Cos’è il boeuf bourguignon
Oggi tutti lo conoscono grazie alla brillante commedia del 2009 Julie&Julia, ma in realtà il boeuf bourguignon ha origini antiche. Interpretata sul grande schermo da Meryl Streep, l’epopea di Julia Child – scomparsa nel 2004 dopo una fortunata carriera televisiva, costellata dalla pubblicazione di diversi libri di cucina – conquistava così il grande pubblico, grazie al film che ancora oggi è fra i più apprezzati e citati dagli appassionati di gastronomia. Fra le ricette più complesse che la scrittrice mancata Julie Powell tenta di ricreare per il suo blog, seguendo le orme della cuoca che ha insegnato agli americani a cucinare, c’è proprio il boeuf bourguignon, uno stufato di manzo cotto lentamente, brasato al vino rosso e accompagnato da patate, carote, funghi, aglio, cipolle e il bouquet garni, un mazzo di erbe aromatiche che solitamente comprende timo, prezzemolo e foglie d’alloro.
Il boeuf bourguignon nel Medioevo: il piatto dei contadini
Come sempre, difficile stabilire una ricetta univoca: le variazioni sono tante, ma quel che conta è capire come si è originato questo grande classico della cucina francese. Intanto, come si intuisce dal nome, tutto ha inizio in Borgogna, regione famosa per i suoi vini pregiati ma anche per i bovini di razza Charolais, rinomati per la loro carne tenera e saporita. Non c’è da stupirsi, allora, che sia proprio questa terra fortunata a detenere la paternità del piatto che combina due dei suoi ingredienti più famosi. Più curioso è invece il fatto che a inventare questa ricetta succulenta, ricca e fatta con prodotti di un certo costo furono i contadini del Medioevo. Certo, gli ingredienti usati erano di ben altro livello, ma come spesso accade sono state le famiglie di campagna a unire insieme i cibi a disposizione. Al tempo, la cottura lenta era piuttosto comune nelle zone rurali perché consentiva di cuocere grandi quantità insieme e sfamare così più persone, oltre a essere uno dei metodi più sicuri per cuocere i tagli meno pregiati e più spessi di carne, che altrimenti sarebbero andati sprecati.
Il boeuf bourguignon secondo Escoffier e Julia Child
Nonostante si tratti di una ricetta di origine medioevale, le prime tracce scritte appaiono solo nel 1903 grazie allo chef Auguste Escoffier, che ha portato il boeuf bourguignon sulle tavole dell’alta società di Parigi e Londra. Il Ritz, il Savoy, il Carlton Hotel: è in questi alberghi di lusso che inizia a diffondersi lo stufato di manzo, ma cotto alla maniera di Escoffier, ovvero usando un pezzo di manzo intero anziché tanti bocconcini. Eppure, oggi il piatto è servito sempre con carne a pezzetti…perché? È qui che (ri)entra in scena Julia Child, con il suo celebre libro del 1961 “Mastering the Art of French Cooking”: è stata la cuoca americana a evolvere la ricetta e proporla in questo modo, aggiungendo anche il lardo e le istruzioni per asciugare il manzo prima di scottarlo in padella.
Le basi di un buon boeuf bourguignon
Il metodo Child, però, non è l’unico valido. Sono tantissimi gli chef che nel tempo hanno re-interpretato il piatto, incluso Anthony Bourdain, che raccomandava di usare la spalla o il collo di manzo, disossati. Qualunque sia la ricetta scelta, per un ottimo bouef bourguignon occorre marinare bene la carne, scegliendo un vino di qualità: solitamente si opta per uno del territorio, un Pinot Nero o un Gamay. Importante è poi utilizzare al meglio i fondi di cottura dei diversi ingredienti – cipolle e funghi trifolati, per esempio – che vanno uniti, frullati e ridotti sul fuoco così da ottenere una salsa saporita e profumata con cui bagnare la carne. Infine, il protagonista, il manzo: deve essere rosolato sul fuoco a fiamma vivace prima di essere trasferito in una casseruola e irrorato con il vino, che deve coprire tutta la carne. Si cuoce in forno lentamente, in genere per circa tre ore, ma il risultato varrà l’attesa. La carne cotta in questo modo risulta tenera, succulenta e saporita (c’è chi cuoce “alla borgognona” anche altri prodotti come l’agnello, ma il manzo resta la scelta migliore). Mai come in questo caso, poi, vale la famosa regola… “il giorno dopo è ancora più buona”.
a cura di Michela Becchi