Un preopening soft. Forse fin troppo soft. Sono stato nella nuova sede milanese di Saporè, la pizzeria di Renato Bosco, aperta venerdì scorso un po’ in sordina e vi racconto come è andata. Prenoto sul sito, molto efficiente. Vengono proposti tanti slot orari, ogni cinque minuti, si arriva fino alle 23,30, il che è una buona notizia per chi come me finisce tardi di lavorare. Non oso così tanto e per stare comodo scelgo le 21.50. L’unico intoppo è che io sono solo e la prenotazione minima è per due. Così bluffo inventando un amico immaginario, facendomi anche un bel po’ di scrupoli per la mia scorrettezza. Ma una volta che arrivo al numero 11 di via Gaetano de Castillia, all’ombra del Bosco Verticale, proprio di fronte a Ratanà, mi accorgo che non c’era bisogno di perdere il sonno. Il locale – grande, ben illuminato – è quasi vuoto. Ma è lunedì, piove, Saporè Milano ha aperto da poco e non ha quasi fatto comunicazione, ci sarà tutto il tempo per partire alla conquista della città.

La sede milanese di Saporè
Farine e stili diversi
Il locale è ampio, articolato in vari ambienti. Moderno, pulito, divani e maioliche, una certa essenzialità molto milanese. Mi accomodo in un tavolo vicino al bancone della pizzeria, ma la scelta non manca. Mi accoglie Angie, che mi seguirà per tutta la sera. Arriva dalla Sicilia e mostra molta voglia di fare e di far sentire il cliente a casa. Mi arriva la carta: quella delle pizze è suddivisa tra Mozzarella di pane, un impasto al latte con farina 00 molto simile al bao, che viene proposta come ouverture, poi alcuni fritti, e quattro tipologie di pizza: l’Aria di pane, impasto definito “maestoso” destinato a “scomparire in bocca” realizzato con farina macinata a pietra tipo 1; le Pizze Crunch cotte in teglia e di forma rettangolare, con farina di tipo 1 e tipo 2; le Doppiocrunch, “le più richieste”, mi dice Angie, con farina di tipo 1 e 2 e farcitura interna; e le pizze tonde tradizionali , con lievito madre e farine di tipo 1 e integrale macinate a pietra.

Renato Bosco
Un supplì rivedibile
Io scelgo una Mozzarella di pane con bacon, crema di piselli e pecorino, piuttosto piacevole anche se un po’ priva di sprint. Poi, da romano, provo un supplì, commosso dal fatto di trovarne un esemplare a Milano, che vive nel culto dell’arancino e sembra ignorare il suo più umile cugino capitolino. La prova purtroppo fallisce: i supplì sono due, uno perfettamente saporito e l’altro un po’ sciapo, probabilmente preparati con impasti di riso differenti. Inoltre manca il fatidico effetto telefono, vale a dire la mozzarella che fila tra una parte e l’altra del supplì quando esso viene spezzato in due. Troppo poca la mozzarella per garantire questa gioia infantile. La frittura, va detto, è perfetta. Lo testimoniano le minime tracce di unto sulla carta alimentare su cui viene servito.

I supplì
Un club sandwich croccante
Ma io ho puntato tutto sulla pizza. Quella di Renato Bosco è celebre da diversi anni, da quando il suo locale a San Martino Buon Albergo, nel Veronese, ha attirato l’attenzione dei cultori del genere sorpresi di trovare un prodotto così leggero, ortodosso eppure golosissimo molto lontano dalla comfort zone napoletana della pizza. Una fama meritata e molto resistente al tempo: l’insegna veneta di Saporè ha 96 centesimi nella guida Pizzerie d’Italia 2025 del Gambero Rosso al pari dei Tigli del vicino Simone Padoan e dei Masanielli di Francesco Martucci a Caserta e dietro solo il grande Franco Pepe di Pepe in Grazi a Caiazzo, sempre in provincia di Caserta. Naturalmente so bene che in un locale aperto da pochi giorni, in cui Bosco non è presente e il forno lavora da pochi giorni non posso attendermi un risultato perfetto, ma la pizza da me scelta, una Doppiocrunch Come un Club, con cheddar, bacon, prosciutto cotto, uova, maionese, lattuga e pomodoro che mi viene servita in quattro spicchi sovrapposti, è irresistibile per croccantezza ed equilibratissima nel sapore. Unico difetto, ma connaturato alla tipologia, la grande quantità di briciole che si dissemina sul tavolo. Avrei voluto provare anche una pizza tradizionale ma rimanderò la conoscenza alla prossima volta.

La mozzarella al pane al bacon
Finale dolce
Infine il dolce: Angie mi suggerisce un lievitato, ovvero una colomba al cioccolato, ma forse perché non sono ancora entrato nello spirito pasquale prefersico provare un Tiramisù servito in un barattolo con tanto di tappo: molto buono, con il cioccolato che prevale sul caffè e con una crema molto chiara, con evidente e voluta scarsa presenza di uova. La carta dei vini è ben centrata, una cinquantina di etichette suddivise per tipologie. Champagne, bollicine italiane, bianchi, rosati e rossi. Bottiglie piuttosto mainstream, senza avventurismi ma con ricarichi corretti e con qualche bicchiere al calice (che però mi viene proposto “alla voce” senza specificare il prezzo). Servizio piacevole ma che dovrà essere messo alla prova in serate più concitate di un lunedì piovoso.