La pastiera è la regina, ma la vera differenza su una tavola campana la fa il casatiello dolce. Spesso arriva qualche giorno prima di Pasqua (tanto, «si mantiene»): le nonne si chiudono in cucina, la casa profuma di arancia, le ciotole sporche di glassa e i diavulilli, i confettini colorati, sparsi su tutto il grembiule fanno già aria di festa. Soprattutto, di famiglia. Al panificio e in pasticceria non manca mai, ma il casatiello dolce si fa perlopiù in casa, nonostante la preparazione richieda un po' di pazienza.
Il lato dolce del casatiello
Si dice sia nato a Torre del Greco, ma è diffuso in tutta la regione. Alto, asciutto, con l’impasto simile a quello di un ciambellone ma molto, molto più alto (e meno morbido): il look barocco - con la copertura in glassa e i tanti confettini che lo colorano insieme alle ciliegie candite - lo rende perfetto per la stagione primaverile. Si mangia tradizionalmente a fine pasto insieme a un po' di liquore, ma molti lo preferiscono al mattino con una bella tazza di latte.
In principio, veniva fatto con il criscito, un antico lievito naturale a base di farina, acqua calda, sale e miele, oggi spesso sostituito con la pasta madre o il lievito di birra. In qualsiasi caso, ci vogliono circa due giorni di lievitazione prima che il dolce sia pronto.
Il profumo del casatiello dolce
Non è un dolce che piace a tutti: la consistenza asciutta può spesso infastidire, ma il suo profumo inconfondibile dato dall'acqua di fiori d'arancio, le scorze d'agrumi e i canditi, in qualche modo oscura tutto il resto. Anche perché per i campani questo è il sapore della Pasqua, dei pranzi condivisi e del risveglio della natura. E parliamoci chiaro, non tutte le ricette della tradizione sono poi così buone (quante volte vi è capitato di mangiare dei biscotti tipici e ritrovarvi senza fiato?) ma la loro storia unica, il legame con il territorio, gli aneddoti familiari che si creano attorno, le rendono speciali.
E allora viva il casatiello dolce. Magari a colazione.