Il caffè è una delle bevande più discusse del pianeta terra. Persino sulla data della sua “scoperta”, ci si divide. Dal pastorello etiope Kaldi, all’eremita al-Shadili, passando dalle rivelazioni dell’arcangelo Gabriele ed arrivando al Profeta Maometto, tutte queste leggende ci riconducono alla scoperta del caffè, o quantomeno del suo frutto. La storia dice che la diffusione del caffè tra le strade d’Europa, sia partita il 1683 lungo la Singerstrasse di Vienna, dove il soldato polacco Jerzy Franciszek Kulczycki aprì la prima caffetteria, grazie al caffè lasciato lì dall’esercito ottomano in ritirata.
Da allora, sino ad oggi, il caffè ha subìto una serie di restaurazioni in merito al suo significato ed all’approccio che noi tutti abbiamo avuto con questa bevanda.
Il tempo lento del caffè
Bisogna intendersi sul fatto che il significato del caffè è stato da sempre legato al concetto di tempo. Andare in caffetteria, prima dell’avvento dell’espresso, significava partecipare ad un momento di convivio piuttosto che di riposo. La caffetteria era il luogo in cui gli scrittori e gli artisti si davano appuntamento. Le sale delle caffetterie erano i luoghi di incontro degli assicuratori e dei politici, per discutere di affari e fare propaganda. Le caffetterie erano anche luoghi in cui, a sera, sedere per assistere ad uno spettacolo di ballo, a Parigi come a Napoli. Questo fino ai primi del ‘900, ovvero quando la bevanda caffè veniva preparata alla maniera del filtro, in grandi tazze e bollente. Per intenderci, parliamo dell’epoca in cui si usavano la cuccuma napoletana e la french press. Qualcuno potrebbe dire che all’epoca il caffè, in termini di rito, assomigliasse al tè: un rituale da tempi lunghi e conversazione.
L’era dell’espresso: il tempo veloce del caffè
Nei primi del ‘900 inizia a diffondersi la macchina da Espresso, brevettata nel 1884 da Angelo Moriondo. Ma non parliamo delle macchine di oggi. Le prime macchine erano gigantesche, molto pericolose e manovrate da esperti macchinisti in possesso del medesimo patentino utile a manovrare le locomotive. Il caffettiere era dunque un operaio specializzato. Eppure, il caffè, ora “espresso”, conquista uno spostamento nel tempo e nello spazio. La consumazione diventa veloce, ed avviene non più da seduti, ma spesso all’impiedi al bancone delle caffetterie, dando inizio ad una nuova era del caffè.
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Pavoni
Il consumo del caffè diventa pop
Il consumo di caffè diventa di massa. Tanti lavoratori, di strada per andare al lavoro o per tornare a casa, si fermano in caffetteria, per un espresso al volo. La macchina da espresso diventa così una macchina da guerra in grado di preparare caffè più velocemente e più a buon mercato. Il tempo della consumazione si conta in pochi minuti, ed improvvisamente il caffè passa dall’essere un rito da salotto ad un’abitudine da banco. La funzione sociale del caffè riduce il suo perimetro così come la sua clessidra. Si arriva al 1945, anno della prima macchina da espresso a leva, che sancisce definitivamente la trasformazione del rituale del caffè, che passa da bevanda da meditazione a bevanda da ricreazione. Il caffè ora si prepara in 30 secondi, diventa cremoso e inizia ad essere adatto anche all’asporto. Intanto, già nel 1933, Alfonso Bialetti brevettava la moka, in grado di ridurre i tempi di preparazione del caffè a casa di almeno tre volte. Il caffè diventa ufficialmente un fenomeno pop.
Il “terzo luogo” del caffè
Bisogna attendere i primi anni ’80 per assistere ad una nuova vera rivoluzione, che si deve ad Howard Schultz, fondatore di Starbucks. Howard, prendendo spunto dalle caffetterie italiane, rivede completamente il format di caffetteria negli USA. Così, il caffè si riprende il suo tempo, la consumazione torna al tavolo, ma in una situazione di comfort tutta nuova. Il caffè ritorna ad essere bevanda da meditazione, servito in tazze grandi e spesso con un altro importante ingrediente: il latte. Le caffetterie, che prima erano tappe verso i luoghi di lavoro, diventano esse stesse dei veri uffici, con tanto di tavoli, divani, prese elettriche e connessione wi-fi gratuite. Nasce quello che sarà definito “il terzo luogo”.
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Il caffè oggi: il “terzo tempo” del caffè
Arriviamo finalmente ad oggi e proviamo a capire cos’è il caffè in Italia. C’è da notare che la bevanda, intesa come ricetta e stile di tostatura, è sostanzialmente immutata. L’arte di fare miscele è ancora un’icona del made in Italy, così come la venerazione per l’espresso e la figura del barista. Eppure, qualcosa si muove. La napoletana piace molto ai giovani, così come ad essi piacciono i caffè preparati con i “nuovi” strumenti tipo l’aeropress, la chemex o il syphon, che in realtà esistono da decenni ma in Italia abbiamo scoperto solo grazie alla cultura specialty. Per contro, è l’espresso, con i suoi tempi fulminei ed il suo piccolo perimetro di azione, a soffrire l’abbandono delle nuove generazioni.
Ancora una volta, però, è una questione di tempo. Il caffè è nuovamente in piena rivoluzione e lentamente sta conquistando un nuovo ruolo a tavola, grazie ad una più attenta selezione delle materie prime ed un inesorabile processo di "culturizzazione" del comparto food. Cosa significa? Il caffè avanza nella mixology, si serve spesso nelle bakery e sta diventando una delle frontiere del food pairing. Ecco che il caffè assume sempre più spesso le sembianze di un ingrediente, ora di un piatto, ora di un drink; e finalmente inizia ad avere le sue carte, in cui si può scegliere tra sistemi di estrazione, bevande fredde o calde, paesi di origine o stili gustativi. Ecco che, superando il concetto di consumazione distratta al bar, eppure di esercizio meditativo a sé stante o a supporto di un momento di lavoro, il caffè sembra ci stia gridando la sua nuova dimensione, quello che potremmo definire il suo “terzo tempo”.
I tempi del caffè sono un po’ tutti superati. Non ci basta più consumare il caffè al bar in maniera fugace e le caffetterie non sono più luoghi di lavoro, perché oramai lo smart working si fa da casa.
Grazie alla tecnologia, noi stessi spesso diventiamo degli home barista, per essere poco dopo serviti da un esperto brewer in una caffetteria moderna, e poi tornare ad essere consumatori distratti al bar di quartiere. Ecco che, la sensazione è quella che oramai non esista più un solo luogo o un solo modo per descrivere il rapporto tra noi e il caffè, ma che le sue sembianze siano sempre più dettate dal tempo che noi intendiamo dedicargli. È in questo terzo tempo, che si nasconde tra il minuto del bevi e fuggi e gli interi pomeriggi trascorsi in caffetteria, che c’è scritto il prossimo futuro del rapporto tra l’uomo e il caffè.