“Mangiamo dolci, parliamo dolcemente” è l'antico proverbio turco che sottolinea l'importanza della pasticceria nella cultura gastronomica del Paese. Una terra dalla cucina ricchissima, che vede nel dolce un simbolo di accoglienza ma anche un segno di fiducia e legame. Erano proprio i dolci i protagonisti delle feste riservati ai giannizzeri, il corpo dell'esercito privato del sultano al tempo dell'Impero Ottomano, pietanze immancabili in qualsiasi rituale che segna un passaggio importante di vita, dalla nascita al matrimonio.
Dolci tipici turchi: il ruolo della pasticceria per l'Impero Ottomano
Lo hanno raccontato il deputato della città di Ordu Mustafa Hamarat, il sindaco di Ünye Huseyin Tavli, il direttore del Museo di Ünye Ihsan Akbulut e la presidentessa dell'Associazione delle donne imprenditrici Selma Hasdemir durante l'evento del 12 novembre 2019 al Centro Culturale Turco di Roma dedicato alla tradizione dei dolci dell'Impero Ottomano. Un viaggio alla scoperta dei sapori di una nazione che “ha saputo sempre integrare ingredienti e tecniche nuove nella propria cucina”, come ha spiegato Mustafa Hamarat.
I dolci turchi: la baklava
Primo libro di cucina turca è “Il rifugio dei cuochi” del 1844, ma testimonianze della pasticceria ottomana risalgono a molto tempo prima. Le prime tracce della baklava, per esempio, fra i dolci più conosciuti e apprezzati, sono datate 1473. Si tratta di un dolce nato, secondo la leggenda, a Palazzo Topkapi, e diffusosi in breve tempo in tutti i territori sottoposti al dominio dell'Impero Ottomano, dal Nord Africa al Medio Oriente, e in quasi tutte le cucine della vicina Asia e dei Balcani. Un tortino di fogli di pasta fillo – sfoglia sottilissima, quasi trasparente – imburrati e ripieni di frutta secca, il tutto imbevuto in una soluzione di zucchero e succo di limone oppure miele e spezie. La torta viene solitamente tagliata a cubotti e triangoli e servita in monoporzioni in diverse varianti.
Baklava: il dolce dei giannizzeri
La preparazione della pasta fillo è così complessa che un tempo i cuochi provetti gareggiavano in una prova difficilissima, durante la quale erano chiamati a stendere la sfoglia il più sottile possibile. Veniva lanciata poi una moneta da una distanza di circa 70 centimetri: le paste migliori erano quelle attraverso le quali riusciva a passare la moneta. Dal 2018 patrimonio immateriale dell'Unesco, in epoca ottomana la baklava veniva regalata ai giannizzeri durante una cerimonia in scena ogni 15 del mese, per simboleggiare la fedeltà dei soldati verso l'Impero: la teglia più grande era riservata al soldato di rango più elevato. Ancora oggi, è servita durante tutte le occasioni speciali, nel periodo del Ramadam, per festeggiare l'acquisto di una casa o chiedere la mano dell'amata.
Halva: il dolce che sancisce la fine di un percorso
Altro dolce fondamentale, l'halva, parola derivante dall'arabo e che significa, appunto, dolce. In origine, durante il IX secolo, era presente in due varianti principali: a base di farina oppure semolino, in entrambi i casi con aggiunta di burro, zucchero, latte e panna. A Palazzo Topkapi esisteva una stanza dedicata alla preparazione dell'halva, chiamata Helvahane, dove lavorano maestri esperti di pasticceria, gli halvari. La si consumava durante le feste popolari e più sentite, come la circoncisione del figlio del sultano e poi per sancire i passaggi di vita: la fine della scuola, del servizio militare, lo svezzamento degli agnelli, la preghiera per la pioggia e anche per ottenere il favore di Dio.
Ashure, il budino di Noè
Nessun pasticcino, però, è legato alla sfera spirituale ottomana come l'ashure. Tantissimi i miti, le leggende e i racconti religiosi che si intersecano attorno a questo dolce. Fra tutti, quello dell'arca di Noè: arrivato sul Monte Ararat, insieme ai superstiti, Noè ha messo insieme i pochi ingredienti che aveva, dando vita alla prima ricetta dell'ashure, detta anche “budino di Noè”. Alla base della preparazione, cereali, cannella, legumi, melograno, frutta secca, uvetta e zucchero, che danno vita a un dolce al cucchiaio cremoso e sostanzioso. Viene consumato durante tutto l'anno, ma in particolare nel Giorno dell'Aşure, decimo giorno del Muharram, primo mese del calendario turco.
Güllac: il dolce del Ramadam
Più raro, invece, è il Güllac, fatto con una pasta sfoglia di amido particolarissima, molto sottile e prodotta solamente durante il Ramadam. Letteralmente, significa “piatto con rose”, perché comprende, fra i vari ingredienti, qualche goccia di acqua di rose, ma anche perché gli strati di pasta sono così fini da ricordare i petali del fiore. Le sfoglie vengono bagnate con latte zuccherato e arricchite con il melograno.
