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La storia di Nino Bergese, il figlio del popolo diventato re dei cuochi

Un cuoco conteso dalle grandi casate del Novecento che ha cambiato per sempre la cucina italiana

  • 14 Aprile, 2025

Nella breve storia della cucina italiana, frutto del processo di nazionalizzazione delle tradizioni regionali successivo agli anni Settanta, le certezze non sono poi tante. Una di queste è Nino Bergese, colui che ha impreziosito il ricettario diffuso presso le dimore aristocratiche e alto-borghesi del Novecento. Il primo a dare lustro all’arte culinaria italiana a livello internazionale, tanto da attirare le attenzioni della Rossa. Definito «re dei cuochi e cuoco dei re» da Luigi Veronelli, riesce a farsi strada in un periodo storico in cui i ristoranti nella Penisola sono pochi (oltre che distanti dal modello attuale), e a iscrivere negli annali il proprio nome, la cui memoria sopravvive al tempo. Da considerare senza dubbio uno dei pionieri della nostra ristorazione moderna, dal cui contribuito derivano i prodromi dell’alta cucina, “codificata” poi dall’estro di Gualtiero Marchesi. E, ancora oggi, la figura di Nino, all’anagrafe Giacomo Bergese, riesce a suscitare profondo rispetto nel settore. Come testimoniano tutte le scuole alberghiere dedicategli e il continuo omaggio di grandi chef ai suoi piatti firma.

La storia di Nino Bergese

Nasce nel 1904 a Saluzzo, comune della provincia cuneese. Le sue origini sono umili: il nucleo familiare da cui proviene è tanto povero quanto numeroso. Così, l’ingresso del piemontese nelle cucine che “contano” è del tutto casuale e fortuito. Dalla prima esperienza lavorativa come aiuto giardiniere alla corte del conte Bonvicino e poi di sguattero, gli viene data finalmente la possibilità di misurarsi ai fornelli sotto la guida di Giovanni Bastone, che di lì a poco diventerà cuoco di casa Agnelli. Il talento lo aiuta a trovare spazio a sedici anni come aiuto cuoco presso i Costa Carrù della Trinità. Il percorso professionale procede spedito e il palcoscenico regale diventa una costante nella vita da cuoco di Nino: prima, alle dipendenze dei Wild, influenti imprenditori svizzeri di cotone; più tardi, dal conte Arborio Mella di Sant’Elia, gran cerimoniere di casa Savoia. Poco più tardi, ha il privilegio di cucinare per il compleanno del futuro re Umberto II, che riesce a conquistare con la sua Torta Fiorentina. Tanto è vero che verrà proposta agli invitati anche nei giorni successivi.

Il conflitto mondiale però rompe gli equilibri, pone fine allo scenario che lo aveva portato a cucinare per nobili e grandi casate, laddove erano possibili ricevimenti e banchetti sfarzosi per mettere in mostra le proprie capacità. Uno snodo cruciale nella storia gastronomica dello Stivale, simile a quello registrato ai tempi della Rivoluzione francese, con la fine dell’Ancien Régime che costringe i cuochi di corte a trovarsi una nuova sistemazione. Allo stesso modo, nel secondo dopoguerra molti, rimasti senza committenti, sono obbligati a mettersi in proprio. Tra questi il nostro Bergese, che rileva una modesta osteria di Genova.

Nino Bergese in mezzo ai fratelli Marcattilii @RistoranteSanDomenicoImola

Una cifra stilistica originale

Alla regia de La Santa, nel centro storico della città portuale, farà le fortune del movimento culinario italiano. Contrappone alla proposta popolare, tipica delle locande, un registro raffinato di impronta francese riuscendo a distinguersi con una cifra stilistica senz’altro originale. Guarda all’haute cuisine, riservata fino a quel momento ai milieu elitari cui prestava servizio, facendosi quasi antesignano di quell’approccio contemporaneo che ricerca la leggerezza nelle preparazioni. In un certo senso, è già aria di Nouvelle cuisine. Un classicismo transalpino svuotato della sua opulenza, ma non del rigore, e coniugato con i prodotti freschi del Mediterraneo e il ricettario del Bel Paese, repertorio che nel 1969 gli vale ben due stelle Michelin. In Italia, riconoscimento senza precedenti da parte dei cugini d’Oltralpe, che quell’anno premieranno insieme alla Trattoria della Santa altre 9 insegne. Siederanno alla tavola di Vico degli Indoratori diversi ospiti speciali, provenienti da tutto il mondo: Maria Callas, Grace Kelly, Ira von Fürstenberg e, fra gli ultimi eredi della monarchia, Michele di Romania e Costantino di Grecia. Da queste parti passano pure Giuseppe Ungaretti e l’amatissimo Vittorio De Sica. Giangiacomo Feltrinelli invece si innamora a tal punto dei piatti del piemontese da trascinarlo in un progetto editoriale dal quale uscirà fuori Mangiare da re, una raccolta di «520 ricette d’alto rango», tuttora in stampa. A proposito di immortalità.

Valentino Marcattilii, Gianluigi Morini e Nino Bergese @RistoranteSanDomenicoImola

La gloriosa tappa al San Domenico di Imola

Nel 1974, quando Bergese è ormai in procinto di ritirarsi dalla scena, arriva la chiamata di Gianluigi Morini che, sul consiglio di un illuminato Veronelli, gli affida il timone del proprio locale, il San Domenico di Imola. Con la mano di un giovane Valentino Marcattilii, ecco che Nino scrive un’altra pagina della nostra storia: dà vita a una diversa visione di ristoro, inedita almeno in terra romagnola, con pochi coperti e a metà fra lo stile di casa e quello di corte, ma non per questo meno ricercato e fine. Prende forma una nuova cucina della domenica, da salotto borghese, che si svincola dai dettami francesi senza farsi imbrigliare nemmeno dagli usi culinari della nostra tradizione contadina. Dalla grande sintonia fra maestro e allievo e dal loro ingegno, nascono piatti sublimi, destinati a essere ricordati a lungo, alcuni ancora oggi in carta e serviti sotto gli occhi vigili di Natale e Massimiliano, fratello e nipote di Marcattilii; si pensi al leggendario Uovo in Raviolo “San Domenico”, un disco extra large di pasta fresca, dal ripieno di ricotta, spinaci e tuorlo fondente, ultimato da parmigiano dolce, tartufo bianco e burro di malga nocciola. Ricetta tanto riuscita che in tempi recenti si è deciso di registrarne il marchio. Nel 1975 arrivano i primi riconoscimenti dalla Francia, a certificare l’inizio di un successo duraturo che conosce una sola battuta d’arresto, la morte improvvisa di Giacomo Bergese, l’uomo che ha cambiato per sempre la cucina italiana.

Uovo in Raviolo “San Domenico” @RistoranteSanDomenicoImola

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