C’erano una volta una principessa, un imperatore e un grande cuoco. Comincia così la storia della storia della sbrisolona… anzi, no: in realtà la torta croccante si preparava già nelle campagne per recuperare le energie dopo il lavoro nei campi, ma è stato alla corte dei Gonzaga che il dolce è diventato ufficialmente il simbolo di Mantova. Ecco le curiosità da conoscere sulla mitica torta fatta di briciole.
Sei curiosità sulla sbrisolona mantovana
La ricetta originale con lo strutto
Fondamentalmente, la sbrisolona era utile per i contadini perché si preparava con pochi ingredienti sempre a disposizione nelle case di campagne, a basso costo e in grado di creare un dolce che potesse mantenersi a lungo. E poi era nutriente, saziante quanto basta per soddisfare il palato di un lavoratore abituato ad arrangiarsi con quello che c’era. Alla base della ricetta originale, farina di mais, nocciole e strutto: il nome deriva dal termine dialettale brìsa, che significa proprio briciola.
Grazie, Eleonora di Gonzaga
Bisogna essere grati alla principessa se la torta oggi è conosciuta in tutta Italia, diffusissima ormai anche al di fuori dei confini mantovani, specialmente nelle regioni del Nord. Quando Eleonora di Gonzaga si mise in viaggio da Innsbruck per sposare l’imperatore Ferdinando II di Asburgo, fece tappa in diverse ville palladiane di campagna. Lì, scoprì l’umile ma irresistibile torta della zona, un sapore semplice a cui una nobile non era abituata e che proprio per questo la colpì in maniera particolare. Chiese allora che la sbrisolona venisse preparata tutte le volte che sarebbe tornata in visita a Mantova.
Da dolce contadino a torta nobiliare
Fino ad allora, la sbrisolona era una torta dal carattere popolare, ma ben presto le cose cambiarono. È servito lo zampino di Bartolomeo Stefani, capocuoco presso il Ducato di Mantova e autore de L’arte di ben cucinare, perché il dolce facesse il suo ingresso a corte. Al posto dello stretto, lo chef usò il burro, ben più pregiato, le nocciole vennero sostituite dalle mandorle e la farina di mais, alimento tipico delle famiglie più povere, venne mescolata con quella bianca, più costosa e sofisticata. Un po’ di zucchero e la sbrisolona fu degna di essere servita a palazzo, ed ecco che la ricetta arrivò fino ai giorni nostri.
Il dessert da fine pasto
A Mantova – ma anche in Veneto – è tradizione accompagnare la torta con del vino liquoroso o una grappa. Croccante e gustosissima, nonostante sia buona a qualsiasi ora del giorno, la sbrisolona si presta particolarmente come dessert di fine pasto.
La torta delle tre tazze
Può capitare di sentir parlare della sbrisolona come della torta delle tre tazze: questo nomignolo si riferisce al dosaggio tradizionale di zucchero, farina bianca e farina di mais, tre elementi solitamente usati in parti uguali. Naturalmente, ogni famiglia ha la sua versione e le ricette cambiano anche a seconda della zona.
Il dolce da spezzare con le mani
A prescindere dalla ricetta e dal gusto personale, su un punto gli affezionati della sbrisolona sono tutti d’accordo: la torta va spezzata con le mani, mangiata a poco a poco senza cercare di ricavare delle fette precise. È parte del golosissimo gioco.