Se la Corea del Sud è un Giappone che ce la sta facendo, è il momento di conoscere meglio questa gastronomia complessa e arcaica, che da noi per il momento ha affidato tutte le sue fortune a quel misterioso piatto noto come kimchi, un fermentato di verdure (di solito cavolo Napa) dal sapore potentemente umami che è il passepartout della gastronomia coreana.
Esperienze in fine dining italiani
Un buon punto di partenza per scoprire quella che molti esperti definiscono come una delle cucine del prossimo futuro è il ristorante Soot a Milano, aperto da qualche mese da uno che si presta benissimo a fare da ponte tra la cultura gastronomica coreana e quella nostrana, Kim Minseok: uno chef che ha iniziato in patria, in un ristorante italiano di Seul, e che ha proseguito da noi.
Inizialmente l’obiettivo era solo frequentare l’Alma, poi da cosa nasce cosa ed ecco le esperienze al servizio di Pietro Leemann di Joia, di Antonio Guida del Seta e di Daniel Canzian. Poi il sogno di aprire un suo ristorante che andasse oltre all’idea di street food e di cucina casalinga che finora hanno fatto da ambasciatori dell’idea coreana di cibo in Italia.
Insomma, c’è un’asticella da sollevare, e nemmeno di poco. Kim è convinto che la cucina del suo Paese si presti benissimo a una ristorazione medio-alta, perfino fine dining, e nel suo locale al numero 59 in via Piero della Francesca (strada beneaugurante, visto che vi si trova il primo asiatico stellato d’Italia, Iyo) ci sta provando duro.
Inizialmente l’apertura, avvenuta nell’autunno del 2023, è stata salutata con curiosità e attenzione, ora, dopo qualche mese, è una fase di assestamento, anche in previsione dell’installazione della griglia che trasformerà il locale in quello che dovrebbe davvero essere nelle intenzioni di Kim, un “corean BBQ” con bancone in stile omakase, che si affiancherà al ristorante tradizionale già attivo. Del resto soot in inglese vuol dire fuliggine, e due più due fa quattro e talvolta anche cinque.
L'anima della Corea
Kim vuole tirare fuori l’anima della cucina coreana, convinto che gli italiani non si appassionino a una cultura gastronomica se non ne sentono la vera essenza. In Piero della Francesca si cerca una strada convincente a contemporaneizzare la cucina coreana senza snaturarla, rendendola attraente e stimolante senza l’effetto cartolina. Per questo il locale ha un design contemporaneo e pulito e un grande neon bianco contenuto in una teca a fare da insegna.
Un viaggio di iniziazione
Il menu degustazione ha un costo non lieve, 90 euro senza bevande, ma è una sorta di korean start kit: la Yukhoe, una tartare di manzo con foglie di ostrica e chips di riso e alghe, è perfettamente eseguita anche per gli standard italiani mentre la Heamul Jeon, una frittella schiacciata tipica coreana con cozze e cipollotti, è croccante e godibile.
I Mandu Guk sono piacevoli ravioli fatti a mano con ripieno di carne, serviti coperti da un’irresistibile crosticina e con brodo di osso. Come secondo è servita la Sella d’agnello con jus alla ssamjang, crema di carote al gotchujang e kinchi di cime di rapa.
In carta anche il Memil Bibim-guksu (una pasta fredda di grano saraceno con olio di sesamo, uova in camicia, alghe e crescione d’acqua), e i vari Sot-bab, un riso servito in un pentolino di riso e condito in vari madi, da mantecare in tavola. Tutti i piatti sono curati e con impiattamenti piacevoli, tra il csalingo e il raffinato. Inconsueto il signature dessert, delle e servite con del gelato. Carta dei vini stringata ma corretta, servizio assai garbato.
Soot, via Piero della Francesca, 59 – Milano. Tel. 0235983 550. Chiuso la domenica