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Cantine Spinelli, i vini della linea "Le Stagioni del Vino" e la storia dell'azienda abruzzese

Da sempre in agricoltura, la famiglia Spinelli ha cambiato più volte pelle per approdare alla viticoltura di qualità con un’azienda che oggi è punto di riferimento nel territorio abruzzese.

  • 28 Aprile, 2025

In collaborazione con cantine Spinelli

Ogni anno, quando affrontiamo le degustazioni in Abruzzo, sappiamo che dobbiamo aspettarci qualche sorpresa. Non solo perché il tessuto produttivo si amplia con nuovi attori praticamente vendemmia dopo vendemmia, ma anche perché spesso tocchiamo con mano alcuni cambiamenti che avvengono all’interno di realtà ben consolidate, evoluzioni che, a volte lentamente, altre meno, vengono in superficie e sono in grado di stupire.

Spinelli, la storia della famiglia e i vini prodotti

Quest’ultima situazione è quella che abbiamo avut modo di fotografare con l’azienda della famiglia Spinelli. «Non nasciamo come vignaioli» ci racconta Carlo Spinelli, alla guida dell’azienda insieme al fratello Adriano, «il mondo dell’uva e della vite è qualcosa a cui siamo arrivati piano piano». Prima di soffermarci sulle tappe di questa storia familiare, è opportuno prendere una carta geografica per capire bene dove ci troviamo: “siamo ad Atessa, in piena Val di Sangro, attualmente una vallata
che vive tanto di agricoltura, quanto di industria. Ovviamente non è stato sempre così: dopo la Seconda Guerra Mondiale qui si coltivavano quasi dappertutto ortaggi e piante da frutto. C’era ancora la mezzadria e mio padre Vincenzo era proprio un mezzadro”. Con la dismissione del sistema, i terreni vengono concessi ai lavoratori, in piccole quote ovviamente; ma è da qui che parte l’avventura.

Carlo, lascia la parola al figlio Vincenzo, che porta il nome del nonno: “credo che noi Spinelli siamo dotati di una peculiarità che ci contraddistingue: non riusciamo a stare fermi; dobbiamo cambiare pelle, rinnovarci; fa proprio parte del nostro Dna. Con il fratello e le rispettive famiglie, nonno Vincenzo continua l’attività agricola, avviando un redditizio commercio con le zone montagnose dell’entroterra. «Tra i prodotti venduti figurava anche l’uva, con cui i montanari producevano il vino per l’autoconsumo”, continua Vincenzo: “a quel punto mio nonno si accorge che grazie all’uva si guadagna molto di più che con gli ortaggi».

La prima intuizione ha a che fare con un cristallino spirito imprenditoriale: “saltiamo un passaggio e vendiamo direttamente il vino”. Una scommessa, un salto nel vuoto, che genera anche qualche disaccordo con il resto della famiglia: «mio nonno non aveva terreni di sua proprietà né abbastanza risparmi, ma decise tuttavia di puntare tutto sull’acquisto di vigneti, lasciando da parte il resto delle attività agricole. Ci aveva visto lungo».

Da allora i vigneti sono aumentati e l’azienda ha vissuto un’evoluzione abbastanza tipica all’interno del comparto vinicolo del nostro Paese: lo sfuso come base di partenza; poi l’ingresso dei figli in azienda, la seconda generazione, e in concomitanza l’inizio dell’imbottigliamento. Quelli raccontati finora, sono essenzialmente gli antefatti di una storia di successo che ha portato questa solida realtà familiare a districarsi tra diversi piani commerciali e a presentarsi su diversi palcoscenici, sia quello del mercato interno, sia su quello delle più importanti piazze straniere: «ho.re.ca., Gdo, dalla metà degli anni Ottanta anche l’estero: non ci siamo focalizzati su un’unica tipologia di mercato, ma abbiamo avuto la capacità di differenziare”, spiega Vincenzo: “anzi, anche in questo caso abbiamo deciso che una prassi ormai consolidata, andava cambiata.

Se negli anni 2000 il nostro fatturato era suddiviso tra il 60% dei mercati esteri e il 40% del mercato interno, negli ultimi anni abbiamo deciso di ricalibrare i nostri obiettivi. Dal 2008 ci stiamo focalizzando soprattutto sul mercato italiano: sappiamo che nessuno è profeta in patria ma noi crediamo fortemente in questa mossa. E infatti, per ora, siamo arrivati a un fatturato equamente suddiviso tra Italia e estero”.

