffigurata da murales o su illustrazioni, o semplicemente ve ne parleranno – la dea Mayatl, la “donna agave” che nutriva il suo popolo con 40mila seni dai quali sgorgava il mezcal; prima ragione per cui il può essere considerato una bevanda mistica e magica.
Dal “pulque” al successo
Un tempo si beveva il pulque, succo di agave fermentato che divenuto alcolico ubriacava, e che ancora oggi tra i mercati dei paesi colorati viene venduto nei tipici recipienti ricavati dal guscio della jicara essiccata (specie locale di zucca).
Prima dell’arrivo dei conquistadores, c’era quindi una bevanda più simile a un "vino" d’agave: gli aztechi lasciavano fermentare la pigna dell’agave dopo averla cotta, fino ad ottenere una bevanda che alleviasse dolori e tristezze. Nella cultura azteca, durante le sedute di bevute, il primo a ubriacarsi ospitava lo spirito della dea Mayatl. Una bevanda che piacque così tanto agli spagnoli tanto da migliorarla portando in Sudamerica gli alambicchi e cominciando a distillare il pulque fino arrivare alla nascita del mezcal, circa 400 anni fa.
Oggi è un distillato di successo, le cui marche più importanti sono reperibili in quasi tutto il mondo (Los Danzantes, Alipús, Los Siete Misterios per esempio) ma che spesso riesce a mantenere un’identità decisamente artigianale, e addirittura ancestrale, nei metodi di produzione e ancora circoscritto nei confini nazionali se facciamo riferimento ai produttori più piccoli e meno conosciuti.
Da Oaxaca a Durango
Per intendere tutto questo potrete sì leggere, ma dovrete arrivare nello stato di Oaxaca per assorbirne l’essenza più completa e appagante. Dalla sua omonima capitale, città ormai di un milione di abitanti, attiva e divertente dove ovviamente tutto parla di mezcal e che dista un paio d’ore dalle diverse valli dove la magia prende forma, parte il nostro viaggio. È in questa porzione a sud del Messico che siamo andati alla scoperta di alcuni dei più interessanti produttori artigianali, nonostante gli stati dove è ammessa la produzione del distillato di agave siano ben 9: il più famoso Oaxaca, poi ci sono Guerrero, Puebla, Michoacán, Guanajuato, San Luis Potosí, Zacatecas, Durango, Tamaulipas (anche se le origini della produzione di mezcal si rintraccino nello Jalisco e Tlaxcala).
Ma cos’è il mezcal?
È l’acquavite messicana ottenuta dalla fermentazione e dalla distillazione del succo delle agavi coltivate all’interno degli stati autorizzati dalla legge. A caratterizzarlo – e a distinguerlo dal tequila che viene prodotto in un territorio molto più circoscritto (quello di Jalisco) e con una sola varietà d’agave chiamata Tequilana Weber Azul – è sia l’agricoltura, sia la produzione identitaria del tutto appartenente ad ognuno dei palenqueros. Dopo anni (almeno 6-8 per la più precoce e diffusa espadin) le piante d’agave sono pronte per donare il loro cuore, la pigna, che raccolta viene trasportata nei palenques (le distillerie) per essere posta nei tradizionali forni a forma conica scavati nella terra (misurano più di 3 metri di diametro e 2,5 metri circa di profondità, piastrellati di pietre che si preriscaldano 24 ore prima di depositarvi in maniera molto precisa e metodica le pigne rotte in due-quattro parti) dove viene “cotta” per due-tre giorni utilizzando legno di encino, il tutto coperto alla perfezione creando un contenitore privo di ossigeno. Ognuno con i propri saperi e usanze, estraggono le pigne dai forni e le lasciano riposare all’aria aperta per una settimana. Le più massicce che erano state inserite intere e poste alla base, vengono poi rotte in più parti e ci si appresta a praticare la molitura con la quale si sviluppa una prima fermentazione spontanea: le pigne sono macinate in un mulino di pietra azionato da un asino o da un cavallo, la cosiddetta ruota cilena. La polpa, il succo e le fibre sono mescolate ad acqua in tini di legno di pino (il migliore è il legno di sabino ma non è quasi più reperibile) dove parte una seconda fermentazione naturale che può durare da una a quattro settimane. Da qui si procede alla distillazione effettuata generalmente in alambicchi di rame dove il mosto è inserito con una parte dei residui fibrosi dell’agave, particolarità importante che caratterizza il mezcal. Al termine della prima distillazione, l’alambicco è svuotato del suo contenuto prima che venga effettuata, volendo, una seconda distillazione.
