L'ordine non è necessariamente cronologico (o sì), ma c'è una progressione nel modo in cui si guarda alla pizza oggi - soprattutto quella napoletana - che è figlia del lavoro certosino di alcuni professionisti su temi che una volta semplicemente non erano centrali, qualità e ricerca su tutti. E oggi che appaiono scontati, è bene sottolineare - giocando sulle pizze iconiche - che dai fondamentali non si scappa.
1) Margherita DOP - La Notizia
Ab inizio fu Enzo Coccia a tracciare una nuova strada, portando di fatto nella modernità l'arte dei pizzajuoli napoletani, attraverso lo studio di nuove tecniche di impasto e la selezione di prodotti di grande qualità, dagli oli extravergini d'oliva al pomodoro del piennolo del Vesuvio. La sua Margherita è il simbolo della rivoluzione, inarrestabile, dettata dalla ricerca.
2) Margherita Sbagliata - Pepe in Grani
Il passo dei passi fu fatto da Franco Pepe che ha toccato l’intoccabile Margherita premunendosi di chiamarla “sbagliata” per evitare inutili quanto sterili polemiche. Nell’intento di valorizzare il pomodoro riccio di Caiazzo, ne ha di fatto invertito gli ingredienti, pur conservandone il gusto e lo spirito. A lui il merito di aver cambiato l’immagine del pizzaiolo portandola alla stregua di quella dei più blasonati chef, grazie al suo aspetto lindo e professionale, a metà strada tra il chirurgo e lo scienziato.
3) Futuro di Marinara - I Masanielli
Arrivò il turno del genio folle dell’indomabile Francesco Martucci, che, nella sua “Tana delle Tigri”, come egli stesso ama definire il suo laboratorio creativo, fucina di capolavori, ha portato la marinara nel futuro senza il bisogno di chiamare il Dr.Emmett “Doc” Brown e la sua DeLorean, sperimentando le ormai tanto imitate tre cotture (vapore, fritta e al forno) e selezionando le migliori materie prime, come il pomodoro, in questo caso arrosto, le alici di Trapani, le olive caiazzane, i capperi di Salina, il pesto di aglio orsino e l’origano dei Monti Lattari.
4) Marinara Sbagliata - Diego Vitagliano Pizzerie
Poi è toccato al D10OS della pizza, Diego Vitagliano. Questa volta la Mano de Dios non è servita per segnare un goal ai mondiali, ma per stendere una pizza soffice e leggera come una nuvola. “Sbagliando” volutamente la Marinara, il buon Diego l’ha arricchita di un inusuale contrasto di dolcezza, con la confettura di pomodori cannellini del Vesuvio, e il profumo intenso ed erbaceo dell’aglio orsino, trasformandola di fatto in un vero e proprio elogio dell’essenzialità.
5) Umaminara - Confine
Ultimo in termini di tempo Francesco Capece da San Cipriano Picentino che, trapiantato nella capitale meneghina, ha creato la sua Umaminara, servendola come fetta singola, con lavorazioni d'alta scuola e trasformazione in crema di tutti gli ingredienti come rette parallele, che, se in geometria si incontrano solo all’infinito, qui si incontrano sul palato in una vera e propria esplosione di gusto.
Morale della favola
A cosa serve questo elenco? A dimostrare che se da un lato queste pizze hanno ispirato i più, creando un filone di rinnovamento, dall’altro ormai gli epigoni mettono in piedi accostamenti sempre più azzardati, a volte, parafrasando Bruno Barbieri, creando dei veri e propri “mappazzoni”: sorvolando sui fritti sommersi da creme e salse che inevitabilmente ne compromettono la croccantezza, ecco indigesti quanto inutili fili di peperoncino, fiori eduli ovunque, gamberi di Mazara morti due volte, abbinati alla qualunque e sacrificati sull’altare del foodporn, con la convinzione errata che forse la pizza «più ‘nguacchiata è meglio è». Pizze dalla struttura e altezza adatte più per le fauci di un Carcharodon Carcharias Linnaeus, il Grande Squalo Bianco, che per la bocca di un comune essere umano.
I classici, un cerchio perfetto
Una cosa che appare inconfutabile, o quasi, è che le pizze (cosiddette) gourmet, poiché cambiano di continuo, hanno vita breve, lo spazio di un menu stagionale, di una serata stampa, di un evento. Quelle che restano sono le classiche, la Margherita e la Marinara, che, pur reinterpretate dai nostri maestri in chiave moderna, sono sempre le grandiose Margherita e Marinara. Non si può andare dai Masanielli senza provare la Futuro di Marinara, come non si va via da Pepe in Grani senza assaggiare la Margherita Sbagliata. Come per dire che si può (e si deve) sperimentare, viaggiare, girare il mondo, ma alla fine si torna sempre a casa. La pizza cos’è se non un cerchio perfetto?
Consiglio per le nuove leve: invece di riempire le pizze di ingredienti (una volta ne abbiamo contati ben 18) senza alcuna logica, pensate al gusto finale. I migliori piatti della cucina italiana sono fatti da tre ingredienti e sono quelli che non moriranno mai.