Tra Atessa e Lanciano, gli Spinelli attualmente si prendono cura di un centinaio di ettari di proprietà. Ma, nel tempo, l’azienda ha iniziato a interessarsi anche a vigneti posti nel quadrante più meridionale della provincia di Chieti. Come accennato, essendo molti gli ambiti commerciali da coprire, la famiglia negli anni ha intessuto profondi legami di lavoro con alcuni fidati conferitori. Vincenzo continua: “abbiamo cercato di copiare dai più bravi in questo ambito, cioè le cooperative alto-atesine. Noi siamo una struttura privata e familiare ma lavoriamo con tanti partner cui abbiamo chiesto di sposare la nostra causa. Non compriamo solo l’uva, sarebbe davvero riduttivo e non in linea con la nostra idea di produzione. Li seguiamo e li supportiamo durante tutto l’anno: sia per ciò che riguarda il lavoro in vigna, ma anche, per esempio, quando c’è bisogno di una consulenza amministrativa o burocratica. Ci accordiamo sul tipo di prodotto che vogliamo e poi garantiamo un prezzo dell’uva che sia vantaggioso. Insomma, sono persone che fanno parte a tutti gli effetti dell’azienda”.

La linea della gamma “Le Stagioni del Vino”

“La flessibilità di un’azienda familiare” – prosegue Vincenzo – e la solidità di un’organizzazione molto strutturata: questa è la nostra forza». Un connubio che ha portato alla creazione di una nuova linea, che ha aggiunto un fondamentale tassello produttivo all’interno del quadro aziendale. Si tratta della gamma “Le Stagioni del Vino”, da cui proviene il Trebbiano d’Abruzzo ‘21 che si è aggiudicato i Tre Bicchieri nella guida Vini d’Italia 2025 del Gambero Rosso, i primi dell’azienda. Carlo e Vincenzo, e con loro anche il resto della famiglia impegnato in azienda, sono molto fieri di questo nuovo traguardo raggiunto. Vincenzo parla per tutti quando ci spiega le motivazioni che hanno dato vita a questo progetto: “da quando mio nonno ha fondato l’azienda, e soprattutto da quando mio padre e mio zio ne hanno preso le redini, l’obiettivo è stato sempre quello di fornire a un pubblico ampio un vino buono da consumare quotidianamente.

Mentre abbiamo lavorato a ciò, tuttavia abbiamo cercato di affiancare al grosso della produzione linee “alte”, provenienti o da selezioni di vigneti o da annate particolarmente felici. Però volevamo qualcosa di più. Il Dna si è messo ancora a fremere e ci ha spinto verso una sfida più stimolante. Il campo da gioco è stato dapprima quello dei vini bianchi, un settore sul quale forse nel tempo avevamo dedicato meno sforzi. Abbiamo pensato a un vino che fosse abruzzese fino al midollo, ma allo stesso tempo che fosse realizzato con una mano, con un’idea e una scuola diversa. Dopo un’ampia ricerca, ci siamo affidati a Enrico Paternoster, un consulente enologo trentino, il deus ex-machina dietro questa linea, una sorta di navigatore satellitare su percorsi per noi sconosciuti, ma anche un mentore per mio cugino Andrea, che qui in azienda ha iniziato a occuparsi della parte enologica. Volevamo creare una linea che lasciasse il segno e speriamo di esserci riusciti”.

La linea Le Stagioni del Vino esce per la prima volta con l’annata 2020: oltre a due bianchi, rispettivamente da uve pecorino e trebbiano, la linea prevede anche la presenza di un Montepulciano d’Abruzzo. Chiude Vincenzo: “proponiamo questa linea sul mercato da tre anni, ma ci stiamo lavorando da dieci; se abbiamo aspettato tutto questo tempo è perché non eravamo ancora soddisfatti del risultato raggiunto. Quando ci siamo sentiti pronti, ci siamo buttati. Sapevamo di avere in mano una linea valida e il Tre Bicchieri al Trebbiano ‘21 è stata un’ulteriore conferma».

