Per ognuno di noi (o perlomeno, per i più fortunati) tanti dei ricordi legati alla nonna hanno a che fare con il cibo. Sontuosi pranzi della domenica, vassoi di pastarelle e timballi di pasta, il caffè che borbotta nella moka, la zuppa di latte e le torte nel forno. Per molti, i primi esperimenti ai fornelli sono stati proprio al fianco della nonna, con più tempo a disposizione e una dose maggiore di pazienza: e allora, con l'avvicinarsi della Festa della Mamma, vogliamo festeggiare le nostre «mamme al quadrato» con un ritratto sincero delle nonne in cucina.
Il mito delle nonne in cucina, a volte falso
Nonna Mariuccia, 108 anni di pane caldo e profumo di mosto
Pina Sozio
Nonna Mariuccia era una contadina, è morta a 108 anni nell’agosto di due anni fa, nella vita ha lavorato tanto e badava sempre al sodo. Noi nipoti non venivamo invitati a casa sua per i grandi pranzi conviviali: la domenica veniva lei da noi, fortunata perché le figlie, ai fornelli, erano e sono dei veri e propri assi. Nella sua cucina si apparecchiava frugalmente: insalata di pomodori, pasta e patate, uova fritte a sciusciello con i friggitelli, il vino fatto in casa, l’odore del mosto aleggiava. Si faceva festa con i grandi calderoni di pannocchie bollite, quando era periodo di raccolta del granturco (il granone, in Irpinia), e con la cotta del pane nel forno a legna, un paio di volte al mese: farina bianca – i pani neri le ricordavano la fame e la guerra – e criscito, non troppo sale, le pagnotte profumavano di grano per settimane. La sua specialità, però, era la pizza nel ruoto, quella che si faceva per testare la temperatura del forno: pomodori spezzati a mano, olio, fiumi di origano e di aglio. La poesia dei ricordi.
Nonna Titta, una coreografia d'amore e calore (e tanto aglio)
Eleonora Baldwin
Sono stata cresciuta da una mamma single e da una nonna straordinaria. Anche se avevo 9 anni quando Nonna Titta è venuta a mancare, conservo di lei molti ricordi. In particolare, quelli più vividi sono sensoriali. Il sapore delle caramelle gommose inglesi che teneva in una scatola di latta in fondo alla borsa. Il luccichio dei suoi occhi verdi mentre giocavamo alle «signore». E, soprattutto, gli odori che provenivano dalla cucina quando si destreggiava ai fornelli. Il suo cavallo di battaglia era la bagna cauda, segno delle sue origini piemontesi. Ricordo ancora i suoi gesti lenti mentre puliva montagne di aglio e acciughe, quando mondava i cardi gobbi che le annerivano le dita, o quando sbucciava il topinambur. Io la guardavo lavorare per ore, era un affascinante coreografia di amore e calore che si sprigionava dalle sue mani. Mio figlio non ha conosciuto i suoi bisnonni, uno dei miei più grandi rimpianti. Ma ho fatto in modo che potesse crescere imparando aspetti intimi di entrambi. Per esempio con le ricette di Nonna Titta, e quei suoi quotidiani gesti d’amore.
Nonna Adriana e zia Floriana, le cuoche indistruttibili
Michela Becchi
Sono fortunata, ho due nonne. Nonna Adriana (quella «in carica») e zia Floriana, sua sorella minore e mia vice-nonna. Nella vita hanno sempre lavorato duramente, fuori e dentro casa, mensa compresa: erano cuoche di trincea, porzioni gigantesche per sfamare tutti, poco sale e sughi un po' annacquati come in tutte le scuole. Non sono le tipiche nonne italiane: zia ha iniziato a sperimentare di recente, nonna l'abbiamo sempre canzonata per i dolci, miscugli cremosi carichi di vecchi liquori...però quando c'è da rimboccarsi le maniche e preparare grandi cene, armate di grembiule si mettono all'opera, senza mai chiedere aiuto, senza mostrare segni di cedimento. Le mie rocce infaticabili, due macchine indistruttibili. È vero, i ruoli a casa nostra sono ribaltati, sono io a passare loro le ricette, ma di insegnamenti me ne hanno dati altri, a cominciare dal modo di lavorare (in cucina e non solo), in silenzio e a testa bassa senza cercare complimenti né ringraziamenti. Due specialità, comunque, ce l'hanno: nonna è la regina della mozzarella in carrozza, bella, golosa, filante, la cena delle sere a casa in Abruzzo. Zia, invece, è imbattibile nell'insalata russa, che prepara con una precisione maniacale. Mangiare qualcosa fatto da loro per me è una gran fortuna. E tranquille, al dolce penso io.
Nonna Margherita, il sapore dell'amore con un pizzico di cannella
Antonella De Santis
Puliva i carciofi, nonna Margherita e poi preparava la pasta con la ricotta e la cannella, che mangiava solo lei. Nessuna torta di mele, nessun arrosto, neanche la lasagna. Nata nel 1908, era una donna inflessibile che non indulgeva in smancerie, ha sempre lavorato, esattamente come sua sorella, di poco più giovane. Era lei a cucinare. Stendeva la pasta con il mattarello con colpi secchi e ben assestati. Entrambe, però, non erano un esempio di virtuosismo gastronomico. Nate e cresciute in città, usavano olio di oliva commerciale, frutta e verdura che trovavano al mercato, l'idea di variare l'alimentazione era un fatto di necessità non di scelta, a un certo punto sulla necessità ha avuto la meglio la comodità e il gusto personale che però era il loro, e crescendo capivi che non avevano il palato assoluto, a partire da quell'abitudine d'antan di cuocere tutto troppo. La cucina della nonna? Per me ha il sapore dell'amore e della pasta un po' scotta.