Per decenni gli scienziati hanno sostenuto che il regime alimentare dei nostri antenati fosse imperniato sulla carne. E se non fosse proprio così? Un recente studio americano sembra infatti rivelare uno scenario diverso: le risorse di sussistenza dell’uomo erano a predominanza vegetale. Risultati che confutano le tesi a sostegno della dieta paleolitica ideata negli anni Trenta del '900, così come fanno scricchiolare quelle che le hanno dato nuova linfa in tempi più recenti. Ma cosa è veramente la paleo dieta, negli ultimi anni tanto in voga anche presso celebrità del calibro di Uma Thurman e Miley Cyrus?
La storia della Paleo dieta
Per preservare la propria salute, l’individuo dovrebbe mangiare come facevano le aggregazioni umane del paleolitico. È questo l’assunto da cui sono partiti vari studiosi che nel tempo hanno dato credito alla “paleo dieta”, un modello nutrizionale ritenuto proprio dei cacciatori-raccoglitori del passato e basato prevalentemente sull’assunzione di proteine di origine animale. Il fautore di questa dieta ‘a restrizione calorica’ fu il dentista statunitense Weston Price. Etichettato come il “Charles Darwin della nutrizione”, dopo aver osservato nel resto del mondo lo stile di vita di popoli che vivevano come primitivi, giunse alla conclusione che la comparsa nell’uomo moderno di patologie come tubercolosi (ma anche di alterazioni della fisionomia umana) fosse da ricondurre al cambiamento delle abitudini alimentari. In effetti, allo studioso viene tuttora riconosciuto il merito di essere stato fra i primi a teorizzare un rapporto di causa-effetto fra nutrizione e salute, anche se all’epoca parte della comunità scientifica ritenne la sua pubblicazione (Nutrition and Physical Degeneration) ‘scientificamente irrilevante’.
L'idea westoniana della Caveman diet è stata ripresa negli anni ‘70 dal gastroenterologo Voegtlin e negli anni duemila grazie alla divulgazione del nutrizionista Loren Cordain, autore del best seller The Paleo Diet, cui si deve oggi la diffusione globale del metodo. Il successo, ça va sans dire, risiedeva nella promessa alla base di molte ‘diete’: raggiungere il peso ideale; in sostanza, dimagrire.
Benefici, sì o no?
In sé, “tornare” ad una nutrizione basilare, o meglio ‘preistorica’, che anticipa qualsiasi modello alimentare che sfrutta forme di agricoltura, allevamento o conservazione di cibo su larga scala, non è sbagliato. La scienza e la medicina stanno dimostrando che il consumo di ultra-trasformati, quindi alimenti HFSS (High in Fat, Sugar and Salt), e di prodotti provenienti dalla filiera ‘intensiva’, costituisce uno dei principali fattori responsabili di intolleranze, allergie, tumori e altre malattie che testimoniano il peggioramento della salute collettiva.
Nutrirsi dei frutti della caccia e del raccolto (pertanto senza carboidrati), come propugna la paleo dieta moderna, comporta dei benefici solo insieme all’attività fisica, visto che i modelli di aggregazione paleolitica erano lontani dalla sedentarietà che contraddistingue la società contemporanea. Ulteriore condizione che oggi provoca l’insorgenza di ictus e patologie di varia natura. È anche vero però che il consumo eccessivo di carne rossa e l’esclusione totale dal regime nutrizionale di cereali, legumi e latticini (fonte essenziale di calcio), può risultare altrettanto dannoso.
Inoltre, in linea con quanto afferma la dottoressa Rasio, oncologa esperta in nutrizione, e secondo il meccanismo definito dagli psicologi di restrizione cognitiva, le diete a basso apporto calorico avrebbero fallito: mangiare di meno e ‘accelerare il proprio metabolismo’ consente di perdere peso nell’immediato, ma non previene dall’eventualità di riprenderlo. Anzi, in alcuni casi queste diete non fanno che nutrire un rapporto disfunzionale con il cibo.
La dieta dei nostri antenati
Fra l’altro, la paleo dieta di scuola westoniana sembrerebbe costruita su dei presupposti non ancora comprovati. A differenza di quanto si pensi, le prime economie di sussistenza umana non si fondano sulla carne (caccia). L’evidenza scientifica acquisita da una squadra di ricercatori finanziati dal National Science Foundation degli Stati Uniti conferma questo. Dallo studio pubblicato su plos.org, coadiuvato dal ministero peruviano e condotto attraverso l’esame "degli isotopi stabili delle ossa umane di 24 individui originari dei primi siti dell’Olocene” sull’altopiano andino, risulta per il 70-95% una dieta in realtà costituita da “piante”; mentre dal 3 al 23% di “grandi mammiferi” (camelidi e cervo).
Il modello alimentare arcaico rilevato è dunque a predominanza vegetale; in particolare, tuberi (dimostrato anche in ragione dell’usura degli incisivi superiori). La carne, per contro, ricopriva un ruolo secondario. Un resoconto che, combinato con l’esito di altre osservazioni antropologiche (fra cui quelle degli Hadza in Tanzania), provano come la dieta dei nostri antenati fosse per la maggior parte ‘vegetariana’ e comunque molto più variegata rispetto alle ricostruzioni iniziali; diversificata, a seconda dello spazio o della comunità indagata. Poco o per nulla affine alla paleo diet moderna, con quella ricchezza in proteine animali, giudicata ormai superflua.