In principio fu la granita. C'è infatti la “semplice” unione di ghiaccio (quello delle neviere), frutta e zucchero all'origine della grande tradizione gelatiera siciliana. «Non sono uno storico ma per esperienza dico sempre che se c'è un concetto strettamente siciliano, sicuramente è quello delle neviere», esordisce così Antonio Cappadonia dopo avergli chiesto in cosa si contraddistingue il gelato siciliano.
Cappadonia, una vita dedicata al gelato e alla Sicilia, ha condotto per molti anni il bar di famiglia prima di dedicarsi totalmente al sottozero. «Qui sulle Madonìe - continua – i commercianti di neve dopo ogni nevicata salivano in montagna per raccoglierla all'interno delle neviere. Dalla metà del 1600 nelle case nobiliari veniva acquistata e i nobili attraverso i loro monsù, i loro cuochi, facevano la granita con neve mista al sale». Leggenda narra sia stato un cuoco vissuto a cavallo tra ’600 e ’700 tra la Sicilia e Parigi, Francesco Procopio Cutò (al quale l'allora sindaco Leoluca Orlado dedicò una piazza nel 2017 su richiesta proprio di Antonio Cappadonia), a mettere a punto la ricetta della granita come la conosciamo oggi e a ottimizzare la macchina per la produzione inventata dal nonno, ovvero un pozzetto dove gli ingredienti venivano fatti girare continuamente affinché il freddo della neve trasformasse il composto da liquido a denso.
![gelato al pistacchio di Cappadonia](https://static.gamberorosso.it/2025/01/gelato-al-pistacchio-di-cappadonia.jpg)
Il segreto del sorbetto siciliano? La farina di semi di carrube
«A differenza dei cadorini o gli zoldani (famosi gelatieri: sono stati gli abitanti della val di Zoldo e di Cadore a far conoscere il gelato artigianale italiano nel mondo, ndr) in Sicilia abbiamo la cultura del sorbetto, senza latte né panna. A pensarci bene, negli anni, ho cercato la panna di caseifici o di pastori che avessero un gregge, tutti mi davano solamente il latte: in Sicilia, la panna, la dobbiamo importare. Sarà anche per questo che possiamo fregiarci della granita e dei sorbetti». E a proposito di questi ultimi, tanto ha fatto la tecnologia alimentare. «La qualità organolettica dei sorbetti è aumentata con la possibilità di utilizzare gli addensanti». Si spieghi: «Mi riferisco alla farina di semi di carruba. I carrubi sono alberi che crescono qui, nell'area mediterranea, con una grande concentrazione nella Sicilia orientale - la carruba era il cioccolato dei poveri e si candida a essere il cioccolato del futuro, ndr – non so se siano collegate le due cose, ma è innegabile il fatto che in Sicilia ci sia una predilezione per i sorbetti, specie alla frutta».
![](https://static.gamberorosso.it/2025/01/gelato-al-carciofo-di-cappadonia.jpg)
Il gusto più richiesto e quello che gli ha dato più filo da torcere
«Da una personale statistica di fine anno, il pistacchio ha trionfato surclassando la nocciola». Non stupisce, stupisce invece che al terzo posto si sia piazzato il sorbetto al limone: «Il mio piccolo orgoglio. E se la statistica si concentra solo nelle poche settimane in cui è presente il Mandarino tardivo di Ciaculli, questo prezioso agrume predomina», racconta Cappadonia che nelle sue gelaterie (tre a Palermo) rispetta il ciclo delle stagioni. «È un'attesa costante, un bagno di adrenalina a ogni primizia, ora non vedo l'ora che inizi la stagione delle fragole e questa attesa alimenta la motivazione e mi entusiasma». Un entusiasmo invidiabile, visto e considerato che lui il gelato lo fa da quasi quarant'anni. Trentotto anni per l'esattezza (ha aperto la sua attività nel 1987) durante i quali ha sperimentato in continuazione.
Il gusto più difficile da realizzare? «Il gelato al carciofo. È un ortaggio simbolo di questo territorio (Cerda, ndr) e io volevo trasformarlo in gelato, ho lavorato anni per arrivare alla ricetta definitiva. Poi un giorno, in campagna, ho trovato la soluzione: la pianta di carciofo è costellata da agrumi. Ho pensato “se in natura le due piante comunicano, comunicheranno anche i rispettivi gusti”. Così mi sono messo al lavoro e ho realizzato finalmente il mio gelato al carciofo».