Sono passati diciotto anni da quando la Commissione europea ha approvato la direttiva Bolkestein imponendo (anche) al governo italiano di liberalizzare le concessioni pubbliche, come ad esempio le spiagge, attraverso gare con regole chiare. Ora il governo Meloni non può più procrastinare perché entro il 16 gennaio dovrà fornire delle risposte all'Unione europea, pena le relative sanzioni. Senza contare il richiamo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha ristretto ulteriormente i margini di manovra del governo.
Al momento, nonostante i tempi strettissimi, nessuno dei diretti interessati sa cosa accadrà. E le nuove norme, con l'obbligo di messa a gara, potrebbero riguardare anche un pezzo della ristorazione italiana. Sono tanti, infatti, gli imprenditori che sulle spiagge italiane gestiscono cucine e bar.
La mappatura delle coste
Durante la consueta conferenza stampa di fine anno (rinviata al 4 gennaio per problemi di salute della stessa premier) – dove è anche tornata sul tema del caso Balocco e dell’influencer Chiara Ferragni - la premier Giorgia Meloni ha affrontato la questione delle concessioni balneari dichiarando che il governo «ha fatto per la prima volta un lavoro che curiosamente nessuno aveva inteso fare prima: la mappatura delle nostre coste (in realtà una base di mappatura c'era ma non è mai stata completata)», allo scopo di dimostrare che la “risorsa spiaggia” non sia effettivamente scarsa facendo venir meno uno dei presupposti principali per l’applicazione della direttiva Bolkestein. O meglio la si applicherebbe alle nuove concessioni e non a quelle già in essere.
La mappatura effettuata a ottobre 2023 attesta che la quota di aree occupate dalle concessioni equivale al 33% delle aree disponibili, va detto però che nel totale delle aree disponibili ci hanno inserito anche i tratti di costa rocciosa o le aree marine protette e i parchi nazionali. Infatti l'esito della mappatura è stato contestato dall'Unione Europea in quanto «non riflette una valutazione qualitativa delle aree in cui è effettivamente possibile fornire servizi di concessione balneare e non tiene conto delle situazioni specifiche a livello regionale e comunale». E la Commissione europea, lo scorso 16 novembre ha dato al governo italiano due mesi di tempo per rispettare le norme europee.
I ristoranti a rischio
Immaginabile il malcontento degli attuali proprietari degli stabilimenti balneari che, oltre ad aver goduto di canoni annui relativamente bassi - secondo gli ultimi dati della Corte dei Conti, nel 2020 lo Stato per 12.166 concessioni “ad uso turistico” ha incassato 92 milioni e 566mila euro (“riscosso in conto competenza”) a fronte di un giro d’affari difficile da quantificare ma che sicuramente supera di gran lunga questa cifra -, hanno potuto fino adesso rinnovare le concessioni in modo automatico in virtù di (ipotetici) investimenti sulle strutture ricettive, anche in questo caso senza alcuna regola prestabilita.
Tra i proprietari di stabilimenti, ci sono molti ristoratori che solo per il fatto di affacciarsi sulla spiaggia pagano cifre di “affitto” decisamente inferiori rispetto ai colleghi dall’altra parte della strada del lungomare. Limitandoci ai “nostri” Tre Forchette pensiamo a Mauro Uliassi a Senigallia - va detto che di fronte il suo ristorante la spiaggia è ad accesso libero, insomma non c'è uno stabilimento balneare – o alla Torre del Saracino a Vico Equense che paga un canone mensile di circa tremila euro per un tratto di spiaggia (indipendente dal ristorante) attualmente non sfruttato per via dell'incertezza della concessione.
A Porto San Giorgio, ad esempio, i ristoratori sul mare hanno chat di gruppo nelle quale ricevono gli aggiornamenti. «Siamo preoccupati e in attesa, nel frattempo monitoriamo la situazione», racconta Nikita Sergeev del ristorante L'Arcade (2 Forchette nella guida Ristoranti d'Italia). «Per gli aggiornamenti ci affidiamo alla Confcommercio. Speriamo in una proroga altrimenti succederà un casino, considerate che solo in questo tratto di costa avrò 40 ristoranti da un lato e 40 dall'altro, e io non ho nemmeno gli ombrelloni di fronte. Con questo non voglio dire che i canoni debbano rimanere invariati e ben vengano anche delle restrizioni sulle licenze, ma da qui a non considerare lo storico e tutti gli investimenti fatti in questi anni ce ne passa».
Dello stesso avviso anche i fratelli Andrea e Daniele Zazzeri de La Pineta a Marina di Bibbona (2 Forchette) che in un'intervista rilasciata a Il Tirreno a fine anno hanno raccontato dei danni subiti a causa del maltempo e di come in questo periodo siano in attesa: «I danni stimati, stando il più bassi possibile, sono intorno ai 20-25mila euro. In questo momento siamo in un periodo di stallo assoluto perché abbiamo questo discorso delle concessioni demaniali, che è come una spada di Damocle sopra la testa: la Bolkestein mette noi e molte altre attività in un’insicurezza aziendale assoluta e con i danni che abbiamo avuto, ne risentiamo ancora di più».
Il pezzo (amaro) delle concessioni
Una storia che accumuna tante realtà, indipendentemente dal tratto di costa. Da Marina di Bibbona scendendo un poco più a sud c'è Il Bucaniere di Fulvietto Pierangelini (altro 2 Forchette) e rimanendo sempre nella costa tirrenica pensate alla miriade di ristoranti del litorale laziale o delle costiere, Amalfitana e Sorrentina dove c'è un altro mitico 2 Forchette, la Taverna del Capitano lungo la costa di Massa Lubrense. O, facendo il giro dello Stivale, gli indirizzi calabresi (qui trovate un focus sulla Costa degli Dei) o ancora quelli pugliesi, e spostandoci di nuovo al nord la Costa dei Trabocchi, la Riviera romagnola, il litorale veneto o tutta la riviera ligure. Non rientrano nel caso delle concessioni balneari due nomi noti: Cracco Portofino e i fratelli Cerea con DaV Mare.
Insomma, dove ci si sposta (nella mappa delle coste) ci si imbatte in ristoranti di livello – qui ad esempio avevamo stilato i migliori nelle località che hanno ottenuto la Bandiera Blu – che attualmente si trovano in una situazione di impasse che non consente loro di progettare il futuro: «Ufficialmente non c'è nessuna novità – spiega Benny Gilli de La Baia a Fregene che essendo tutta in legno e di facile rimozione e paga un canone inferiore – e di conseguenza, anche con i colleghi della zona, ci aspettiamo il rinnovo delle concessioni automatico di un anno», soluzione in linea con quel che potremmo chiamare federalismo balneare nel quale i vari comuni italiani vanno in proroga.
«Ma sono dell'idea che dovremmo pagare il giusto altrimenti saremo presi di mira per sempre. Andrò controcorrente ma la penso così». Eppure Gilli non nuota controcorrente, non con i ristoratori interpellati, tutti in attesa di una effettiva risoluzione della questione, anche a costo dell'aumento del canone o addirittura del trasferimento. Basta saperlo.