…last meals, le foto degli ultimi pasti dei condannati a morte
I dead men walking, in questo caso, sono ventitré. Gli “uomini morti in marcia”, espressione con cui vengono annunciati i condannati a morte che camminano verso il luogo dell’esecuzione nelle carceri americane, resa famosa in tutto il mondo dall’omonimo film del ’95 diretto da Tim Robbins, ricordati in maniera insolita dall’artista americana Jacquelyn C. Black. Con un libro di fotografie, ora in mostra al Parrish Art Museum di New York, intitolato “…last meals”, che raccoglie tutti gli ultimi pasti richiesti dai detenuti prima della condanna a morte.
…last meals: il libro e l’autrice
Un volume edito da Common Courage Press che, oltre alle immagini, riporta le ultime dichiarazioni dei carcerati, la data di esecuzione e il loro impiego. Ex musicisti, operai, carpentieri e anche un cuoco, Robert Anthony Madden, ucciso il 28 maggio 1997, che ha richiesto che la sua ultima cena venisse donata a un senzatetto (richiesta negata). Nella sua dichiarazione, si scusa per il dolore e la perdita, ma continua a ribadire la sua innocenza: “Spero che impareremo tutti qualcosa su noi stessi e gli altri. E impareremo a fermare il ciclo dell’odio e della vendetta e a valutare ciò che sta davvero accadendo in questo mondo”. Poi l’ultima frase, la più straziante, “perdono tutti per questo processo, che sembra essere sbagliato”.
La mostra a New York
Frammenti di questa e altre storie possono essere osservate ora alla mostra di New York fino al 31 gennaio 2021, e poi conservate nel libro, nato da una semplice e quanto mai complessa domanda dell’autrice: “Come deve essere richiedere l’ultimo pasto prima di essere giustiziato per un crimine che potresti non aver commesso?”. Forse dobbiamo immaginarci veramente davanti a quel piatto, fisicamente di fronte a quell’ultimo boccone, “forse così potremmo percepire l’esperienza”. O forse è tempo di metterci in discussione, mettere in dubbio “la nostra complicità con il sistema giudiziario”.
Gli ultimi pasti
Strappano un sorriso malinconico le immagini di Black: pasti infantili, semplici, banali, cibo spazzatura della peggiore specie. Del resto, non c’è da stupirsi se proprio in punto di morte si viene assaliti dal desiderio di tornare alle origini, alle cene in famiglia, fra amici, alle caramelle di un tempo, le patatine fritte, le coccole da concedersi di tanto in tanto. A distinguersi è la scelta di James Russell, musicista che ha scelto una semplice mela rossa per dire addio alla vita. Quello di Thomas Andy Barefoot, invece, a prima vista sembrerebbe un piatto messicano: riso, insalata di mais, fagioli in salsa piccante, verdure. Lavorava in un giacimento di petrolio e le sue ultime parole, prima di essere giustiziato il 30 ottobre del 1984, sono state dure, taglienti, ma anche nel suo caso non è mancato il perdono: “Spero che un giorno guarderemo indietro a tutto il male che stiamo facendo ora, proprio come quando bruciavamo le streghe sul palo. Voglio che tutti sappiate che non ho niente contro di loro. Li perdono tutti. Spero che tutti coloro a cui ho fatto qualcosa mi perdoneranno”.
a cura di Michela Becchi