Tanti distillatori, tante ricette
In ogni caso ognuno ha la propria ricetta e i propri gesti, spesso identici a quelli imparati da padri e nonni, generazioni che hanno preceduto questo presente ancora intatto e che pare essere scolpito nel tempo. Le distillazioni sono un momento romantico, almeno nelle distillerie artigianali costruite sempre adiacenti alle case dei palenqueros, con le fiamme dei fuochi alimentati a legna, i vapori, la temperature che salgono e scaldano (mattino e sera qui il clima è fresco, i paesi della valle possono arrivare anche a 2000 metri), la note di musica tradizionale messicana, una bottiglia di mezcal che non manca mai. Il liquido ottenuto viene poi conservato in contenitori di inox e barili di plastica o in alternativa, per chi decidesse di praticare un invecchiamento, in tini di legno ottenendo le tipologie reposado (da 2 a 11 mesi in fusti di rovere) o añejo (almeno 12 mesi), nonostante i puristi considerino vero mezcal soltanto il blanco cioè il mezcal incolore proveniente direttamente dall’alambicco. Tipologia rara e certamente curiosa è il pechuga, un’antica variante di mezcal prodotto per occasioni speciali in cui nell’alambicco viene aggiunta della frutta come mele, susine o altri vegetali e al centro dell’alambicco appeso un petto di pollo: è la versione più rara di mezcal perché prodotta in limitatissimi lotti per occasioni speciali come i matrimoni. Questo è un ulteriore esempio di quanto il mondo del mezcal racchiuda in sé storie, aneddoti, saperi, unicità e patrimoni intangibili, a differenza invece del famigerato verme che veniva posto all’interno di alcune bottiglie e che non ha significato alcuno.
Il territorio e le distillerie
Riguardo al territorio a cui far riferimento: escluso lo stato di Jalisco, non è possibile organizzare una coltivazione intensiva dell’agave ed è anche questo che rende ulteriormente unico e sacro il mezcal (rappresenta solo il 3% rispetto alla produzione di tequila che però non ha mantenuto nulla di artigianale). La topografia del territorio è fatta di montagne, colline, crinali scoscesi, suoli poveri e zone impervie dove i mezcaleros si fanno largo con i loro inseparabili machete; questo evidentemente limita la coltivazione dell’agave che – a parte nelle zone più pianeggianti – non può essere mai ordinata e facilmente praticata. Si utilizzano molto i terrazzamenti per le varietà più rare: la densità per ettaro non supera le 400 piante. Il mezcal, dicevamo, può essere prodotto a partire da differenti specie di agave: la più diffusa e proficua è l’espadin ma in tutto il Messico le cultivar sono oltre 100 di cui solo poco più di 30 utilizzate per la produzione. Il fascino però sta proprio qui, in questa molteplicità di forme e comportamenti di ogni pianta che cambiano a seconda del territorio in cui nascono e della lavorazione che i maestri artigiani riservano loro. «Quando bevi un mezcal, bevi anni di cultura, di lavoro, di sole e di luna», è la prima frase con cui Héctor Vazquez – immenso conoscitore di questo mondo e master distiller (nonché coordinatore del progetto Palenque Spirits, nato da un’idea del Presidente di Velier Luca Gargano che ha coinvolto sei produttori di distillati di agave da Oaxaca) – ci introduce alla scoperta del territorio nella Sierra del Sud, dove ancora numerosissime sono le agavi silvestri (selvatiche, spontanee) utilizzate dai produttori.
