La febbre del pepe del Sichuan, già da qualche anno, sta infiammando anche i palati italiani, pure in pasticceria. Come il nome suggerisce, è presente in particolar modo nei ristoranti cinesi sichuanesi (dal nome della regione meridionale cinese che, nella sua parte occidentale, si trova ai piedi dell’Himalaya), che sono stati i primi ad introdurlo nel nostro repertorio gustativo. Ma la piacevolezza di questa spezia che pizzica e desensibilizza leggermente la lingua è tale che anche in ristoranti cinesi non dedicati solo alla cucina sichuanese si possono quasi sempre trovare piatti preparati con questo speciale tipo di pepe. Che del resto, è ormai così diffuso da essere facilmente accessibile anche in molti supermercati, nel reparto spezie, in piccole bottigline con il tappo a macinino, di fianco al pepe nero, rosa, e verde.
Sichuan: il pepe-non-pepe
Questo, però, nonostante faccia solo “finta” di essere un pepe: non appartiene infatti alla famiglia delle piperacee, e le sue bacche, osservate da vicino, sono molto diverse da quelle del “vero” pepe e consistono di una buccia un po’ dura, aperta a metà, con dentro un chicco nero che va scartato. Questa improvvisa passione non è certo un fenomeno solo italiano: il mondo intero ha scoperto il pepe del Sichuan che viene utilizzato da cuochi e gourmet “avventurosi” per dare un tocco imprevedibile a quasi tutto, dai gelati ai cocktail passando, ovviamente, per ogni tipo di verdura, noodle o altra pietanza che sia. Basta un giro su Instagram o TikTok per “capire” quanto facile sia essere creativi (anche troppo) con un ingrediente nuovo.
Il Timmur nepalese
Dal momento, però, che ci siamo finalmente avvicinati a questa spezia così particolare, è forse l’occasione giusta per sapere che questo “pepe” non è disponibile solo nella sua versione sichuanese, dato che esiste in almeno due tipologie (che sono le principali) del tutto versatili e deliziose. Il pepe del Sichuan infatti è una specie di zanthoxylum, una famiglia di piante che comprende più di duecentocinquanta specie che crescono in altitudine, imparentata agli agrumi. Si tratta, per l’esattezza, dello zanthoxylum simulans. Il secondo tipo più diffuso, invece, si chiama comunemente timmur, anche scritto timur nella trascrizione non standardizzata dal nepalese. Il suo nome scientifico è zanthoxylum armatum, ed è una bacca molto simile a quella del pepe del Sichuan che cresce selvatica nella mezza-montagna himalayana. L’aspetto è del tutto identico nella forma: solo il suo colore è un po’ più scuro, tendente al nero e non al rosso. Il timmur è utilizzato in particolar modo in Nepal (e alcuni blogger un po’ campanilisti reputano che il pepe del Sichuan dovrebbe essere chiamato timmur, senza troppo badare al fatto che si tratta sì di due spezie imparentate, ma che sono anche diverse). Questo “parente” del pepe di Sichuan lo si trova però anche fuori dal Nepal, in Paesi che condividono la bassa himalayana, come la stessa Cina, il Bhutan, l’India, ma anche le regioni più elevate del nord della Thailandia e del Myanmar.
Due piante, due gusti
Le due piante hanno un gusto diverso: il timmur ha un sapore con distinte note di agrume, quasi di limone, ed è meno “anestetizzante” per il palato rispetto al “vero” pepe del Sichuan. Il pepe del Sichuan ha un sapore più floreale (in cinese si chiama anche huajiao, o fiore speziato) ma con una smaccata propensione ad anestetizzare la bocca: caratteristica che di primo acchito lascia un po’ perplessi.
Dato che le due cucine, quella nepalese e quella cinese, sono molto diverse, l’aggiunta di zanthoxylum segue procedimenti caratteristici per ogni regione.
In Cina, per esempio, gli utilizzi più frequenti lo vedono saltato in padella insieme a zenzero e aglio, per aromatizzare l’olio prima di aggiungere gli ingredienti principali. Il mapo tofu è uno di quei piatti che non possono farne a meno, un tipo di tofu tagliato a cubetti e saltato con molto peperoncino e pepe del Sichuan: un piatto piccante e delizioso. Il huajiao può anche essere utilizzato nelle zuppe, e non manca quasi mai in quei brodi densi e indiavolati nei quali si mangia l’hot pot cinese: si fanno bollire direttamente al tavolo, in un zuppa speziatissima, carne e spaghettini di vario tipo, verdure, pezzi di tofu, e varie altre cose. Sempre in Cina è frequente anche trovare un olio infuso al pepe del Sichuan, molto profumato e da usare con la massima parsimonia dal momento che bastano appena due o tre gocce di troppo per rovinare un piatto.
