Bello, buono, bistrattato per anni per poi tornare alla ribalta, amato dai pasticceri e condannato (ingiustamente) dai salutisti: il burro è storia, cultura pastorale, base per creare tantissime ricette. Antico e per moltissimi anni senza rivali. Poi è arrivata la margarina. Era il 1869 e il chimico francese Hippolyte Mège-Mouriès, grazie al premio offerto da Luigi Napoleone III, brevettava una crema spalmabile a base di grasso di manzo e oli vegetali, da vendere a basso costo. Un’invenzione che fece tremare i casari, al punto che molti stati dovettero mettere dei vincoli: per esempio, imponendo di aggiungere il colore rosa per differenziarla dal burro.
La nascita della margarina
Facciamo qualche passo indietro: quel prodotto cremoso ed economico si chiamava oleomargarina, dal greco margarites, perla, per via della sua lucentezza. L’imperatore era ben felice di questa alternativa a basso costo, che sperava potesse portare benefici alle classi meno abbienti: il chimico vendette il brevetto a Jurgens, un’azienda olandese produttrice di burro (e poi margarina) che nel tempo crebbe così tanto fino a formare la Margarine Unie, nel 1930 fusa alla Lever Brothers per creare la celebre Unilever. Mège-Mouriès morì nel 1880, povero e senza successo, ma la sua creazione scombinò per sempre gli equilibri dell’industria, scatenando una vera guerra dei grassi.
Margarina, la minaccia dei casari
Negli Stati Uniti, dove le cose presero una piega totalmente diversa, la margarina arrivò nel 1870. Con un discreto successo: mentre crescevano le aziende produttrici, però, aumentava anche l’ira dei casari, che nel 1886 portò alla creazione della legge federale sulla Margarina, una tassa restrittiva che comportava delle tariffe extra per tutti i produttori della spalmabile. Alcuni stati ne hanno persino vietato la produzione: è accaduto nel Maine, in Michigan, Minnesota, Pennsylvania, Wisconsin e Ohio. Famosa è la citazione del governatore del Minnesota, Lucius Frederick Hubbard: «L’ingegnosità del depravato genio umano è culminata nella produzione dell’oleomargarina e dei suoi abomini affini».
La margarina colorata di rosa
Il nuovo grasso rappresentava una minaccia, un nemico da sconfiggere usando qualsiasi mezzo possibile. Per esempio, il colore. Tendenzialmente, il burro è più giallo della margarina, che ha invece un aspetto perlaceo meno appetitoso, un tempo spesso camuffato dagli stessi produttori, che aggiungevano tonalità di giallo per renderlo più allettante. I casari, allora, accusarono le aziende di ingannare i consumatori e così nel 1902, 32 stati americani imposero un vincolo sul colore: per alcuni doveva essere commercializzata in rosso, marrone o nero, mentre il Vermont, il New Hampshire e il South Dakota optarono per il rosa. Una legge ribaltata poi dalla Corte Suprema, perché si trattava, di fatto, di adulterazione degli alimenti, ma rimase comunque il divieto di vendere margarina gialla.
Il grasso che ha sfamato l'America
Che piaccia o meno, la margarina è stata una salvezza in tempi di carestia. Prima con la Grande Depressione, poi durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il razionamento degli alimenti portò a una carenza di burro. Da allora, iniziò a essere prodotta con oli vegetali idrogenati e non più grassi animali. Negli anni ’70, in tutte le case americane c’era almeno una confezione di margarina: prima ancora, tra le sostenitrici più famose ci fu Eleanor Roosevelt, che sosteneva di mangiarla ogni giorno sul toast, e poi i senatori del Wisconsin, che nel 1955 vennero bendati e sfidati a distinguere burro e margarina in un assaggio alla cieca. Passò alla storia la reazione di Gordon Roselip, accanito sostenitore del burro, che però non riconobbe il suo prodotto preferito, scambiandolo con la margarina. Si venne a sapere poi che la moglie, preoccupata per i suoi problemi di cuore, da tempo aveva sostituito il burro a tavola con della margarina gialla. Illegale, ma secondo la donna più leggera della controparte animale.