Palenque Spirits
«Fino agli anni ‘90 le uniche piante usate erano quelle spontanee e per incontrarle era necessario arrampicarsi nei boschi o vagare per i deserti - racconta Vazquez - l’agave era selvatica e cresceva liberamente tra alberi e cactus, i contadini le avevano sempre nei loro campi, tra il mais e i fagioli, da distillare nei propri alambicchi rudimentali (e clandestini) che avrebbero poi dato alla luce un mezcal che veniva offerto più di quanto venduto», racconta Vazquez. Tutti i produttori associati al progetto continuano a usare le piante selvatiche, per quanto possibile, ed è proprio questo l’obiettivo di Palenque Spirits: conservare l’anima e il gusto della terra, ritmi, sole e luna di un tempo, contro ogni tipo di standardizzazione, preservando un mondo ancora molto puro e che tale dovrebbe rimanere il più a lungo possibile. Così, passeggiando tra gli impervi clini dei paesini come San Louis del Rio e San Pedro Taviche, è possibile incontrare queste piante tanto belle quanto sconosciute. Gli stessi messicani a volte hanno difficoltà nel riconoscere alcune specie molto simili tra loro: espadin, tobalà, tobaziche, cenizo, arroqueño, coyote, tepexate (che raggiunge la maturità addirittura dopo 25-30 anni), bicuishe, madrecuishe, mexicano, solo per citarne alcune, usate in purezza o in blend secondo la ricetta dei mezcaleros. Tutto questo basta per capire quanto unico ed emozionante possa essere partire alla scoperta delle valli del mezcal dove incontrare e ascoltare gli artigiani di Oaxaca che producono il distillato sacro nelle forme più autentiche.
Juan Hernandez Luis
Come detto Oaxaca può essere la base del viaggio: ogni giorno ci si muove in auto per raggiungere i diversi villaggi dello stato (a 50 km c’è Santiago Matatlán ritenuta la capitale mondiale del mezcal), ma per chi non avesse voglia di partire ogni mattina dalla città e per fare due ore di auto, può optare per trovare sistemazioni nei pueblos e spostarsi da uno all’altro ogni giorno. Intanto, segnatevi questi nomi (appartenenti al progetto Palenque Spirits) e organizzatevi poi come meglio ritenete opportuno: ciò che conta è che l’intera esperienza sia nel segno del mezcal.
A San Pedro Taviche troviamo Juan Hernández Luis, palenquero di quinta generazione che nonostante mantenga un approccio alla produzione basato su tradizioni lontane dalla conoscenza scientifica nella fermentazione e distillazione, crea un distillato di alta qualità grazie alla sua solida esperienza. Al momento sta avvenendo il passaggio generazionale con i figli Margarito, Agustin e Laurentino, e compare nel progetto Palenque Spirits con un distillato di Tobaziche e un’edizione speciale di Tobaziche con Tobalá, combinazione tanto insolita quanto accattivante. «Non dimenticate che San Pedro Taviche è nota anche per la figura artigianale tipica e iconica di Oaxaca, le alebrije fatte in legno e dipinte a mano che le nostre donne creano al momento», racconta il capo famiglia. Vederle al lavoro mentre si sorseggia un po’ del nettare della famiglia Hernández non ha prezzo.
Alberto Beto e il figlio Onofre Ortiz
Ci sono poi Alberto Beto e il figlio Onofre Ortiz a Bramaderos de Porfirio Díaz, quarta e quinta generazione nella produzione di mezcal, padre e figlio che svolgono un eccellente lavoro nella produzione con ricette che prevedono una varietà di miscele di agave. Pratica antica quella della mezcla (la miscelazione avviene durante la produzione) in cui Don Beto è uno dei migliori in circolazione. «Buona parte della qualità del nostro mezcal deriva dalla particolarità del terreno, caratterizzato da un suolo di colore arancio caratteristico di questa regione, che conferisce al distillato una straordinaria forza minerale», spiegano. Con un breve tragitto in 4x4 dalla distilleria si giunge a un altopiano di una bellezza mozzafiato, un panorama ampio e infinito in una cornice fatta di cielo e agavi.
