Taglia le reti da pesca, si ciba dei piccoli dei pesci, distrugge gli allevamenti di molluschi come cozze e vongole, di cui pare estremamente ghiotto. Insomma, il granchio blu (qui per leggere il nostro assaggio), a oggi, è considerato una della specie aliene più invasive nel Mediterraneo e come tale rappresenta un’enorme sfida per l’industria ittica e per la salvaguardia della biodiversità.
Cosa ne facciamo del granchio blu? Lo mangiamo
Nonostante ci troviamo nell’era della tecnologia, però, nemmeno l’intelligenza artificiale ci sa spiegare cosa fare per contenere la diffusione del Callinectes Sapidus, questa crostaceo arrivato dagli Stati Uniti, molto probabilmente, attraverso navi mercantili e che, trovando condizioni favorevoli, ha deciso di abitarle e di riprodursi. Al momento una delle possibili soluzioni proposte consiste nel mangiarlo. Il settore gastronomico, pare che potrebbe dare un enorme contributo alla causa. Sebbene sia ancora difficile vederlo nei ristoranti o sui banchi del mercato, qualcuno che, però, sta provando a trasformare il granchio blu dell’Adriatico in ricette da portare in tavola, c’è.
Le Mariscadoras, dalla Galizia alla Romagna
Si tratta di un gruppo cinque amiche imprenditrici di Rimini, che hanno fondato nel 2021 la “pescheria sostenibile” Mariscadoras-BluEat, start up creata per il consumo alimentare del granchio blu. Le protagoniste sono Carlotta Santolini, biologa marina, Ilaria Cappuccini, Matilda Banchetti, Giulia Ricci e Alice Pari: l'idea alla base del progetto è una linea di trasformazione alimentare delle specie aliene, a partire dal granchio blu, attraverso la creazione di una filiera i cui passaggi seguono il protocollo del progetto Blueat che ne certificherà la sostenibilità ambientale e socio-economica. Dall'eco-business, sono già nate le polpette, i sughi, la polpa di granchio a pezzetti e altri prodotti che oggi sono in vendita nella grande distribuzione. L’obiettivo delle “Mariscadoras”, però, non è solo quella di svolgere l’attività lavorando in modo responsabile, trasparente e sostenibile nei confronti delle persone, dei lavoratori, delle comunità e dell'ambiente marino o terrestre.
Cosa c'entra il granchio blu con la lotta di genere
L’obiettivo è anche la lotta di genere. Il nome aziendale, infatti, è stato scelto, per omaggiare le donne galiziane "di mare" che hanno lottato per essere riconosciute nel settore della pesca e dell'acquacoltura, e per accendere una luce sulle comunità che lavorano nel e per il mare con un’attenzione particolare a quelle donne che sono ancora “invisibili” e sottopagate. A dirla tutta, esiste anche un corrispettivo di Mariscadoras nel dialetto romagnolo e anche in questo caso erano le donne, le cosiddette “poveracciaie”, alle quali non era concesso andare in barca con i pescatori perché si pensava portassero sfortuna. Il solo compito a cui erano relegate, era quello di andare a raccogliere le vongole sulla spiaggia e venderle al mercato.
Le specie sono alloctone, non aliene
Tornando però al granchio blu, le imprenditrici sanno che a seconda di come vengono raccontate le situazioni, le percezioni cambiano. Per questo l’invasione di questo crostaceo, va trasformata da evento disastroso per l’ambiente a possibile risorsa per le comunità dei pescatori. Strada, per quanto ambiziosa, che le Mariscadoras hanno già preso, modificando intanto l’aggettivo alieno in alloctono. Significano la stessa cosa, ma sicuramente alieno ha una forza negativa maggiore, soprattutto se collegato a un cibo.
Attualmente i prodotti di BluEat sono presenti in Italia ma di certo le Mariscadoras non si fermeranno entro i confini. E non si fermeranno nemmeno solo al granchio blu: le cinque amiche, infatti, stanno già pensando ad altre specie alloctone.
In cucina, non solo granchio blu
Questo sarà possibile, come veniamo a sapere da una loro intervista sul sito di Slow Fish, grazie a una collaborazione già in atto la giovane chef Chiara Pavan stella Michelin per il suo visionario progetto di cucina ambientale che sta portando avanti insieme al marito a Venissa, sull'isola di Mazzorbo, in provincia di Venezia. Pavan, infatti, utilizza e cucina da tempo diverse tipologie aliene, come meduse e pesce serra, senza mai perdere di vista la sostenibilità. L'unione sembra perfetta.