Starbucks non si rassegna all’idea che i propri lavoratori si possano riunire in sindacati e a farne le spese sono i dipendenti. Gli ultimi casi risalgono allo scorso aprile, quando l’azienda americana – che ha da poco aperto uno store nel centro di Roma – ha licenziato o sanzionato diversi promotori sindacali nell'area di Buffalo, dove è iniziata la campagna sindacale che ha tanto innervosito i vertici di Starbucks. Solo pochi giorni prima, il presidente ed ex amministratore delegato di Starbucks Howard Schultz era stato ascoltato dalla commissione del Senato per giustificare la risposta dell'azienda alle organizzazioni sindacali nei suoi negozi. Un clima decisamente poco sereno: altra notizia recente è quella dell'accusa a Starbucks di aver rimosso le decorazioni per il pride preparate dai propri dipendenti.
Starbucks licenzia i sindacalisti
Tra quelli che hanno perso il posto di lavoro c'è Lexi Rizzo, per sette anni supervisore dei turni in uno dei primi negozi di Buffalo ad essere sindacalizzati. Rizzo, che è stata tra le prime promotrici della campagna sindacale, ha accusato Starbucks di averla licenziata come ritorsione: “La mia direttrice di negozio stava piangendo a dirotto mentre mi licenziava, dicendo che sapeva che amavo e tenevo al mio negozio e che non voleva farlo – ha raccontato Rizzo – onestamente questa è una delle cose più strazianti che mi siano capitate nella vita. Tutti quelli con cui ho lavorato possono testimoniare quanto io ami e tenga al mio negozio".
Starbucks ha negato che il direttore del negozio abbia pianto quando ha licenziato Rizzo. L'azienda ha poi spiegato che la motivazione del provvedimento è stato un ritardo, preceduto da un richiamo nei mesi precedenti. Tuttavia, l’ex dipendente ha detto che l’azienda ha citato dei casi in cui era arrivata a lavoro “con un minuto di ritardo, un'altra volta con quattro e nell’ultima cinque minuti", mentre Starbucks ha replicato che ci sono state diverse infrazioni per ritardi più lunghi.
La battaglia sindacale prosegue
Non è stato l’unico caso avvenuto nella zona di Buffalo, una delle più ferventi per quanto riguarda le battaglie dei lavoratori. Gianna Reeve, un'altra dirigente sindacale di Starbucks, ha ricevuto una lettera di richiamo subito dopo il licenziamento di Rizzo. "Sono stata sanzionata per aver abbassato le serrande al tramonto – ha raccontato Reeve – è la cosa più ridicola che abbia mai sentito in vita mia, e questo è successo due giorni dopo la testimonianza di Howard Schultz al Senato. È la cosa più vendicativa che Starbucks abbia mai tentato di fare". Nonostante i licenziamenti intimidatori, la battaglia dei lavoratori continua: il processo che porta alla formazione di un sindacato all’interno dei negozi di Starbucks avviene attraverso votazione dei lavoratori dei singoli negozi, e finora ne sono stati istituiti circa 300 in tutti gli Stati Uniti.
Sanders si schiera con i lavoratori
In un'audizione, il senatore Bernie Sanders – famoso per essere uno degli esponenti democratici più vicini ai lavoratori – ha accusato Starbucks di aver condotto "la più aggressiva e illegale campagna di distruzione di sindacati nella storia moderna del Paese". Lo Starbucks Workers United ha affermato che più di 200 lavoratori dei negozi Starbucks coinvolti in campagne di organizzazione sindacale sono stati licenziati e molti di loro hanno intentato causa contro l’azienda. Finora il National Labor Relations Board e i giudici del lavoro hanno emesso ordini di reintegro per 22 di questi dipendenti e alcune delle cause sono ancora pendenti.
Inoltre, i giudici amministrativi hanno riscontrato violazioni del National Labor Relations Act – il principale documento che regola le organizzazioni sindacali negli Stati Uniti – in otto casi da parte di Starbucks. Nel frattempo, non è cambiata la posizione dell’azienda, che ha contestato tutte le sentenze del tribunale e del consiglio di amministrazione e ha respinto le accuse di ritorsione nei confronti dei lavoratori per la loro sindacalizzazione.