Don Baltazar
È la volta di Don Baltazar a San Luis Del Rio, palenquero di prima generazione, contraddistinto dalla personalità forte e diretta: un uomo tutto di un pezzo che ha costruito la sua realtà mezcalera insieme ai due figli, oggi entrambi proprietari di un proprio palenque. Baltazar è noto per la sua abilità imprenditoriale, non solo per aver creato un commercio di successo ma anche offrendosi come consulente in altri progetti di mezcal in diversi stati. Nel suo palenque sono coinvolte attivamente anche le nuore che si distinguono per la loro competenza nel management dei prodotti, è un piacere vedere tutta la famiglia allargata lavorare insieme, specialmente durante la pausa pranzo in cui ci si riunisce condividendo tacos e zuppe tipica della sierra. «San Luis del Rio è un villaggio dove da oltre dieci anni si produce una considerevole quantità di mezcal, la regione è rinomata per la sua buona terra, favorevole alla coltivazione di diverse varietà di agave, tra cui Espadín, Sierra negra, Tepextate, Mexicano, Coyote e Mexicanito», affermano fieri.
Don Valente Garcia
Merita la visita anche Don Valente Garcia a Santa Maria La Pila, un palenquero di quarta generazione nella produzione di mezcal. Grande distillatore, ha riportato a casa i suoi figli che erano emigrati negli Stati Uniti, convincendoli a lavorare con lui nella distilleria dopo alcuni anni di esperienza al servizio del conosciuto brand Alipús. Don Valente è un esempio di come un contadino e maestro palenquero possa trasformare la propria attività in un’azienda familiare di successo. Attualmente ha passato il testimone alla quinta e sesta generazione della famiglia: Adrián, Raúl e il nipote Semeí stanno svolgendo un eccellente lavoro, coltivando numerose agavi in modo naturale e producendo un mezcal di grande qualità.
Eduardo Martinez
Infine si giunge nel palenque di Don Gregorio Martinez (recentemente mancato) a San Baltazar Guelavila. «È stato un produttore molto stimato e di cultura Zapoteca, le cui produzioni più apprezzate erano quelle realizzate con le agavi Cuishe e Madrecuishe», ricorda il figlio Eduardo. Nel 2002 è riuscito a realizzare il suo sogno di avere una distilleria propria che negli anni ha avuto parecchio successo, oggi nelle mani del suo giovane erede. Sarà bello conoscere e vivere questo posto, rimasto intatto e frequentato ancora dal papà di Don Gregorio, il quasi centenario Juan che continua ad aggirarsi tra i campi con il suo fido machete, e dal cavallo ancora usato per spingere la ruota di pietra con cui le parti di pigna vengono schiacciate.
Un progetto di sostenibilità
«È cruciale sostenere progetti che si occupino dei produttori secondo le tradizioni, promuovendo la loro crescita imprenditoriale, la coltivazione organica dell’agave, il benessere individuale, le condizioni di lavoro favorevoli e, di conseguenza, la qualità dei loro prodotti. L’obiettivo è quindi tracciare una mappa dettagliata del terroir di Oaxaca, della diversità delle specie di agave e delle condizioni naturali che conferiscono a quest'ultima un ricco patrimonio di informazioni durante il suo lungo processo di crescita. Questi produttori operano seguendo un approccio artigianale, alcuni introducendo cambiamenti moderni in varie fasi della produzione, sempre con attenzione alla qualità della terra, delle agavi e del processo produttivo, basandosi sulla loro personale ricetta». Sono senza dubbio una ricetta di vita le parole del presidente di Velier Luca Gargano.
I viaggi sono fatti di bellezza ma soprattutto di incontri, i produttori conosciuti e le loro famiglie hanno contribuito a rendere la scoperta del territorio di Oaxaca irripetibile ed emozionante; raggiungere le loro case vale il viaggio e dimostrerà cosa c’è davvero dietro ogni bottiglia di mezcal che intercetterete nelle bottigliere dei bar di tutto il mondo.
Quando sarete con i palenqueros non dimenticate, prima di ogni brindisi, di versare qualche goccia di mezcal a terra in omaggio alla madre natura messicana…stiigi beu (salute in zapoteco)!