Finalmente è giunto, anche per il mondo del caffè, un punto di svolta. Siamo ancora lontani dal livello che ci si aspetterebbe da un Paese come l’Italia, ma le cose stanno cambiando e il panorama caffeicolo della Penisola si fa sempre più interessante. Specialty non è più una parola sconosciuta, ma una sorta di dichiarazione di intenti: arriva un nuovo locale in città con l’obiettivo di fare qualità e, tra le varie proposte, inserisce anche i caffè specialty. L’accoppiata del momento? Vini naturali e specialty, un binomio che sembra consolidarsi sempre di più.
10 motivi per cui un bar si definisce "specialty"
Ma basta inserire un monorigine o un blend più buono in carta per considerarsi un bar “specialty”? Sia chiaro, ce ne fossero di attività che pongono più attenzione anche alla tazzina. Parlare di popolarità è ancora prematuro, ma una consapevolezza maggiore tra gli addetti ai lavori c’è, soprattutto c'è una tendenza, anche sui social. E come sempre, quando si parla di trend, il rischio che il fenomeno oscuri il contenuto è alto. Ecco, allora, un decalogo per capire cosa significa, veramente, aprire un “bar specialty”.
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Differenziazione
Intendiamoci, avere già una buona miscela di base è un ottimo punto di partenza. Ma il mondo dell’oro nero è fatto di sfumature di gusti, aromi, sensazioni, proprio come il vino. Avere in carta una sola proposta è un po’ come offrire un’unica bottiglia: seppure buonissima, è limitante per chi vuole scoprire qualcosa in più sul prodotto. Variare tra diverse torrefazioni, poi, consente ai consumatori di scoprire altre realtà, e magari sostenerle in seguito con degli acquisti per casa.
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Servizio
Il caffè va prima di tutto comunicato. Anche in Italia, soprattutto in Italia, dove l’antica cultura della tazzina ha frenato per moltissimo tempo lo sviluppo di un nuovo approccio, più moderno e consapevole. Estrarlo al meglio non basta, va spiegato, accompagnando i clienti attraverso la degustazione, specialmente se ci si trova di fronte persone che assaggiano per la prima volta uno specialty.
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Formazione
Come per il personale di sala, i cuochi e gli albergatori, i baristi hanno bisogno di essere formati. Ogni chicco ha le sue caratteristiche e merita un’attenzione precisa, tempi e temperature di estrazione particolari. Ogni metodo di estrazione ha le sue regole, ogni casa produttrice le sue peculiarità, ogni macchina espresso le sue esigenze. Formazione e aggiornamento costanti, queste le basi per una caffetteria specialty.
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Offerta gastronomica adeguata
Negli anni più volte abbiamo ripetuto quanto sia importante per i locali dare risalto alla tazzina, ultimo ricordo di un pasto. Così come un buon ristorante non può tralasciare la scelta del caffè, un buon bar specializzato nell’oro nero deve porre attenzione anche al comparto gastronomico. Parlare di chicchi sostenibili, di qualità superiore, torrefatti da micro-roastery e poi servire accanto alla bevanda dei cornetti surgelati è un controsenso. Può essere un compromesso iniziale, ma un bar specialty avviato deve mantenere uno standard adeguato su tutta la linea.
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Dimenticare le mode
I trend ci sono in ogni campo, gastronomia in primis. Quello che mangiamo è, in parte, deciso anche dai social. E va bene così. Creare tendenze può essere utile, inseguirle a tutti i costi, però, è spesso controproducente. Soprattutto, inconcludente: non c’è bisogno di avere un croissant roll per guadagnarsi il favore del pubblico, così come non serve esagerare con le decorazioni di Latte Art sui cappuccini. Se non interferisce con il resto dell’offerta, ben vengano anche i frutti dei trend, altrimenti un cappuccino equilibrato con latte montato a regola d’arte, è più che apprezzato. Anche senza un folletto disegnato sopra.
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Prezzo
L'espresso è l'unico prodotto in Italia a non aumentare mai, se non di pochissimo. Ed è invece quello che più di tutti meriterebbe un innalzamento di prezzi. Un bar specialty sceglie caffè di livello, di filiera tracciata e trasparente, tostati da piccole realtà (locali o meno) e infine estratti da personale formato. Tutto questo ha un costo, che deve influire sullo scontrino finale. Ne va della valorizzazione della materia prima, e soprattutto di chi la lavora.
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Ambiente
L’atmosfera è tutto, Starbucks lo insegna. Se gli specialty coffee sono caffè “da meditazione”, da sorseggiare con calma cogliendone ogni sfumatura (specialmente se parliamo di filtro), allora il bar deve essere il tempio ideale in cui fermarsi a riflettere. Un’atmosfera rilassata, informale e accogliente, un servizio premuroso ma non invadente. Insomma, la selezione più ricercata non è sufficiente se non c’è un ambiente adatto in cui contemplarla.
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Specialty senza effetti speciali
Negli ultimi anni è stata definita un’estetica ben precisa per i baristi specialty: grembiule di jeans, tatuaggi a vista (con almeno un ramo di coffea arabica se possibile), barbe lunghe per gli uomini, grandi fasce colorate per i capelli per le donne. Un look hipster che ha travolto diversi settori, e così come gli outfit dei baristi anche gli arredi dei locali si sono uniformati. Sarebbe bello, invece, vedere caffetterie diverse, meno legno, meno industrial, meno “specialty-style”. Sia chiaro, ce ne sono di alternative in Italia, ma ci auguriamo che ogni nuovo giovane imprenditore possa trovare la propria strada senza seguire degli standard pre-impostati. Ben vengano i grembiuli e le "uniformi", ma senza la necessità di stupire con effetti speciali.
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Informare, senza giudicare
È forse il punto più difficile, che coinvolge tutte le categorie del settore. Il caffè non fa eccezione, anzi: in Italia, soprattutto, i falsi miti da scardinare sono moltissimi. E proprio per questo occorre una generosa dose di pazienza: il rituale della tazzina è un qualcosa di sacro per gli italiani, sfatare i luoghi comuni – dalla crema che indica la qualità del caffè al mito del “ristretto” – è un’operazione che va fatta con delicatezza. In qualsiasi caso, far sentire giudicati i clienti è sempre sbagliato e svantaggioso.
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Gli specialty coffee sono morti. Lunga vita agli specialty coffee
Alcuni, forse, direbbero che in Italia non sono mai nati. Ma non è così. Sono nati, stanno crescendo e, talvolta, anche morendo. Muoiono nelle attività che decidono di inseguire la moda del momento, inserendo la parola specialty sulla lavagna in bella vista fuori dal locale, senza comprenderne il significato. Muoiono quando vengono estratti male, mortificati da baristi senza una preparazione adeguata, quando vengono sviliti e svenduti pur di rimanere competitivi sul mercato. Quando “specialty” diventa solo un'etichetta, allora il caffè buono muore. Ma il mondo dell’oro nero di qualità, con i suoi pionieri e i suoi portavoce, con le nuove leve e i format innovativi, con i campionati di caffè e gli eventi dedicati, ma soprattutto con una nuova schiera di consumatori che inizia ad avvicinarsi a un prodotto diverso, è più vivo che mai.
Lunga vita agli specialty coffee.