La degustazione del Gambero Rosso

Abruzzo Pecorino Sup. Terre di Chieti Le Stagioni del Vino ‘23

Subito molto esplosivo nel calice con note che ricordano il frutto della passione e la salvia. Fanno da contraltare sfumature agrumate di pompelmo e striature quasi balsamiche che anticipano una bocca molto affilata, dritta, dotata di un’acidità quasi estrema. Ha ancora bisogno di un po’ di bottiglia e siamo piuttosto sicuri che il tempo nelimerà gli spigoli.

Abruzzo Pecorino Sup. Le Stagioni del Vino ‘22

Con un anno in più di affinamento la nota esotica è più raccolta e il bouquet si fa più elegante. Gli aromi sono ben amalgamati: c’è un tocco varietale di oliva verde che lascia spazio a sbuffi mentolati e ad agrumi gialli. L’invecchiamento giova anche alla bocca dotata di una struttura solida, di un sorso profondo e di una nota minerale che inizia a venire fuori con maggior definizione.

Trebbiano d’Abruzzo Le Stagioni del Vino ‘22

Cambiamo vitigno ma restiamo sui bianchi. Il Trebbiano ‘22 è un vino quasi elettrico in questa fase. Fieno fresco, lime, eucalipto, un ricordo di battigia: sono queste le sensazioni che si accavallano nel suo profilo aromatico. La bocca è tutta giocata su un’acidità molto netta che comunque nulla toglie a un’idea grande precisione gustativa complessiva. Anche qui scommettiamo sull’evoluzione positiva in bottiglia.

Trebbiano d’Abruzzo Le Stagioni del Vino ‘21

È il vino a cui abbiamo assegnato i Tre Bicchieri nell’edizione 2025 della Guida Vini d’Italia. Lo riassaggiamo  e percepiamo di nuovo una piacevole scia affumicata che anticipa una nota piuttosto tipica di cereale fresco che lascia spazio alle erbe aromatiche e suggestioni di limone e cedro. La bocca è solida e dotata di una dinamica che trascina il sapore in compagnia di una spiccata percezione sapida.

Montepulciano d’Abruzzo Le Stagioni del Vino ‘22

Mentre i bianchi sono vinificati e affinati solo in acciaio, per il Montepulciano si predilige anche un passaggio di circa un anno in grandi botti di rovere di Slavonia. La versione 2022 sfoggia un naso fragrante e allo stesso tempo tipico in cui ciliegia e marasca si impastano con un’elegante sensazione di grafite. In bocca il tannino è di buona
grana, arrotondato e saporito. Il finale ci lascia su rinfrescanti sensazioni balsamiche.

Montepulciano d’Abruzzo Le Stagioni del Vino ‘21

La calda annata 2021 rende le sensazioni fruttate un po’ restie a concedersi. Il bouquet allora vira dapprima su una lieve sensazione di cuoio e, solo in un secondo momento, fa capolino la visciola, abbracciata a una nota di fave di cacao. Il tutto è comunque molto composto. Il tannino è appena po’ più ruvido rispetto alla 2022, ma ciò contribuisce a dare un certo ritmo al sorso.

Cerasuolo d’Abruzzo Zione ‘23

Abbiamo assaggiato anche il Cerasuolo della linea Zione, altra gamma di elevata qualità nell’affollato panorama di etichette aziendali. Il colore è quello tradizionale, cerasuolo appunto, e porta con se una fragolina di bosco croccante e una bella nota di scorza di arancia amara. C’è quel pizzico di tannino che scandisce il tempo al sorso e quella tonalità di grafite che regala una sfaccettatura in più.

Cerasuolo d’Abruzzo Zione ‘22

Alla faccia di chi pensa che il Cerasuolo sia un vino da consumare subito. Quando è ben fatto, il rosato meno rosato che c’è riesce a regalare grandi soddisfazioni anche quando invecchia un po’. Ribes e melograno maturo rinfrescano la sensazione di rosa e ciliegia rossa. In bocca è affilato e teso, appena affumicato, succoso e dal finale sapido in crescendo.

 

Le foto sono di Francesco Vignali

Spinelli
Atessa (CH)
via Piana La Fara, 90d
0872897916
cantinespinelli.it
fb: cantinespinelli
IG: cantinespinelli

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