Quando lo Stato provava ad avvelenarci con lo zucchero

15 Lug 2023, 12:58 | a cura di
Negli anni '80 una pubblicità invitava gli italiani a consumare più zucchero. E metteva a repentaglio la nostra vita

C'è stato un momento che si attentava alla salute degli italiani. E per farlo si usava la tv. Ve la ricordate anche voi? “Lo zucchero è pieno di vita” e via con la canzoncina. Uno dei quei jingle che si ricordano facilmente anche a distanza di parecchio tempo. Era la metà degli anni '80 quando sulle tv di stato e su quelle private imperversavano réclame (come ancora si diceva) che spingevano gli italiani a consumare più zucchero. Con il corredo di ragazzini saltellanti, studenti sorridenti e giovani uomini d'affari devoti alla polverina bianca. Legale, sia chiaro, ma comunque dannosa se assunta nelle dosi mostrate negli spot. Quelli in cui un improbabile coro versava meccanicamente cucchiaini su cucchiaini in cima a ogni alimento. E pure sulle scatole di zucchero si trovavano gli stessi omini impegnati in salti atletici, a riprova della loro energia, merito – evidentemente – dello zucchero, panacea di tutti i mali.

 

Quando lo Stato ci spingeva a comportamenti pericolosi

Non era una pubblicità di una qualche azienda alimentare, ma uno spot istituzionale, in pratica una specie di Pubblicità Progresso in cui il Governo stesso spingeva gli italiani a assumere più saccarosio, e ad andare incontro a malattie certe. La causa, dice la vulgata, un crollo verticale delle vendite, proprio a causa dei primi allarmi sui rischi legati al consumo di zuccheri.

zucchero pieno di vita

Lo spot puntava dritto alle dispense delle famiglie italiane (e alla loro salute) facendo leva tra le altre cose su un concetto con cui avremmo poi familiarizzato e si spera iniziato a guardare con sospetto, soprattutto quando si tratta di vendere qualcosa: naturale. Contando sull'assioma diffuso, ma non per questo sempre vero, che naturale è buono e fa bene (come la mettiamo con certi funghi? Sono naturali ma ci si muore). Lo spot dunque spiegava che “è naturale aver bisogno di zucchero” benedicendone implicitamente il consumo. E allora che fare se non addolcire il caffè fino alla nausea? E le fragole? Poggiate sopra una montagna di zucchero. L'ananas? Innevata da una cascata bianca. Di certo la memoria e le prestazioni mentali ne avrebbero guadagnato, perché tra gli altri slogan c'era “lo sai che il cervello ha bisogno di zucchero?”. Vero, ma non del tutto: vero che i neuroni lavorano a glucosio, non altrettanto che occorra assumerne dosi extra rispetto a quelle già presenti nei cibi.

Il consumo di zucchero

Ben diversa l'opinione attuale sullo zucchero, considerato il veleno bianco (mai quanto il sostituto più comune, l'aspartame) di cui si consiglia un uso molto moderato per scongiurare una serie di malattie connesse. L'Organizzazione mondiale della sanità già nel 2015 ha indicato delle linee guida riguardo l'assunzione di zuccheri liberi (ovvero quelli aggiunti ai cibi durante la loro preparazione, quelli presenti nel miele, nei succhi di frutta o negli sciroppi) da cui dovrebbe derivare non più del 10% dell'apporto calorico quotidiano, ma meglio sarebbe assestarsi intorno al 5%. In una dieta normale si tratta più o meno 50 grammi al giorno, circa 12 cucchiaini di zuccheri semplici (oltre al saccarosio, anche glucosio, lattosio, fruttosio, maltosio e galattosio), al di sotto dei due anni invece andrebbero del tutto vietati. Studi più recenti suggeriscono quantitativi ancora più bassi, ma anche attenendosi a quella quota giornaliera, oltrepassarla è facilissimo: per farsi un'idea basta ricordare che una bibita gassata contiene l'equivalente di circa 10 cucchiaini, un succo di frutta 5, e una scorta di zuccheri invisibili è nascosta dentro alimenti all'apparenza innocenti, dai cereali per la colazione al pane da hamburger. Causa di una dipendenza paragonabile a quella della droga.

Gli zuccheri nascosti e il bliss point

Si chiama bliss point – l'effetto beatitudine – quello che spinge a consumare dolci senza mai esserne appagati, in maniera simile a quanto accade con grassi e salati. E al pari di certe droghe, come racconta il libro Grassi Dolci Salati: Come l'industria alimentare ci ha ingannato e continua a farlo di Michael Moss, che illumina le azioni delle grandi mayor alimentari degli anni '90, quando sono iniziati a comparire sugli scaffali dei negozi (prima negli Stati Uniti, poi man mano anche nella vecchia Europa) alimenti processati, spesso apparentemente innocui come nel caso di cereali per la prima colazione, in realtà ricchissimi di zuccheri. Che anziché apportare energia e nutrienti, introducevano dosi massicce di calorie povere generando assuefazione e dipendenza. La produzione di insulina legata all'assunzione di zucchero, infatti, se eccessiva, provoca una reazione contraria a quella aspettata. Insomma: invece che placarla, aumenta la fame di zuccheri, con una spinta a consumarne ancora e ancora. Come consigliava qualche decennio fa proprio il nostro Governo. Sarebbe interessante leggere dati di incidenza di malattie legate all'obesità, al diabete e alle malattie cardiovascolari negli ultimi 35 anni. E tirare le nostre somme.

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