Lokum: le caramelle Turkish delight
In turco si chiama lokum, ma in tutto il mondo è conosciuto con il nome di Turkish delight, grazie soprattutto a un viaggiatore britannico che riportò nel suo Paese la ricetta di queste caramelle di origine persiana, adottate poi dagli ottomani e soprannominate “sollievo per la gola”. Infatti, si tratta di pastiglie scioglievoli dapprima preparate con miele e sciroppo di frutta e dal Seicento in poi con lo zucchero. Tanti i personaggi celebri appassionati di lokum, fra cui Picasso, che li consumava per concentrarsi meglio, e Napoleone, che si narra avesse una vera dipendenza da questi dolcetti.
In Inghilterra sono molto diffusi anche grazie al brand Fry's, che li ha commercializzati per primi in una versione insolita, con rivestimento al cioccolato.
Sutlac, il budino di riso che piace agli italiani
Ancora un budino, stavolta di riso, specialità comune a tanti Paesi e in Turchia noto come sutlac. Per farlo, occorrono latte, riso e zucchero, tre ingredienti semplici da cui si ottiene un dessert denso e goloso. Molto apprezzato soprattutto in Italia: fra i primi a richiederlo, i Duchi di Ferrara e il cuoco Cristoforo di Messisbugo, che nel 1549 lo ribattezza “riso turchesco”. Anche Bartolomeo Scappi lo indica in uno dei suoi menu del 1575, definendolo “riso alla turca con una spolverata di zucchero e cannella”.
Gli akide sekeri e la cerimonia di ulufe
Non solo lokum: altre caramelle tipiche della tradizione turca sono le akide sekeri, da “akit” che significa “patto”, “accordo”. Erano di nuovo i gannizzeri a beneficiare di questi dolciumi, durante la cerimonia di ulufe, che rappresentava il momento della distribuzione dello stipendio e sottolineava il rinnovo del patto tra soldati e sultano.
Biscotti, sciroppi e dolci fritti
Non mancano poi i biscotti, gli acibadem, a base di mandorla, zucchero, albume d'uovo e con una mandorla amara posta al centro. E poi le composte e gli sciroppi, immancabili sulla tavola turca: gli sherbet ricoprono un ruolo fondamentale nella dieta quotidiana, oggi ma ancora di più in passato, quando erano bevute frequentemente per dissetarsi. È proprio lo sherbet uno dei primi antenati di granita e sorbetti italiani.
Fra i dolci fritti, spiccano invece il kalburabasti, pasticcino fatto con sciroppo, margarina, farina, yogurt, olio di semi, uova, lievito e noci, e i lokma, palline di farina, lievito, sale e zucchero, fritte e cosparse di sciroppo dolce, fra i cibi da strada più popolari.
La ricetta: la baklava di Laura Ravaioli
Ingredienti
- 500 g di pasta fillo
- 250 g di margarina fusa
Per il ripieno
- 400 g di frutta secca mista: nocciole tritate, uvetta, lavata ed asciugata, fiocchi di cocco
- 30 g di pistacchi in granella per guarnire
Per il miele tripolino
- 500 g di zucchero canna
- 1 l di acqua
- 1 limone
In un pentolino, a fiamma moderata, mettete a fondere la margarina. Intanto preparate il miele tripolino mettendo in una pentola lo zucchero di canna, l’acqua, mezzo limone e il succo spremuto dall’altra metà e portate a cottura fino a che non sarà divenuto ambrato e una goccia posta in un piatto tenda a rapprendersi.
Preparate il ripieno mescolando in una ciotola la frutta secca. Ora passiamo alla vera e propria preparazione del dolce: aprite la pasta fillo, prendetene la metà facendo attenzione a che i fogli rimangano così come sono, cioè impilati l’uno sull’altro. Coprite la parte rimasta con un panno da cucina umido per evitare che si secchi. Con la pasta foderate il fondo di una teglia rettangolare a bordi dritti in alluminio di circa 30×40 centimetri, poi con la punta di un coltello fate sulla pasta quanti più buchi possibili penetrando fino all’ultimo strato. Con un pennello ungete bene il fondo di pasta con circa 1/3 della margarina. Attraverso i fori praticati nella pasta il grasso penetrerà tra stato e strato rendendoli croccanti una volta cotti. Distribuite la frutta secca sulla base di pasta, bagnate con un altro terzo della margarina quindi coprite con la pasta rimasta e con la punta di un coltello ben affilato praticate dei tagli così da dividere il dolce in quadrati di 10 centimetri di lato. Finite con la margarina rimasta quindi fate cuocere il dolce.
Cuocere in forno caldo a 180° C per circa 40 minuti o poco più. La superficie del dolce deve risultare ben dorata. Togliete il dolce dal forno e mentre è ancora caldo versatevi sopra lo sciroppo, ripassate bene i tagli praticati prima della cottura quindi finite il dolce con la granella di pistacchi.
a cura di Michela Becchi