La salsa nepalese
Nei negozi di cibo nepalese invece si possono trovare dei barattoli di aachar, sorta di salsina universale che serve a insaporire qualunque cibo si stia consumando, dal riso alle carni passando per ogni tipo di curry. Questo aachar è a base di pomodoro arrostito direttamente sulla fiamma, poi pestato nel mortaio insieme ad aglio, peperoncino, sale e timmur. Se guardiamo l’etichetta del barattolo, vediamo che la confusione non è solo per chi si avvicina per la prima volta al mondo degli zanthoxylum: il pepe è descritto come timmur in nepalese, ma come Sichuan pepper pickle in inglese.
Secondo Prashanta Khanal – chef nepalese autore del libro Timmur: Stories and Flavours from Nepal – «molte persone confondono il timmur con il pepe del Sichuan, ma sono solo cugini. Io sono cresciuto con il timmur e ho scoperto l’esistenza del pepe del Sichuan solo da poco: ho visto che cresce anche in Nepal, per quanto non sia molto utilizzato. Per imparare cosa fosse il pepe del Sichuan sono stato in Cina, a Chengdu, dove mi ci è voluto un po’ per abituarmi alla sensazione anestetizzante: noi usiamo il timmur per dare un po’ di sapore a molti piatti, loro invece ne fanno un utilizzo davvero abbondante, alcune pietanze sanno solo di pepe del Sichuan!»
La frutta speziata e salata
A parte che per fare l’aachar (uno degli utilizzi più frequenti per il timmur) questa spezia si trova anche in polvere, mescolata al sale (anche in Cina, ma di rado): «Ci si può intingere un pezzo di frutta, per esaltarne il sapore. È in assoluto il modo migliore per mangiare la frutta, davvero», ci assicura Manjushree Thapa, scrittrice nepalese. «Mi sono imbattuta più volte in piccole sfide “all’ultimo botanico" fra amici, tantissimi dicono che timmur e pepe del Sichuan siano la stessa cosa. Ma in Nepal abbiamo tutti mangiato solo il timmur». E non stupisca che la frutta in Nepal si mangi col sale e una spezia: chi ha viaggiato in Asia Centrale sa che le angurie sono sempre insaporite da un pizzico di sale che le rende ancora più rinfrescanti – e chi conosce le Filippine ha mangiato aspri manghi verdi con sale e peperoncino. Ma del resto, anche in Sicilia le arance si condiscono con sale e olio!
Selvaggio o coltivato
Khanal, che studia le diverse cucine regionali nepalesi specifica che il pepe timmur cresce «in particolar modo nelle colline della valle di Kathmandu, a un’altezza che si può definire di mezza montagna. Il pepe del Sichuan necessita di maggiore altitudine, e cresce fino ai 2.000 metri. Ma si tratta sempre di piante selvatiche, non coltivate».
Anche in Cina, prima che diventasse così popolare nei ristoranti di tutte le grandi città, il pepe del Sichuan cresceva spontaneo in altitudine, e veniva raccolto da persone appartenenti al gruppo naxi, una popolazione di montagna che ha le sue terre ancestrali nelle province del Sichuan e del Yunnan.
Scambi e baratti
Ecco dunque un tratto che avvicina i consumatori di zanthoxylum, sia nell’accezione armatum che simulans che ci rimanda ai tempi andati: i nepalesi che volevano dare alle loro pietanze quel gusto piccante e leggermente anestetizzante con forti note di agrume, dovevano aspettare la tarda primavera, quando scendevano a valle gli abitanti del Mustang. «Quando ero piccolo, il timmur era disponibile solo se lo portavano dal Mustang i cavalieri che venivano in città per scambiarlo con il miglio, l’avena, o il granoturco. Il riso all’epoca costava troppo caro, veniva mangiato raramente, e il sale nero e il timmur erano scambiati per cereali più abbordabili. Anche gli sherpa portavano a valle il timmur, quando venivano per fare acquisti in città», ci racconta Khanal. In Sichuan, invece, erano i naxi a scendere a valle, con sacchi pieni di pepe raccolto in altitudine, e poi portato al mercato: data la maggior facilità con cui il riso cresce in Cina, i naxi ripartivano con sacchi pieni di riso, di sale, e di altri beni reperibili solo in città. Ed è così che questa spezia deliziosa e inusuale ci riporta ai tempi in cui valli e montagne erano interdipendenti, e il commercio poteva anche essere scambio e baratto.